Bruxelles – È forte e decisa la voce della gola profonda di Facebook nella sua denuncia delle pratiche dell’azienda guidata da Mark Zuckerberg davanti all’Eurocamera: “La posta in gioco è altissima e voi eurodeputati avete un’opportunità immensa per creare social media più sicuri per i cittadini di tutto il mondo”. Frances Haugen, ex-dipendente della Big Tech di Menlo Park che ha reso possibili le recenti inchieste giornalistiche sui ‘Facebook Files’ del Wall Street Journal, è intervenuta in audizione al Parlamento UE per spiegare come il social media ha privilegiato i profitti alla lotta contro la disinformazione e per confrontarsi con gli europarlamentari sulle prospettive di regolamentazione delle piattaforme online.
“Ero entrata in Facebook perché pensavo potesse essere uno strumento per migliorare il mondo online, ma sono qui perché i suoi prodotti si sono rivelati dannosi per i cittadini e le società”, ha esordito la whistleblower (informatrice segreta), invitata lo scorso 11 ottobre dalla presidente della commissione per il Mercato interno e la protezione dei consumatori (IMCO), Anna Cavazzini (Verdi/ALE). La denuncia di Haugen è che “i dirigenti sanno come portare miglioramenti, ma non lo fanno perché privilegiano i profitti“. Scelte “volontarie” nell’accentuare le divisioni, comportamenti violenti e fake news: “Nessuno al di fuori dell’azienda sapeva cosa succedeva all’interno, perché non vengono fornite informazioni nemmeno agli azionisti”. È duro l’attacco dell’ingegnera statunitense nei confronti degli ex-datori di lavoro: “Facebook non può continuare a essere giudice, testimone e giuria dei suoi stessi problemi di valutazione del rischio, usando la scusa del segreto commerciale per non dare accesso ai suoi dati”.
È qui che devono intervenire le democrazie “con nuove normative”. Ecco perché Haugen si è detta “grata che l’UE prenda sul serio questo tema” e che “le future leggi UE avranno la possibilità di diventare il gold standard globale, una fonte d’ispirazione anche per gli Stati Uniti”. Per la whistleblower “il quadro normativo deve essere incisivo e rigoroso, o perderemo un’opportunità unica”. Come anticipato giovedì scorso (4 novembre) al dibattito organizzato dalla fondazione politica tedesca Heinrich-Böll-Stiftung, l’ex-dipendente di Facebook vede nelle leggi sui servizi (DSA) e sui mercati (DMA) digitali “un enorme potenziale”, dal momento in cui “non cancellano il problema, ma adottano un approccio neutrale per affrontare i problemi del modello di business delle piattaforme online“. L’obiettivo dell’UE è ambizioso ed è stato fissato dalla stessa ospite statunitense : “Se lavorerete bene, tutto può cambiare per il meglio non solo per i cittadini europei, ma per quelli di tutto il mondo”.
Nel corso di un’audizione durata quasi tre ore, Haugen ha risposto con puntualità a tutte le domande degli eurodeputati, che saranno chiamati a votare in commissione IMCO le normative UE per regolamentare le piattaforme online. Prima di tutto, l’ex-dipendente di Facebook ha spiegato che “il rischio per la democrazia è un pericolo implicito, che riguarda il dare più rilevanza ai contenuti divisivi perché rendono molto sul piano dell’impatto“. La dimostrazione fornita sul fatto che il sistema promuove la polarizzazione è un esperimento fatto nel corso della sua stessa esperienza a Menlo Park: “Con un nuovo account senza amici, quello che succede ogni volta è che i messaggi diventano sempre più violenti, perché il social media è orientato a diffondere le idee più estreme”.
Di qui parte una riflessione sulle scelte elettorali nei Paesi democratici: “È evidente che possono aver subito il filtro di Facebook”, ha ribadito Haugen ai rappresentanti dei cittadini UE. Alla domanda sulle possibili azioni dirette contro l’Unione Europea, l’ingegnera ha confermato che “la Germania era stata considerata dall’azienda un Paese ‘a rischio’ nel corso delle ultime elezioni“. Tuttavia, “non sappiamo quanto Facebook stia investendo nella sicurezza contro le ingerenze esterne, perché i dati sono nascosti”. E le premesse non sono le più rassicuranti. “I dirigenti vogliono andare avanti ed espandersi con il progetto Meta, invece di completare il processo di sicurezza sul loro prodotto”, è stata l’accusa dell’ex-dipendente: “Parlano di impiegare 10 mila ingegneri per sviluppare videogiochi, ma non li possono destinare a combattere i pericoli per la società”.
In conclusione, Haugen ha invitato gli eurodeputati a collaborare con esperti “non solo dei circoli accademici”, per “verificare se il marketing delle aziende digitali dice il vero, non possiamo più permetterci di credere ciecamente a quello che dicono”. Dalle rivelazioni è emerso che “se non si interviene dall’alto, le cose non cambieranno”, ma “c’è ancora tempo di agire”. Sul piano della regolamentazione, l’invito è a non porre un limite rigido ai contenuti vietati, perché “le aziende trovano sempre un modo per aggirare gli ostacoli”. Come nel caso del DSA e del DMA, i regolatori dovranno piuttosto “privilegiare un approccio basato sul rischio” e l’Unione Europea “non deve disperdere le energie in tutti i Paesi membri, ma serve un centro comune per fare massa critica“.
Prima del suo intervento al Parlamento UE, Haugen si è confrontata anche con il commissario europeo per il Mercato interno, Thierry Breton, che ha assicurato che “l’Europa è seriamente intenzionata a regolamentare ciò che sembra ancora un Far West digitale”. Per il membro dell’esecutivo comunitario, “la velocità è tutto, abbiamo bisogno che il pacchetto di leggi sia adottato nella prima metà del 2022“. Dopo aver ringraziato la whistleblower per la sua “instancabile dedizione”, Breton ha attaccato le Big Tech: “I loro sforzi di lobby sono vani, non permetteremo che interferiscano con l’interesse del popolo europeo“. Attraverso il DSA “disporremo degli strumenti per ritenere le piattaforme responsabili della trasparenza degli algoritmi, dell’utilizzo dei dati e della mitigazione dei rischi”, ha aggiunto il commissario per il Mercato interno.
https://twitter.com/ThierryBreton/status/1457691688768507911?s=20