Bruxelles – Il debito pubblico dell’Eurozona diminuisce, e quello italiano fa altrettanto. I primi dati disponibili offrono nuovi indicatori di ripresa, dopo il rallentamento prodotto dalla pandemia di COVID-19 che ha costretto i governi ad aprire i rubinetti del sostegno pubblico per puntellare l’economia. L’indebitamento è aumentato a livello generalizzato, ma Eurostat certifica l’inversione di tendenza.
Alla fine del secondo trimestre dell’anno, l’indebitamento pubblico dei governi è sceso al 98,3 per cento in rapporto al Prodotto lordo, un rapporto che era pari al 100 per cento alla fine del primo trimestre. In tre mesi, dunque, l’Eurozona registra un calo di 1,7 punti percentuali.
Rispetto al primo trimestre del 2021, due Stati membri hanno registrato un aumento del livello di debito pubblico in rapporto al Pil. Si tratta di Malta (+2) e Slovacchia (+1,3). Buone notizie per i conti pubblici italiani. Il Paese è nella lista degli Stati con le maggiori diminuzioni, che comprende (-9,4 punti percentuali), Slovenia (-5), Croazia (-4), Portogallo (-3,7), Ungheria e Francia (entrambi -3,4), Italia (-3,3) e Belgio (-3,2).
I dati acquistano un certa valenza dal momento che il 4 novembre la Commissione europea pubblicherà le previsioni economiche d’autunno. Il documento prenderà in considerazione tutti le variazioni macro-economiche (occupazione, PIL, debito, deficit, inflazione) e conterrà le aspettative per il breve periodo, con i suggerimenti sulle misure da prendere per rispondere alla congiuntura economica nel migliore dei modi.
Il fatto che il debito pubblico dell’Eurozona diminuisce contribuisce anche al dibattito in corso. La pandemia ha sconquassato i conti pubblici di tutti i membri dell’UE, non solo quelli con la moneta dell’Unione. Si considera che le attuali regole del patto di stabilità non siano più adattabili alla nuova situazione. In particolare il parametro che vorrebbe la soglia massima di debito/PIL al 60 per cento non appare più adeguato. Gli economisti del Meccanismo europeo di stabilità propongono di aumentare questa soglia dal 60 al 100 per cento.
Nel documento di lavoro, gli esperti insistono sul fatto che i paesi con un debito superiore al 100% del PIL dovrebbero seguire “un percorso realistico di riduzione del debito ancorato a una regola del saldo primario che rifletta la situazione economica”. Inoltre si chiarisce che il valore di riferimento del 3% tra deficit e PIL, che appare ampiamente accettabile e istituzionalmente consolidato, “potrebbe essere preservato come limite la cui violazione attiverebbe una procedura per i disavanzi eccessivi”. Mentre il valore di riferimento del 100% del debito rispetto al PIL sostituirebbe l’attuale benchmark del 60% del debito.
La riforma allo studio va presa seriamente, visto che dalla BCE è arrivato l’implicito invito ad agire in tal senso. Anche in Commissione europea la strada delle modifiche delle regole sembrano inevitabili. Si chiedono regole “realistiche”, e dunque il ragionamento in corso a Lussemburgo potrebbe indicare la via da seguire. Questo per l’Italia sarebbe certamente una buona notizia, anche se non solleverebbe il Paese dalla sue responsabilità. Attualmente ci sono sette Stati di eurolandia con un rapporto debito/PIL sopra il 100 per cento. Si tratta di Grecia (207,2), Italia (156,3), Portogallo (135,4), Spagna (122,8), Francia (114,6), Belgio (113,7) e Cipro (112,0).
La formula che prevede di lasciare invariata la regola del deficit al 3% con sanzioni automatiche e di modificare invece la regola del debito potrebbe rappresentare un compromesso tra chi vorrebbe cambiamenti e chi invece ne vorrebbe pochi o addirittura nessuno.