Bruxelles – Da Italia, Francia, Germania e ancora Indonesia, Brasile e Turchia. Sono oltre 100 i leader globali che ieri (primo novembre) nel quadro della COP26 di Glasgow si sono impegnati a lavorare insieme per arrestare e invertire la deforestazione e il degrado del suolo entro il 2030. Il primo risultato concreto della Conferenza sul clima delle Nazioni Unite che ha preso il via domenica (31 ottobre) nella città scozzese e sottoscritto nella Dichiarazione dei leader di Glasgow sulle foreste e l’uso del suolo.
L’accordo è destinato a far parlare di sé: sia per la sua portata – le oltre 100 firme alla dichiarazione sono di Paesi, come il Brasile e l’Indonesia, che insieme rappresentano oltre l’86 per cento delle foreste mondiali – sia perché di fatto non è un impegno vincolante per nessuno dei governi, e quindi rischia di restare solo un buon proposito. Solo nel 2014, al vertice sul clima di New York, quasi 200 parti tra governi, aziende e ONG si erano impegnati a dimezzare la deforestazione entro il 2030 e azzerarla entro il 2050.
La piattaforma di monitoraggio Global Forest Watch stima solo nel 2020 la perdita di 258mila chilometri quadrati di foreste nel mondo, sintomo che per ora quegli impegni sono caduti nel vuoto. La rilevanza delle foreste nella lotta al riscaldamento terrestre è nota: sono in grado di assorbire le emissioni di anidride carbonica dall’atmosfera e gli impediscono di riscaldare la temperatura della terra. Sono “il polmone del pianeta”, scrive su twitter il premier britannico Boris Johnson su twitter salutando questa mattina l’accordo.
Forests are the lungs of our planet.
Today @COP26, over 100 leaders representing 85% of the world's forests will take landmark action to end deforestation by 2030.
With this pledge, we have a chance to end humanity’s long history as nature’s conqueror, and become its custodian.
— Boris Johnson (@BorisJohnson) November 2, 2021
Dopo l’impegno di ieri, oggi sono state dettagliate le iniziative governative e private per aiutare a raggiungere questo obiettivo di deforestazione. A sostegno di questo obiettivo saranno mobilitati circa 19 miliardi di dollari (circa 16 miliardi di euro) tra finanziamenti pubblici e privati. Una nota della presidenza britannica della COP26 ne spiega nel dettaglio la composizione: 12 paesi donatori si sono impegnati a fornire 12 miliardi di dollari di finanziamenti pubblici per il clima dal 2021 al 2025 attraverso la “Global Forest Finance Pledge”. L’Unione Europea – come annunciato da Ursula von der Leyen alla vigilia della partenza per il G20 di Roma – ha donato un miliardo di euro a questa causa, per l’azione nei paesi in via di sviluppo, compreso il ripristino di terreni degradati, la lotta agli incendi e la promozione dei diritti dei popoli indigeni e delle comunità locali.
“Forniremo un miliardo di euro per l’impegno globale per le foreste”, ha annunciato la presidente della Commissione Europea oggi a Glasgow. “Di questi, 250 milioni di euro saranno destinati specificamente all’impegno nel bacino del Congo”. Sono i consumatori europei a non voler acquistare prodotti “responsabili della deforestazione o del degrado forestale”, ha aggiunto.Almeno 7,2 miliardi di dollari arriveranno dal settore privato.
Un gruppo ristretto di 28 governi – tra cui l’Unione Europea e l’Italia – hanno firmato inoltre una dichiarazione specifica su foreste, agricoltura e commercio di materie prime (FACT), dedicata a rendere il commercio sostenibile e ridurre la pressione sulle foreste dovuta ad agricoltura e catene di approvvigionamento. E’ noto che la causa principale della deforestazione è dovuta alla volontà dei governi di abbattere gli alberi per lasciare spazio a coltivazioni e aree di allevamento intensivo. Olio di palma, soia, cacao e carne bovina: l’UE stessa è uno dei principali importatori al mondo, dopo la Cina, di materie prime legate alla deforestazione tropicale e sta lavorando internamente per una nuova legislazione che riduca l’impatto sulle foreste all’estero dei prodotti che vengono poi immessi sul mercato europeo.
Timori di attivisti e ONG verdi che anche questo impegno resti lettera morta ce ne sono. Non passa inosservato che tra i firmatari ci sia anche il Brasile del leader populista Jair Bolsonaro, al centro di molte polemiche per aver aumentato a dismisura la deforestazione della foresta amazzonica, arrivando a un picco da oltre 10 anni.