Bruxelles – Rompere gli schemi, cambiare il paradigma con cui l’Italia ha pensato e agito negli ultimi decenni per passare da una politica dei trasporti a una vera e propria “politica della mobilità sostenibile”. E’ questa la vera sfida che l’Italia deve saper cogliere nei prossimi nove anni per non perdere l’opportunità dei fondi europei del Next Generation Eu, con cui il Paese stanzierà ben 62 miliardi di euro per mobilità, infrastrutture e logistica sostenibili, quasi metà dell’intero pacchetto di risorse che gli spetta (127 miliardi), tra sovvenzioni e prestiti. Un cambio di mentalità è quello che ritiene indispensabile Enrico Giovannini, ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile, che oggi (18 ottobre) ha preso parte al webinar ‘NextGen EU e mobilità: come i fondi europei attueranno la rivoluzione verde nel settore dei trasporti?’, organizzato dalla redazione di Eunews e moderato Andrea Bardi, direttore generale della Fondazione Istituto sui trasporti e la logistica.
L’Unione Europea, nei suoi piani climatici a lungo termine, punta a una riduzione del 90 per cento delle emissioni provenienti dal settore trasporti entro il 2050, considerandolo ancora oggi uno dei più difficili da decarbonizzare. E chiede ai suoi Stati membri di sfruttare anche le risorse per la ripresa dalla pandemia per questa transizione.
Trasporti su ferro (sia persone sia merci), rinnovo in senso ecologico del trasporto pubblico locale, interventi di mitigazione e adattamento delle infrastrutture che rischiano di non reggere alla crisi climatica (come i ponti) e mobilità su gomma sempre più elettrica o ibrida: Giovannini detta la linea di questa rivoluzione attraverso quattro punti ma ricorda che per realizzarla non serviranno solo i fondi della ripresa, quanto creare una sinergia con tutte le risorse europee – tra i fondi pluriennali del bilancio al fondo di sviluppo e coesione – e soprattutto tra tutti gli attori chiamati ad attuarla.
Attraverso il piano nazionale di ripresa e resilienza, l’Italia sta definendo le coordinate dei progetti da realizzare in due fasi, quella della progettazione tra 2021-2026 e dell’attuazione 2027-2030. “La velocità di questa transizione dipenderà da quanti fondi verranno allocati a questo scopo e anche su come sarà organizzata la governance dei trasporti”. Non c’è quindi solo l’abilità di un governo di ottimizzare la pianificazione di queste risorse a lungo termine. E’ la governance, il modo con cui riusciranno a interagire governo nazionale, regionale e anche il sistema burocratico italiano, a rappresentare il più grande punto interrogativo dei prossimi anni.
“C’è bisogno di un vero e proprio raccordo” di intenti “tra tutti”, insiste anche Vincenza Bruno Bossio, deputata della commissione Trasporti. Ormai alla sua seconda legislatura, la deputata dem sostiene la linea del ministro Giovannini secondo cui il PNRR è solo una parte del “finanziamento e del progetto in atto sullo sviluppo dell’Italia”. Complice la pandemia e le difficoltà socio economiche da essa scaturite, il Paese “sta affrontando quei nodi che non si sono affrontati” per anni, primo tra tutti il divario territoriale tra Nord e Sud. Cita l’esempio degli investimenti in infrastrutture che negli ultimi decenni è sempre stato orientato “all’80 per cento al Nord e meno del 20 al Sud“. Ora nei prossimi anni Bruxelles impone all’Italia di invertire questa mentalità e per la “prima volta ci si pone il problema di unificare l’Italia” proprio attraverso le infrastrutture.
Ma non ci sono solo le grandi infrastrutture a cui pensare sul lungo periodo. Mobilità locale ed elettrica sono i temi su cui l’Italia avrebbe dovuto insistere di più nel suo PNRR, ha sottolineato Eleonora Evi, eurodeputata dei Verdi europei e membro della commissione per l’Ambiente (ENVI). “Serve impegno più marcato nella mobilità elettrica, va investito di più”, spiega ricordando che nel piano di ripresa italiano sono stati mobilitati circa 740 milioni per le stazioni di ricarica di veicoli elettrici, “una cifra troppo contenuta se paragonata agli altri Paesi europei, come la Germania che ha deciso di investire ben 5 miliardi solo sul capito delle infrastrutture di ricarica”. Ricorda che è proprio dalla mobilità locale che proviene gran parte delle emissioni inquinanti provenienti dai trasporto per questo era “d’importanza prioritaria di intervenire sul trasporto locale prima di altri settori”. Come deputata del gruppo ecologista dei Verdi “stiamo esortando la Commissione Europea ad anticipare il divieto dei veicoli a combustione entro il 2030 invece del 2035″ come attualmente previsto dalla riforma del Fit for 55.
Il ‘Fit for 55’ presentato a luglio non è l’unica rivoluzione che terrà impegnata l’UE nei prossimi mesi. Pierpaolo Settembri, capo unità Coordinamento e pianificazione DG MOVE della Commissione Europea, ricorda che solo a dicembre arriveranno da parte dell’Esecutivo europeo tre nuove iniziative per la mobilità: la revisione reti transeuropee per l’energia TEN-E, la direttiva sui trasporti intelligenti e un nuovo quadro per la mobilità urbana. Un ruolo chiave in questo percorso di trasformazione lo avrà l’innovazione, dopo che il PNRR sta aiutando l’Italia ma anche tutti i Paesi europei a superare la storica criticità della mancanza dei fondi. C’è una “certa sensibilità del pubblico ad accogliere questa rivoluzione, i cittadini sono restii a pagare di più per avere un trasporto più sostenibile ma sono anche propensi a cambiare atteggiamento” cioè il modo in cui si muovono per fini ambientali, per ridurre anche nel piccolo la loro impronta ambientale.
Ed è proprio quello della micromobilità – ovvero l’impiego di mezzi di trasporto meno inquinanti di quelli tradizionali, come i monopattini elettrici o le biciclette – e della mobilità condivisa il tema “scottante” che dovrà essere affrontato dall’Italia per attuare questa trasformazione dei trasporti in “mobilità sostenibile”. “L’Italia ha il tasso di mobilità privata più alta d’Europa, circa 650 auto ogni 1000 abitanti”, ha ricordato Raimondo Orsini, direttore della Fondazione per lo Sviluppo sostenibile e Responsabile dell’Osservatorio nazionale Sharing mobility. “Serve nuova offerta di mobilità, perché se è vero che l’elettrificazione è determinate per ridurre le emissioni” la possibilità di ridurre l’impronta ambientale dei trasporti deve passare anche da altro. “Siamo abituati a pensare la mobilità come mobilità private”, ha aggiunto. Quando invece la pianificazione dell’Italia per realizzare gli obiettivi del PNRR dovrebbe essere in ottica multimodale.