Bruxelles – Gradi, percentuali e target, ma non solo. Due anni dopo la fallimentare Conferenza sul clima (COP25) di Madrid, quasi 200 Paesi si riuniranno di nuovo a Glasgow (Scozia) per alzare le ambizioni globali sulla lotta ai cambiamenti climatici, stavolta con risultati che si vorrebbero più concreti, nonostante l’annunciata assenza dei leader di Cina e Russia. Ma la COP26 delle Nazioni Unite non ha a che fare solo con i numeri e gli impegni sul clima, più in generale è il tentativo di mettere la maggior parte dei Paesi sulla stessa traiettoria di crescita, quella per dare vita a una economia globale produttiva se anche a basso impatto ambientale. Questo almeno è lo spirito con cui l’UE arriverà all’appuntamento internazionale, che si aprirà nella città scozzese domenica 31 ottobre con una cerimonia formale e si chiuderà venerdì 12 novembre, sotto la presidenza britannica di Boris Johnson.
Proprio l’UE è la dimostrazione “che si può continuare a crescere economicamente, riducendo però le emissioni”, ha sintetizzato oggi (28 ottobre) in conferenza stampa la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, che insieme al vicepresidente per il Green Deal, Frans Timmermans, parteciperà al vertice dei leader globali nella COP26 il primo e due novembre. Forti le aspettative per questi primi due giorni in cui ci si aspetta che le discussioni tra i leader saranno più dense perché avranno a che districarsi tra tre importanti questioni: nuove ambizioni sulla riduzione delle emissioni entro il 2030, la finanza climatica e concludere la scrittura del cosiddetto “Rule book”, l’insieme delle regole per dare seguito agli impegni presi sei anni fa, con lo storico accordo sul clima di Parigi.
Un nuovo impegno climatico per il 2030, un pacchetto legislativo per arrivarci (il Fit for 55), l’obiettivo già fissato per la neutralità al 2050, 25 miliardi di euro all’anno in finanziamenti per il clima ai Paesi poveri per la loro transizione. L’Unione arriva a Glasgow con buona parte del lavoro da fare “in casa” già avviato e consolidato. Per cui non ci si aspettano grandi annunci a sorpresa da Bruxelles, che avrà tutt’altro ruolo a questa COP: quello di convincere gli altri Paesi a seguirla sulla stessa rotta.
Sotto i 1,5 gradi
Il primo grande scoglio da superare sarà l’aumento delle ambizioni globali sul taglio delle emissioni al 2030 per riuscire a circoscrivere la temperatura sotto i 1,5° C, per evitare danni irrimediabili. L’accordo di Parigi, siglato nel 2015, ha impegnato 196 Paesi, UE compresa, a circoscrivere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2ºC e proseguendo con gli sforzi per limitarlo a 1,5ºC. “Serve fare di più e aggiornare tutti gli NDC”, ha detto von der Leyen in riferimento ai Contributi determinati a livello nazionale (NDC), ovvero gli impegni nazionali per il taglio dei gas serra (NDC) che i Paesi di Parigi dovrebbero aggiornare ogni cinque anni, per aggiustare la rotta.
E’ in questo quadro che Bruxelles ha aggiornato la sua tabella di marcia, stabilendo di dover ridurre le emissioni di gas serra del 55 per cento entro il 2030 e proponendo il Fit for 55 per arrivare a destinazione. L’UE è stata la prima potenza mondiale a indicare un percorso concreto sul taglio delle emissioni per raggiungere i suoi obiettivi climatici, è stata seguita nell’impegno da molte altre potenze (Stati Uniti, Giappone, Cina) che hanno fissato l’obiettivo di neutralità climatica tra il 2050 e il 2060. Questi obiettivi devono ora essere sostenuti da piani concreti per arrivarci. Proprio in queste ore l’UE attende l’annuncio da parte di Pechino per il suo aggiornamento degli NCD in vista della COP26, a cui molto probabilmente non prenderà parte in persona il presidente cinese Xi Jinping.
Finanza climatica
Altra importante discussione su cui l’UE cercherà di far valere la sua leadership è l’aumento dei finanziamenti per aiutare le nazioni più povere a ridurre le emissioni di CO2 e adattarsi ai cambiamenti climatici. In altre parole, la finanza climatica per ridurre un sostanzioso divario tra nazioni ricche e povere anche quando si parla di clima. A settembre, nel suo Discorso sullo Stato dell’Unione, von der Leyen ha annunciato per l’UE un budget di 4 miliardi di euro dal bilancio comunitario fino al 2027, in aggiunta ai circa 25 miliardi che vengono mobilitati ad oggi.
Sedici Paesi, più l’UE, hanno già annunciato nuovi impegni per raggiungere l’obiettivo complessivo di finanziare con 100 miliardi all’anno la transizione dei Paesi più poveri. L’Italia nell’elenco ancora non c’è: atteso un annuncio da parte del premier Mario Draghi questo fine settimana a Roma, dove il Paese ospiterà una riunione del G20 molto importante, perché sul fronte climatico indicherà la strada da seguire alla COP26.
Le regole di Parigi
Terzo, e ultimo, punto in agenda è portare a termine il “Regolamento di Parigi”, ovvero l’insieme di regole e procedure per l’attuazione dell’accordo del 2015 lasciato incompleto finora. Bruxelles cerca un accordo che garantisca l’integrità ambientale dei mercati globali del carbonio e sugli obblighi di trasparenza e rendicontazione. Sappiamo che l’Unione, anche nel quadro del G20, è alla ricerca di un accordo ambizioso per dare un prezzo alle emissioni di CO2 a livello globale, come l’UE già fa per molte industrie nel suo mercato del carbonio (ETS).
Tre filoni tematici, che portano con sé grandi aspettative e diversi timori che siano delusi. A margine di queste discussioni, l’Unione interagirà con gli altri leader su varie questioni. Martedì 2 novembre, von der Leyen insieme al presidente USA Joe Biden annunceranno ufficialmente la già annunciata “Alleanza globale sulla riduzione delle emissioni di metano entro il 2030”, per cercare di portare tutti i Paesi che ancora non hanno aderito ad aderirvi. 60 quelli che già ne fanno parte, ha ricordato von der Leyen.
Il metano è uno dei principali gas inquinanti e di diverso rispetto alla CO2 ha che accumula calore molto più rapidamente: questo significa che una riduzione di emissioni di metano potrebbe portare a un beneficio sul riscaldamento molto più veloce.
Bruxelles annuncerà un impegno di un miliardo di euro per le foreste (il bacino naturale di assorbimento della CO2 più importante al mondo) e lavora contestualmente per un partenariato con il Sud Africa per una “giusta transizione energetica” su cui si attende a Glasgow una “dichiarazione politica”. La presidente della Commissione aggiornerà gli altri leader sul nuovo schema sulle tecnologie innovative, frutto della partnership già annunciata con Bill Gates per investire fino a un miliardo di dollari tra 2022 e 2026 in progetti su larga scala per le tecnologie pulite, dall’idrogeno verde, ai carburanti sostenibili per l’aviazione, all’accumulo di energia a lunga durata.
Molti dei risultati, più o meno concreti, che arriveranno da questa COP26 dipenderà da cosa decideranno nel fine settimana a Roma i leader delle venti principali economie al mondo, che sono anche l’80 per cento delle emissioni globali.