Bruxelles – Oltre cinque ore di discussione si sono rese necessarie ai capi di Stato o di governo per concordare delle conclusioni sull’impennata dei prezzi dell’energia. I colloqui della prima giornata di Vertice UE si sono chiusi poco prima della mezzanotte di ieri (21 ottobre) con gli Stati membri che hanno cercato per ore di colmare le loro divergenze sulla crisi con la Polonia sullo stato di diritto e su come affrontare la crisi del gas e dell’energia elettrica, che rischia di protrarsi almeno fino alla primavera.
Sul fronte energetico, i leader dei Ventisette sono arrivati a Bruxelles già divisi tanto su come affrontare la crisi quanto in generale sugli obiettivi climatici dell’UE. La scorsa settimana la Commissione europea ha pubblicato una “cassetta degli attrezzi” (‘toolbox’) con l’elenco delle misure nazionali che i governi possono adottare per mitigare l’impatto della crisi, rimandando a dicembre altre opzioni a lungo termine per affrontare gli shock dei prezzi anche in futuro.
Tagli sulle tasse e sussidi diretti alle famiglie povere: la maggior parte dei Paesi ha già elaborato piani d’azione di emergenza per proteggere i cittadini. Sono più che altro le misure a lungo termine ad essere quelle più divisive tra i Ventisette, anche se come ha esortato il premier Mario Draghi nel corso del dibattito “bisogna intervenire al più presto per limitare gli aumenti del prezzo dell’energia, per preservare la ripresa e salvaguardare la transizione ecologica”.
Ci sono Paesi come Spagna, Grecia e Francia che come risposta alla crisi puntano a una profonda revisione del mercato dell’elettricità dell’UE e che ieri hanno chiesto di spingersi in fretta oltre lo strumentario della Commissione. Chi come la Germania e la Finlandia ha frenato su una revisione di ampia portata perché considerano la crisi attuale solo “a breve termine” e quindi non giustificherebbe una revisione del genere. Il risultato è che il testo delle conclusioni rimane molto sul vago, invitando la Commissione e il Consiglio a “considerare rapidamente” misure a medio e lungo termine per affrontare la crisi dei prezzi ed esortando anche la Banca europea per gli investimenti (BEI) a esaminare come può accelerare i finanziamenti nella transizione energetica, per evitare possibili perturbazioni future.
La Commissione Europea è solo “invitata” – quindi non ha alcun vincolo – a studiare il funzionamento dei mercati del gas e dell’energia elettrica dell’UE, “nonché del mercato dell’EU ETS (il mercato europeo di scambio di quote di emissioni) con l’aiuto dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA)”, si legge nelle conclusioni. Quest’ultimo punto è il motivo reale per cui i leader hanno faticato a trovare un accordo sul testo finale. Un gruppetto di pochi Paesi guidato dalla Repubblica ceca, insieme a Polonia e Ungheria, haf preso al balzo la crisi energetica per rimettere in discussione anche il pacchetto climatico ‘Fit for 55’ – presentato a luglio dalla Commissione – e in particolare la riforma del sistema dell’ETS che prevede una sua estensione anche ai settori dei trasporti e a quello degli edifici.
Il premier ceco Andrej Babiš ha tenuto in stallo le conclusioni del vertice chiedendo espressamente all’UE di limitare movimenti speculativi sul mercato del carbonio, che secondo lui avrebbero contribuito ad aumentare i prezzi della CO2 con conseguente impennata dei prezzi del gas. La Commissione Europea ha più volte ribadito che la crisi dei prezzi è da ricondurre solo in minima parte all’aumento dei prezzi delle quote di CO2 nell’ETS (è passato da circa 30 euro per tonnellata di CO2 a circa 60 euro per tonnellata negli ultimi nove mesi) e che non c’è motivo di pensare che l’aumento sia dovuto a una speculazione finanziaria. Per la Polonia invece il vertice è l’occasione per chiedere a Bruxelles di indagare sul comportamento della russa Gazprom, credendo che abbia alimentato l’aumento dei prezzi in Europa vista l’enorme dipendenza dell’UE dal gas russo.
Per ora la Commissione europea ha escluso categoricamente entrambe le ipotesi, ma i leader hanno acconsentito ad aggiornare le conclusioni del vertice per invitarla “a studiare il funzionamento dei mercati del gas e dell’elettricità, nonché il mercato ETS dell’UE” con l’aiuto dell’ESMA. A quel punto “la Commissione valuterà se taluni comportamenti di negoziazione richiedano ulteriori misure di regolamentazione”, si legge.
Il ruolo dell’ETS non era l’unico argomento di divisione. La crisi del gas ha riaperto in queste settimane la questione della diversificazione del mix energetico nazionale ma anche europeo. Ci sono almeno 10 Paesi – Francia in testa – che chiedono all’Unione di non escludere l’energia nucleare come energia di transizione a basse emissioni di CO2. Il tema è attuale perché la Commissione dovrà decidere se inserire gas e nucleare tra gli investimenti sostenibili nella sua ‘Tassonomia verde’, i criteri di classificazione delle attività economiche sostenibili. Un atto delegato complementare era atteso entro fine 2021 ma a quanto pare potrebbe volerci ancora un po’, la crisi dei prezzi fa emergere ancora nuove divisioni e per il momento la Commissione sceglie di non scegliere.
Le conclusioni del vertice rimettono tutta la questione energia a martedì 26 ottobre, durante la riunione straordinaria dei ministri dell’Energia che discuteranno in primis delle linee guida di Bruxelles per affrontare il caro energia. Ma se ne riparlerà soprattutto a dicembre, dato che su richiesta della Spagna il testo impegna il Consiglio Europeo “a riesaminare la questione” del prezzo dell’energia al prossimo Summit europeo in programma tra due mesi.