Bruxelles – Violazione dell’indipendenza della magistratura, attacco al primato del diritto comunitario e legge anti-aborto. Il mancato rispetto dello Stato di diritto in Polonia non è mai stato così al centro dei dibattiti nelle istituzioni europee, dalle discussioni del Parlamento Europeo in sessione plenaria all’agenda del vertice dei leader UE, fino alle difficoltà della Commissione nell’attivare il meccanismo di condizionalità per l’erogazione dei fondi del bilancio pluriennale. Tuttavia, manca un tema all’appello: l’offensiva contro i diritti della comunità LGBT+, proprio nei giorni in cui è atteso l’approdo di una proposta di legge liberticida all’Assemblea nazionale della Polonia.
Il prossimo 28 ottobre, il Parlamento polacco affronterà la discussione su un progetto di legge chiamato “Stop LGBT“, sponsorizzata dalla fondazione Vita e Famiglia. L’iniziativa è arrivata dopo la decisione di quattro regioni (su cinque) di ritirare le risoluzioni con cui si definivano “zone libere dall’ideologia LGBT+“, a causa della minaccia della Commissione Europea di annullare l’erogazione dei 126 milioni di euro previsti nell’ambito del programma di assistenza alla ripresa React-EU se la Polonia non avesse rispettato i diritti di tutti i cittadini.
Uno degli obiettivi della proposta è quello di “fermare la propaganda omosessuale nello spazio pubblico”. In altre parole, se la legge dovesse entrare in vigore, il Pride diventerà illegale. Sarebbe inoltre vietato sul territorio nazionale “mettere in discussione il matrimonio come unione tra un uomo e una donna”, “favorire l’attività sessuale tra i bambini e gli adolescenti sotto i 18 anni” e “promuovere orientamenti sessuali diversi dall’eterosessualità“. Con il termine “promuovere” si intendono “tutte le forme di diffusione, agitazione, lobby, dichiarazioni, aspettative, richieste, raccomandazioni”.
Si tratta del secondo tentativo di registrare la proposta. Era già successo nel novembre dello scorso anno, quando la Fondazione per la Vita e la Famiglia aveva raccolto 200 mila firme per presentare il progetto di legge. Lo scorso gennaio l’Assemblea nazionale aveva però rifiutato la proposta, a causa di alcuni errori di procedura. Dopo la nuova raccolta di circa 140 mila firme, “Stop LGBT” 2.0 risponde ora a tutti i requisiti procedurali e per questo potrà approdare sui banchi dei deputati polacchi giovedì prossimo.
La questione della violazione dei diritti LGBT+ potrebbe diventare il nuovo terreno di scontro tra Bruxelles e Varsavia. Già a luglio la Commissione Europea ha avviato una procedura d’infrazione contro la Polonia per le risoluzioni sulla creazione delle cosiddette “zone libere dall’ideologia LGBT+”, considerata la violazione del diritto comunitario in materia di non discriminazione per motivi di orientamento sessuale.
Tuttavia, c’è un precedente dentro i confini dell’Unione. L’Ungheria di Viktor Orbán lo scorso giugno ha presentato un disegno di legge che pone l’omosessualità, il cambio di sesso e la divergenza dall’identità personale corrispondente al sesso alla nascita allo stesso livello della pornografia. Dopo l’intervento dell’esecutivo UE con l’avvio di una procedura d’infrazione per “violazione della dignità umana“, il governo ungherese ha promesso che entro la primavera del 2022 i cittadini saranno chiamati a esprimersi sulla legge anti-LGBT+ attraverso un referendum.