Bruxelles – Riforma del mercato energetico ed energia nucleare. Le divisioni degli Stati membri su come affrontare a lungo termine la crisi dei prezzi dell’energia sono emerse con chiarezza durante la riunione straordinaria dei ministri dell’Energia che oggi (26 ottobre) si sono incontrati a Lussemburgo. Una riunione convocata con urgenza dalla presidenza di turno della Slovenia per essere “conciliante” tra posizioni molto diverse, ma che non lo è stata e tutto di nuovo è rimandato, a dicembre. Come era emerso anche al Consiglio europeo di settimana scorsa la spaccatura è profonda, con alcuni Paesi che cercano una revisione normativa del mercato dell’energia e altri (ormai la maggior parte) fermamente contrari.
Diciannove Paesi UE hanno già adottato misure a breve termine per affrontare il rincaro delle bollette dovuto a un aumento del prezzo del gas, destinato a proseguire almeno fino alla primavera. Tutte le misure adottate – ha riconosciuto la commissaria per l’Energia Kadri Simson – sono in linea con lo strumentario (la toolbox) presentato dalla Commissione Europea lo scorso 13 ottobre. Le divisioni emergono quando si parla di come dar vita a un piano a lungo termine, per affrontare anche eventuali crisi future del mercato. Secondo Spagna, Francia e Grecia è necessario riflettere su una riorganizzazione del modo in cui funzionano i mercati energetici dell’UE.
A tal proposito, Madrid ha presentato al Consiglio un non-paper con alcune proposte ora all’attenzione di Bruxelles: “Dal disaccoppiamento dei prezzi dell’energia elettrica da quella del gas, allo stabilire un prezzo massimo del gas e a dare vita a una piattaforma per l’approvvigionamento congiunto” di gas naturale, ha sintetizzato al Consiglio la ministra spagnola Sara Aagesen. “Lo strumentario della Commissione non è sufficiente” ad affrontare una crisi di tale portata. “A medio termine dobbiamo avviare un’analisi approfondita del mercato”, ha sostenuto anche la Francia. Mentre la Polonia è tornata a insistere sulla necessità di indagare le manipolazioni del mercato del gas da parte della compagnia russa Gazprom, da cui arriva il gas importato nella UE.
Contro la proposta franco-spagnola, si è levato ieri un fronte numeroso di nove Stati membri (Germania, Lussemburgo, Austria, Danimarca, Estonia, Finlandia, Irlanda, Lettonia, Paesi Bassi) a cui oggi si sono aggiunti anche Svezia e Belgio che in una dichiarazione congiunta si sono detti pronti a non sostenere una riforma strutturale del mercato energetico. La motivazione è che la durata potenzialmente temporanea della crisi attuale non giustificherebbe una ristrutturazione delle attuali regole del mercato energetico. “Non sarà un rimedio per mitigare gli attuali aumenti dei prezzi dell’energia legati ai mercati dei combustibili fossili”, si legge nella nota. “Assolutamente non è necessario un intervento europeo nell’assetto attuale del mercato europeo”, ha riassunto il ministro di Berlino, Andreas Feicht.
Nel quadro delle sue linee guida agli Stati, la Commissione europea ha chiesto alle autorità di regolamentazione una valutazione indipendente sulla struttura del mercato elettrico europeo, anche se è poco convinta che una struttura diversa avrebbe impedito la crisi attuale. La ferma opposizione di una buona parte del Consiglio fa pensare che la proposta non sarà accolta, ma gli Stati dovranno riparlarne a dicembre quando avranno un quadro più chiaro dopo l’analisi delle autorità europee.
Se la Commissione europea sperava di avere indicazioni più precise su quali misure a medio termine l’UE dovrebbe adottare per rispondere alla crisi, è sicuramente rimasta delusa. Molti Stati membri, però, si sono mostrati favorevoli all’idea di riserve di gas congiunte, sulla quale l’Esecutivo europeo tornerà nella proposta per decarbonizzare il mercato del gas in arrivo a dicembre. Anche l’Italia sostiene “l’intenzione della Commissione di esplorare i benefici di un approvvigionamento volontario congiunto di scorte di gas”, ha detto il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani. Ha aggiunto che nella prossima revisione della legislazione sul mercato del gas di dicembre Bruxelles dovrebbe prevedere misure per non penalizzare con oneri eccessivi i consumatori finali, in particolare quelli dei mercati periferici”. Il ministro ha chiuso il suo intervento ricordando che l’Italia “è fortemente favorevole a ricerca, sviluppo e innovazione, siamo convinti che si debba investire su tutte le tecnologie emergenti per il futuro”.
