Bruxelles – Il Parlamento Europeo è deciso a fare sul serio sullo stato di diritto. I deputati della commissione per gli affari legali (JURI) ieri sera (14 ottobre) hanno raccomandato al presidente David Sassoli di portare davanti alla Corte di Giustizia la Commissione europea per non aver ancora applicato il meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto, per legare i fondi del bilancio al rispetto dei valori comunitari, contro i trasgressori.
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Con 13 voti a favore, tre contrari e sei astensioni, la commissione parlamentare ha approvato la raccomandazione di cui è responsabile l’eurodeputato dei Verdi Sergey Lagodinsky in cui si afferma che il Parlamento dovrebbe presentare un ricorso alla Corte di Lussemburgo. Secondo gli eurodeputati, il meccanismo avrebbe dovuto essere già attivato nei casi più evidenti di violazione dello Stato di diritto nell’UE, lo strumento era una delle linee rosse invalicabili per l’Emiciclo per approvare il nuovo bilancio pluriennale.
“La riluttanza della Commissione non rende giustizia alla gravità della situazione”, commenta Lagodinsky. “Ecco perché il Parlamento ha deciso di citare in giudizio la Commissione per inerzia. La costante restrizione dei diritti fondamentali, delle libertà e dello stato di diritto mette a rischio la vita della democrazia europea e quindi dell’UE stessa. Le tendenze autoritarie in alcuni Stati membri minacciano l’uso legittimo dei fondi dell’UE e portano a un’ulteriore erosione dei valori europei fondamentali”.
La goccia che fa traboccare il vaso, per i deputati, è l’ultima provocazione della Polonia ai danni dell’Unione, con una sentenza della Corte Costituzionale che ha stabilito la scorsa settimana la supremazia delle leggi polacche su quelle europee. Nonostante le parole dure usate nei confronti di Varsavia, la Commissione si è dimostrata anche in questo caso riluttante ad attivare il meccanismo di condizionalità, quindi a intervenire per sospendere le risorse del bilancio dovute al Paese. Di fatto però Bruxelles tiene già “in ostaggio” i 36 miliardi di euro tra prestiti e sovvenzioni, richiesti nel piano nazionale di ripresa e resilienza polacco attraverso il Next Generation EU e minaccia di portare avanti la procedura ex articolo 7 del Trattato di Lisbona (la cosiddetta opzione nucleare) che in linea teorica permetterebbe di sospendere il diritto di voto a un Paese (finora mai applicata perché richiede l’unanimità al Consiglio).
“Con la decisione di citare in giudizio la Commissione, il Parlamento dimostra ancora una volta di prendere sul serio i diritti fondamentali dei cittadini e di non aver cancellato lo Stato di diritto nell’UE”, aggiunge l’eurodeputato. La raccomandazione del Parlamento è un chiaro messaggio politico ma non avrà valore legale fino a quando Sassoli deciderà se citare l’Esecutivo in giudizio oppure lasciar correre. Il procedimento è spiegato nell’articolo 149 del Regolamento del Parlamento Europeo e dà tempo al presidente fino al 2 novembre per prendere una decisione.
Intanto la prossima settimana, martedì 19 ottobre, il premier polacco Mateusz Morawiecki è atteso nell’Emiciclo di Strasburgo riunito in plenaria, insieme al capo dell’esecutivo europeo Ursula von der Leyen, per discutere della crisi dello stato di diritto in Polonia. E’ in quella occasione che la situazione potrebbe sbloccarsi, la presidente potrebbe decidere di annunciare l’attivazione del meccanismo o di nuove misure contro Varsavia, convincendo Sassoli a desistere. Ma la questione sarà informalmente anche sul tavolo dei capi di Stato e governo riuniti a Bruxelles dal 21-22 ottobre in un vertice che si preannuncia carico di tensioni.