Bruxelles – Sono 19 gli Stati membri su 27 che hanno già notificato a Bruxelles il pieno recepimento della direttiva sulle pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare, adottata dall’UE ad aprile 2019. L’Italia non è ancora tra questi: la scadenza per recepirla nell’ordinamento interno era il primo maggio e il governo di Roma non lo ha fatto in tempo.
A luglio ha ricevuto insieme ad altri 11 Paesi (Austria, Belgio, Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Francia, Polonia, Portogallo, Romania, Slovenia e Spagna) una lettera di messa in mora dalla Commissione e ha avviato poco dopo l’iter per approvare il decreto legislativo che recepisce nell’ordinamento interno la direttiva europea. Dopo un primo ok alla Camera a fine settembre, il decreto è passato a Palazzo Madama dove dopo il via libera in commissione lo scorso 13 ottobre attende di essere calendarizzato per il voto in Aula. I tempi rischiano di allungarsi ancora perché dopo l’approvazione in entrambi i rami del parlamento, il decreto tornerà a Palazzo Chigi per il via libera finale e la pubblicazione in Gazzetta.
Non se ne parla quindi prima della fine dell’anno, mentre uno dopo l’altro tutti gli Stati membri si stanno allineando alla normativa europea anche con buoni risultati secondo Bruxelles. Dall’apertura della procedura di infrazione contro i 12 Stati membri, l’Austria e la Repubblica Ceca si sono attivate per il recepimento parziale e il Portogallo e la Francia hanno notificato il recepimento completo. L’Esecutivo comunitario ha pubblicato questa settimana la prima valutazione intermedia sull’attuazione della direttiva in 16 dei 19 Stati membri che l’hanno recepita (i primi ad averlo fatto), secondo cui complessivamente tutti hanno seguito l’approccio globale della direttiva e la maggior parte di loro ha superato il livello minimo di protezione per gli agricoltori e le piccole imprese agroalimentari richiesto da Bruxelles.
Ancora, la maggior parte degli Stati membri ha ampliato l’elenco delle pratiche commerciali sleali della direttiva o ha inasprito i divieti previsti. La direttiva si occupa di mettere in guardia gli agricoltori europei, fornitori di piccole e medie dimensioni contro 16 pratiche commerciali sleali da parte di acquirenti più grandi nella filiera alimentare negli scambi con i fornitori di prodotti agricoli ed alimentari. Tra queste da vietare ci sono ritardi nei pagamenti e annullamenti di ordini dell’ultimo minuto per prodotti alimentari; modifiche unilaterali o retroattive ai contratti; costringere il fornitore a pagare per prodotti sprecati e rifiutare contratti scritti. Ci sono inoltre una serie pratiche commerciali che sono consentite solo se precedute da un accordo iniziale chiaro e inequivocabile tra le parti: ad esempio, un acquirente che restituisce prodotti alimentari invenduti a un fornitore o un acquirente che addebita un pagamento a un fornitore per garantire o mantenere un contratto di fornitura di prodotti alimentari.