Sempre più Paesi a sostegno dell’energia nucleare
Non è chiaro se quello di Cingolani fosse un riferimento all’energia nucleare, ma sul tavolo della riunione c’era anche l’energia dell’atomo dopo la sostanziale apertura della presidente della Commissione Ursula von der Leyen al nucleare come fonte stabile e a basso impatto della Co2. Se il gas rende l’Unione dipendente al 90 per cento da Stati terzi, vedi la Russia, rinnovabili e nucleare sono prodotti in casa e dunque contribuiscono a rafforzare l’indipendenza energetica dell’UE.
Secondo Eurostat nel 2019 13 Stati avevano reattori nucleari attivi (Belgio, Bulgaria, Cechia, Germania, Spagna, Francia, Ungheria, Paesi Bassi, Romania, Slovenia, Slovacchia, Finlandia e Svezia). Gli impianti nucleari, 106 nel 2019, hanno generato circa un quarto dell’energia elettrica dell’Unione, quasi tutta concentrata in Francia. Stati come la Germania hanno deciso di allontanarvisi dopo l’incidente di Fukushima e chi è contrario all’energia atomica lo è perché nonostante sia poco impattante a livello di produzione di emissioni, rimangono grandi criticità sulla sua sostenibilità quando si parla di smaltimento delle scorie radioattive. L’Italia è un esempio: dal 1987 il referendum ha deciso la fine dell’era dell’energia nucleare, ma il Paese continua ad avere un conto in sospeso con le scorie.
Molti Stati membri hanno sollecitato la Commissione a presentare “prima possibile” l’atto delegato complementare sulla Tassonomia verde, quello incaricato di attribuire o no un ruolo al gas naturale e al nucleare tra gli investimenti sostenibili per la transizione. Una proposta dovrebbe arrivare entro dicembre, ma non è chiaro se arriverà prima del Consiglio Energia e del Consiglio europeo pre-natalizio per dare modo agli Stati di discuterne in maniera approfondita.
Senza dare troppe anticipazioni sull’atto delegato, Kadri Simson ha ricordato che “ogni Stato membro può scegliere il proprio mix energetico, l’energia nucleare è riconosciuta come una fonte a basso impatto di CO2 ma rimane” controverso per quanto riguarda la sostenibilità a lungo termine. Per la commissaria il “mix del futuro dovrà avere energia pulita e ci serve una fonte stabile”, ha aggiunto facendo eco alle parole di von der Leyen. Ad oggi ci sono almeno dieci Stati membri (Bulgaria, Croazia, Repubblica ceca, Finlandia, Francia, Ungheria, Polonia, Romania, Slovacchia e Slovenia) a sostegno del nucleare nella tassonomia ‘verde’ per “contribuire all’indipendenza energetica dell’Unione”, ha ricordato il ministro croato, Ivo Milatic. Anche i Paesi Bassi, che ancora non hanno firmato l’appello formale, si sono detti a favore dell’energia dell’atomo.
Di contro dubbi sono arrivati dalla Danimarca secondo cui “se gli Stati vogliono farvi ricorso a livello nazionale va bene” ma ricorda che come fonte energetica “non è proprio tanto sostenibile come lo sono le rinnovabili”. Apertamente contro si posizionano invece l’Austria e il Lussemburgo che chiedono cautela anche sul sistema di classificazione degli investimenti sostenibili. Berlino – che guida la coalizione informale di Stati contro il nucleare, storicamente a favore del gas per la transizione – ha riferito al Consiglio che “non c’è alcun consenso sul nucleare nella tassonomia”. Anche qui sembra tutto rimandato alle prossime settimane, quando la Commissione rilascerà finalmente il secondo atto delegato della tassonomia dopo vari ritardi, e sembra evidente che anche l’agenda del Summit UE di dicembre sarà scandita dalla crisi dei prezzi.