Bruxelles – L’Italia ha trasmesso questa mattina (9 novembre) a Bruxelles il dossier per opporsi formalmente alla richiesta della Croazia di riconoscere il nome “prošek” per quattro vini originari della Dalmazia, regione al sud del Paese. Il 21 novembre scadono i due mesi di tempo concessi dalla Commissione europea a tutta l’UE per presentare un’opposizione alla richiesta croata, che in Italia ha suscitato una vera e propria levata di scudi generale a difesa del Made in Italy.
Critiche riassumibili nei timori che la somiglianza tra il termine croato “prošek” e quello italiano “prosecco” possa confondere i consumatori sul mercato europeo e extra-europeo, portandoli a comprare per errore il vino croato. Enorme il “rischio che corriamo come sistema-Paese”, perché l’eventuale autorizzazione del vino croato porterebbe “all’istituzionalizzazione dell’italian sounding”, ha sintetizzato in conferenza stampa il ministro per le Politiche agricole, Stefano Patuanelli, in riferimento a quella tendenza per cui nei mercati esteri si mettono in commercio prodotti con nomi simili alle produzioni italiane per approfittare dell’immagine del Paese.
Sebbene l’assonanza del nome, i due prodotti hanno caratteristiche molto diverse: il prošek è associato a quattro vini passiti da dessert, ottenuto da uva disidratata e dal colore ambrato; mentre il prosecco italiano è notoriamente un vino bianco, frizzante ed è tutelato dal 2009 dalla denominazione di origine protetta DOP. “L’Unione Europea deve tutelare all’interno del mercato europeo e fuori per i Paesi terzi le proprie DOP e le IGP, altrimenti il sistema” dei regimi di qualità dell’UE “salta”, ha aggiunto Patuanelli, annunciando l’invio formale della procedura di opposizione. Per l’Italia “far parte della politica agricola comune significa anche avere questo grado di tutela”.
La richiesta del governo croato – che venne fatta la prima volta nel 2013, nel quadro dei negoziati di adesione del Paese all’UE – non riguarda la denominazione di origine protetta (DOP), ma solo la tutela della menzione tradizionale del termine prošek che, secondo le regole europee del settore, evoca caratteristiche particolari di un determinato prodotto vitivinicolo.
Per l’Italia è più che altro una questione di principio, il rischio di vedere danneggiata l’immagine del suo prosecco. “Non abbiamo paura delle mille bottiglie” di vino croato vendute all’anno, “ma di una dinamica che mette in discussione la tutela delle DOP e IGP”, ha precisato il ministro. “La nostra produzione agroalimentare si basa sulla grande capacità che abbiamo di produrre eccellenze, territorio e cultura, non soltanto cibo e bevande, produciamo tanto altro“, ha aggiunto Patuanelli, ricordando che il comparto agroalimentare italiano vale 1/3 del PIL nazionale. Una volta chiusi i due mesi di tempo per presentare una opposizione, la Croazia avrà altri 60 giorni per presentare una eventuale difesa della sua richiesta per poi lasciare la parola definitiva alla Commissione Europea che dovrà pronunciarsi sulla questione.