Roma – Vaccini, clima, tassa minima globale. Senza trionfalismi, per un G20 che con la presidenza italiana Mario Draghi ha riportato sul registro del multilateralismo, sono risultati di peso e significativi. Il punto debole della lotta al cambiamento climatico con un’intesa in certi punti poco convinta, non scalfisce la soddisfazione del premier che concludendo il summit ha messo in gioco tutta la credibilità dei leader mondiali.
“Saremo giudicati da quello che faremo non da quello che diciamo. Gli attivisti ci tengono sulla rotta giusta, dicono che sono stanchi di questo bla bla bla, io credo che questo vertice abbia riempito di sostanza le nostre parole”.
Confortato anche dal giudizio analogo del presidente americano Joe Biden, lo definisce “un successo”, partendo dalla consapevolezza che se “le altre volte non siamo stati capaci di lavorare insieme questa volta è cambiato qualcosa nell’affrontare le grandi sfide epocali: il covid, il clima, la salute, le disuguaglianze di ricchezza e di genere”. I successi a cui si riferisce il leader del G20 sono la riforma del sistema di tassazione internazionale inseguito per decenni, il superamento del protezionismo, i legami più forti tra finanza e salute e i nuovi modi per assistere i paesi più poveri. Un lavoro lungo un anno, degli sherpa e dei ministri che hanno permesso questi risultati per nulla scontati.
Le formulazioni della dichiarazione finale sugli impegni per contrastare il riscaldamento del pianeta e ridurre le emissioni sono state il punto più caldo della conferenza stampa finale. Draghi difende l’impianto, “le cose sono cambiate durante la notte e anche Russia e Cina hanno convenuto su alcuni aspetti” come il riconoscimento della validità scientifica dell’obiettivo di contenere in 1,5 gradi il riscaldamento. Anche sulla neutralità del carbone (da raggiungere intorno alla metà del secolo) “prima non c’era nessun impegno collettivo”, e sui “finanziamenti pubblici non andranno oltre la fine di quest’anno”. Aspetti su cui Draghi risponde entrando anche nel merito dei negoziati: “L’Italia ha provato a capire le ragioni degli altri, il perché questi impegni comportino molti sacrifici e per alcuni Paesi la transizione sia più difficile”.
Motivi che nelle conclusioni hanno riconfermato gli aiuti finanziari già promessi per spingere sull’’adozione sempre più diffusa delle rinnovabili anche nei Paesi più vulnerabili e in via di sviluppo. Il fondo è di 100 miliardi di dollari l’anno e Draghi vuole precisare che non è esatto dire che non è stato rispettato: “Siamo intorno a 82 miliardi di dollari e oggi l’Italia ne ha annunciati 1,4 per i prossimi cinque anni”.
Un “senso di urgenza” ad agire rapidamente, secondo Draghi che è stato “condiviso da tutti” pur con le riserve sulla velocità delle azioni da intraprendere per cogliere gli obiettivi. Questo è anche il senso del testimone che sul clima passa da oggi alla COP26 di Glasgow a cui “auguro ogni successo” e dove ci potranno essere ancora “margini di miglioramento” sui target e sull’integrazione con gli investimenti privati sostenibili che il presidente del G20 considera determinanti per la riuscita della transizione. “IL nostro sforzo sarà anche allineare le politiche pubbliche a queste iniziative”.
In più occasioni Draghi ha spiegato l’importanza dell’approccio del dialogo anche in presenza di nuove tensioni come quelle tra USA e Cina che mettono in crisi la strategia multilaterale ritrovata durante il vertice. “Fight- fight ma anche talk-talk sono fasi, ci sono sempre state” e il summit di Roma ha dimostrato che anche le posizioni più riluttanti e rigide si possono superare.
Ora i fatti, le azioni “da cui saremo giudicati” insiste il presidente del Consiglio che per ora incassa i complimenti di tutti i leader, alcuni più ambiziosi negli impegni presi, altri un po’ meno e per i quali la firma sulla dichiarazione finale resta una scommessa.