Bruxelles – Linea dura con la Bielorussia, pressioni sulla Turchia, interventi di bilancio per finanziare il potenziamento delle frontiere e il loro controllo, ma nessun muro anti-migranti. Il dibattito dei capi di Stato e di governo sul sempre delicato dossier dell’immigrazione ha tracciato la linea. Anche in questa occasione il tema ha diviso come sempre. Ci sono volute quasi cinque ore di confronto per poter giungere ad una conclusione e alle avere le conseguenti conclusioni di fine seduta. La spinta di chi voleva la costruzione di muri o barriere coi soldi europei non ha prodotto risultati, nonostante righe sibilline al riguardo.
“Il Consiglio europeo invita la Commissione a proporre le modifiche necessarie al quadro giuridico dell’UE e le misure concrete sostenute da un sostegno finanziario adeguato per garantire una risposta immediata e adeguata in linea con il diritto dell’UE e gli obblighi internazionali, compresi i diritti fondamentali”. Un passaggio non chiaro, comunque non immediato, che induce la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen a precisare. “Si è parlato anche di soluzioni fisiche, ma ho chiarito che non ci sarà alcun finanziamento di fili spinati o barriere”. Niente fondi europei per barriere, dunque.
Anche il presidente del Consiglio, Mario Draghi, tiene a precisare che non un centesimo di risorse europee verrà speso per venire incontro alla richiesta che si alza soprattutto da est. “La Commissione non è d’accordo, e anche in seno al Consiglio in molti non condividono, Italia compresa”.
Un risultato non scontato, visto che praticamente mezza Europa vorrebbe procedere in tal senso. Ben 13 Paesi (i 12 firmatari del documento più la Slovenia, che approva ma evita di firmare in quanto presidente di turno del Consiglio dell’UE) vorrebbero barriere fisiche, un assalto respinto ma che ha imposto una discussione più lunga del previsto.
Si tratta dunque di trovare le vie per finanziare il potenziamento di controlli e modalità di gestione, senza venire meno ad obblighi internazionali e valori. Avanti dunque con le politiche di gestione dei flussi, ma nessun muro anti-migranti. La direzione semmai è un’altra, e passa per la riforma del sistema di Dublino come richiesto dalla Commissione attraverso la proposta messa sul tavolo oltre un anno fa. “Il nuovo patto sull’immigrazione è il quadro giuridico più importante su cui dover compiere progressi”, la reprimenda di von der Leyen per gli Stati, ritenuti responsabili dei mancati progressi in questo filone.con le risorse comuni.
Nell’attesa di accordi che non sembrano comunque vicini nel tempo, i leader dei Ventisette esortano la Turchia a “garantire l’attuazione piena e non discriminatoria” della dichiarazione UE-Turchia del 2016, anche nei confronti di Cipro. Stati membri d’accordo anche a non cedere ai ricatti della Bielorussia e al suo uso dell’arma migratoria come strumento di pressione, andando avanti con la linea decisa e, se necessario, “anche adottando con urgenza ulteriori misure restrittive nei confronti di persone ed entità giuridiche, in linea con il suo approccio graduale”.
Avanti poi con la politica esterna. Gli accordi di cooperazione con i Paesi terzi di origine e di transito, per riammissione e gestione dei flussi di richiedenti asilo sul posto, “vanno resi operativi senza indugio, in cooperazione con i paesi partner”. Un mandato chiaro per la Commissione l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE.