Bruxelles – Solo a inizio ottobre la maggioranza degli eurodeputati ha votato per bandire il riconoscimento biometrico a distanza dalla proposta di quadro normativo sull’intelligenza artificiale della Commissione UE, ma le applicazioni di identificazione di questo tipo sono già una realtà in mezza Europa. Lo rivela uno studio commissionato dal gruppo dei Verdi /ALE al Parlamento UE: le autorità di polizia di 11 Paesi membri fanno uso di sistemi di riconoscimento biometrico nelle loro indagini e altri otto sono pronti a seguirli.
C’è anche l’Italia – insieme ad Austria, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Slovenia e Paesi Bassi – nel gruppo di Paesi che stanno sollevando preoccupazioni per l’impatto delle nuove tecnologie sui diritti fondamentali dei cittadini. In questo caso specifico si tratta di ‘identificazione ex-post’, vale a dire il controllo dei filmati dopo il verificarsi di un incidente, non in tempo reale. Tuttavia, “la distinzione tra ‘tempo reale’ ed ‘ex-post’ è irrilevante in questo caso, perché comunque implica un danno potenziale nel riunire più dati da diverse fonti per procedere all’identificazione”, ha sottolineato Francesco Ragazzi, professore associato all’Università di Leiden e autore dello studio.
Lo studio avverte sul fatto che “sembra esserci poca comprensione della modalità di applicazione di questa tecnologia e dell’impatto potenziale di una così vasta gamma di applicazioni”. La forma più sviluppata di identificazione biometrica è il software di riconoscimento facciale che abbina un’immagine catturata a un’altra già immagazzinata in un database, ma lo studio si è concentrato in particolare sulle cosiddette ‘ricerche non cooperative‘ (prive del consenso dell’individuo). Lo spiegamento di questi sistemi che poggiano sull’intelligenza artificiale sembra essere ancora limitato in Europa, anche se le derive vanno dall’identificazione degli individui nei luoghi pubblici alla sorveglianza di massa.
I Verdi, che hanno commissionato lo studio, sono uno dei gruppi politici più agguerriti per imporre limitazioni stringenti a forze dell’ordine e autorità giudiziarie nell’utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale. La relazione presentata in plenaria dal socialdemocratico Petar Vitanov è stata appoggiata anche dai liberali di Renew Europe e dalla Sinistra, ma ha spaccato la maggioranza che sostiene il gabinetto von der Leyen: i popolari si sono schierati con la destra di Identità e Democrazia, mentre i Conservatori e Riformisti Europei si sono a loro volta divisi a metà.
Alla fine la risoluzione sul divieto del riconoscimento biometrico nei luoghi pubblici è passata, ma si sta trascinando lo strascico di polemiche tra i corridoi dell’Eurocamera. Come già anticipato a più riprese da Brando Benifei (S&D), relatore per la commissione Mercato interno e protezione dei consumatori (IMCO), il divieto dovrebbe essere integrato nella legge sull’intelligenza artificiale. Tuttavia, si è aperta una disputa sulle competenze di questa iniziativa parlamentare, con i membri di altre commissioni che hanno contestato la leadership IMCO.
Antonio Tajani (PPE), presidente della Conferenza dei presidenti di commissione, ha raccomandato una direzione congiunta con la commissione Affari legali (JURI), dove con tutta probabilità sarebbe un popolare a prenderne la guida. Si dovrebbe trovare un compromesso – non riuscito nemmeno in plenaria – tra i due maggiori gruppi politici, rendendo meno probabile un divieto assoluto. Per la decisione finale si dovrà attendere la Conferenza dei presidenti del prossimo 18 novembre, mentre il numero dei Paesi membri che fanno uso di sistemi di riconoscimento biometrico nelle indagini di polizia potrebbe essere già cresciuto a diciannove.