Bruxelles – È passato quasi un anno da quel 22 ottobre 2020, il giorno in cui in Polonia è stato di fatto introdotto il divieto quasi assoluto di aborto. E, nella settimana più calda per i rapporti tra Varsavia e l’UE, gli eurodeputati hanno riacceso i riflettori su una delle misure più controverse introdotte dal governo di Mateusz Morawiecki, che proprio ieri (martedì 19 ottobre) si è scontrato davanti all’emiciclo di Strasburgo con la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen.
Il dibattito di oggi al Parlamento Europeo (il voto sulla risoluzione è atteso per la sessione plenaria del 10-11 novembre) è sembrato una ripresa del confronto di ventiquattr’ore fa, dal punto in cui ci si era lasciati: tutto l’arco parlamentare all’attacco del governo guidato dal partito sovranista Diritto e Giustizia (PiS), con la violenta reazione delle destre dei Riformisti e Conservatori Europei (ECR) e di Identità e Democrazia (ID) sul fronte opposto. Nonostante sia cambiato il tema della polemica (ieri l’indipendenza della magistratura e il primato del diritto europeo, oggi le libertà delle donne), il filo rosso è sempre il mancato rispetto dello Stato di diritto nel Paese.
Ad aprire la discussione sulla legge anti-aborto in Polonia è stata la commissaria UE per l’Uguaglianza, Helena Dalli, che ha ricordato che “nonostante questa sia competenza degli Stati membri, devono comunque rispettare i diritti fondamentali a cui sono vincolati a livello internazionale”. Non è un caso se “anche la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto che il mancato accesso all’aborto è una privazione del diritto alla salute“. La commissaria Dalli ha ricordato che “le conseguenze dirette sono aborti all’estero o clandestini, che mettono a rischio la vita delle persone più vulnerabili” e ha parlato di “diritti in ostaggio” nel Paese. Per questo motivo l’esecutivo comunitario “continuerà a monitorare la situazione di uno degli elementi-chiave della parità di genere”, ha promesso Dalli.
La questione della competenza di questa materia è stata affrontata anche dall’eurodeputata polacca Elżbieta Katarzyna Łukacijewska (PPE): “Sappiamo che appartiene ai singoli Stati membri e non vogliamo cambiare le leggi, ma è anche necessario mandare un segnale alle mie concittadine, che conosciamo i loro problemi e le sosteniamo“. La sentenza della Corte Costituzionale della Polonia “non limiterà il numero di aborti, ma li renderà più rischiosi“, ha avvertito Łukacijewska, ma “il governo polacco non riconosce questo rischio”.
Predrag Fred Matić (S&D) si è detto “deluso” del fatto che il Parlamento UE si trova a dover discutere nuovamente della legge anti-aborto in Polonia a distanza di un anno, “perché speravamo che questa decisione scandalosa sarebbe stata annullata”. Tuttavia, secondo l’eurodeputato socialdemocratico anche l’UE è responsabile: “Se consentiamo alla Polonia tutto ciò, domani potrebbe toccare a un altro Stato membro“. Durissimo il collega polacco Robert Biedroń: “La Polonia ormai è uno Stato religioso, in cui le donne non hanno voce e assumono il ruolo di incubatrici”. Biedroń ha poi spiegato che “all’Assemblea nazionale c’è un altro progetto di legge che classifica l’aborto come omicidio“, sottolineando con forza che “nel 2021 le donne polacche hanno meno diritti di quando siamo entrati nell’Unione Europea”.
Karen Melchior (Renew Europe) si è invece affidata a una metafora: “Per lo stato di salute delle democrazie, i diritti delle donne sono come il canarino che i minatori si portavano al lavoro perché li avvertissero di un rischio imminente”. Dalle fila dei Verdi/ALE, Sylwia Spurek ha voluto ricordare che “l’aborto è solo una prestazione medica, un diritto umano” e “se non riusciamo a coordinare una politica comune europea, non ci sarà mai equità tra i Paesi membri”. Malin Björk (La Sinistra) si è soffermata sul fatto che “già un anno fa abbiamo condannato la sentenza della Corte“, ma “le donne polacche si aspettano di più da noi, perché se non vengono garantite le loro libertà, non c’è nemmeno uno Stato di diritto“.
Veemente l’attacco delle destre, a partire dall’eurodeputato tedesco Nicolaus Fest (ID): “La sinistra mette la Polonia sempre all’ordine del giorno e non trova altro di meglio di un anniversario per parlare di un problema che non esiste“. Usando il resto del tempo a disposizione per denunciare gli attacchi di “migranti musulmani al cuore dell’Europa”, Fest ha poi sostenuto che “i governi di Polonia e Ungheria fanno cose molto più giuste di quelle proposte da quest’Aula”. Per Jadwiga Wiśniewska (ECR), “l’aborto non sarà mai qualcosa di positivo” e ha attaccato le istituzioni europee per non analizzare mai la situazione di Malta (che presenta la legislazione più restrittiva di tutta l’Unione): “Lì c’è una maggioranza di sinistra, come qui al Parlamento Europeo. Siete ipocriti e questo dibattito lo dimostra“, è stata la denuncia dell’eurodeputata polacca.
Il punto sulla legge anti-aborto in Polonia
Tutto ha avuto origine il 22 ottobre dello scorso anno, con la sentenza della Corte Costituzionale polacca. L’aborto è stato dichiarato illegale anche nel caso di malattie e gravi malformazioni del feto. La Corte aveva poi trasmesso al governo la richiesta di tradurre la sentenza in legge. Tuttavia, una serie di imponenti manifestazioni di piazza in tutto il Paese avevano costretto il governo Morawiecki a rinviare l’iter legislativo.
Dopo due mesi, il 27 gennaio 2021, la nuova legge era stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale della Repubblica di Polonia, classificando l’interruzione di gravidanza come reato, fatta eccezione per casi di stupro, incesto o rischio per la vita della madre. Durante una nuova ondata di proteste nella capitale Varsavia e nelle città di Danzica, Poznan, Rzeszow, Stettino e Katowice erano state arrestate diverse manifestanti: tra loro anche Klementyna Suchanow, una delle leader del movimento spontaneo di protesta Strajk Kobiet (“sciopero delle donne”).
Dopo le molteplici condanne di Bruxelles – in particolare dell’Aula del Parlamento Europeo, che aveva accusato il governo polacco di “giocare con la vita delle donne” – la Polonia è passata al contrattacco sulla questione della legge anti-aborto, scagliandosi contro le “interferenze dell’UE” in materie su cui gli Stati membri non hanno delegato competenze all’Unione.