Bruxelles – È passato ormai quasi un anno dall’entrata in vigore dell’accordo di divorzio tra l’Unione Europea e il Regno Unito, ma la questione Brexit continua a creare frizioni nei rapporti tra le due sponde della Manica. Ci prova ora la Commissione UE a gettare acqua sul fuoco, con la proposta di una serie di accordi per risolvere le difficoltà che stanno vivendo i cittadini dell’Irlanda del Nord sul fronte del commercio con la Gran Bretagna.
A seguito di diversi confronti nelle ultime settimane con la controparte britannica e con le istituzioni nord-irlandesi, il vicepresidente della Commissione UE per le Relazioni interistituzionali e le prospettive strategiche, Maroš Šefčovič, ha presentato oggi (mercoledì 13 ottobre) “la nostra autentica risposta alle preoccupazioni dei cittadini e delle imprese dell’Irlanda del Nord“, con l’obiettivo di trovare una “soluzione permanente concordata congiuntamente” insieme al governo britannico. “Tutto questo sarà fatto in stretta collaborazione e in costante dialogo con il Parlamento e il Consiglio Europeo”, ha assicurato Šefčovič in conferenza stampa. La proposta è contenuta in quattro testi non legislativi (non paper), che saranno discussi con la controparte britannica da venerdì (15 ottobre), quando il vicepresidente della Commissione farà visita a Londra.
Nel primo testo si parla di un abbattimento dell’80 per cento dei controlli dei certificati sanitari e fitosanitari degli alimenti, delle piante e degli animali, attraverso una serie di condizioni e salvaguardie per gli standard del Mercato Unico Europeo: la costruzione di posti permanenti di controllo alle frontiere, imballaggi specifici, un’etichettatura che indichi che le merci sono in vendita solo nel Regno Unito e un monitoraggio rafforzato delle catene di approvvigionamento. Nel caso in cui si verifichino problemi o violazioni da parte dei commercianti o delle autorità britanniche, si attiverebbero un meccanismo di reazione rapida e misure unilaterali UE. Segue poi la proposta di una riduzione del 50 per cento delle pratiche doganali (grazie alle condizioni poste dal primo testo), a patto che Londra si impegni a fornire un accesso “completo e in tempo reale” ai sistemi IT (tecnologia dell’informazione): “Si creerà una sorta di Express Lane per la circolazione delle merci dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord”, si legge nel testo, “fornendo allo stesso tempo un solido meccanismo di monitoraggio e protezione dell’integrità del Mercato Unico”.
Il terzo testo tratteggia un legame più forte tra l’Assemblea dell’Irlanda del Nord e l’Assemblea di partenariato parlamentare UE-Regno Unito, per rendere “più trasparente” l’applicazione del protocollo sull’Irlanda del Nord dell’accordo di recesso tra UE e Regno Unito e rafforzare la partecipazione dei partner nordirlandesi nelle riunioni dei comitati specializzati. E infine il quarto testo si concentra sulla “sicurezza ininterrotta” della fornitura di medicinali dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord. Vale a dire che Londra “può continuare a fungere da hub per la fornitura di farmaci generici” per Belfast e che le aziende farmaceutiche britanniche “possono mantenere tutte le loro funzioni normative”, nonostante questo implichi il fatto che “l’UE cambi le proprie regole sui medicinali“.
Secondo l’esecutivo comunitario “questo pacchetto di misure farà una reale differenza” per quanto riguarda la circolazione delle merci, ha commentato il vicepresidente Šefčovič. L’attenzione è stata posta sulle “flessibilità in materia di alimenti, salute delle piante e degli animali, dogane, medicinali e impegno con le parti interessate nordirlandesi”, ma anche sul fatto che “propone un modello diverso per l’attuazione del protocollo” sul piano del commercio tra Londra e Belfast. “È facilitato, ma con una serie di salvaguardie e una maggiore sorveglianza del mercato”, ha concluso Šefčovič, che ha ribadito anche che la bussola che guida la Commissione rimane tarata su “prevedibilità, stabilità e certezza per le persone e le imprese”.
Le difficoltà nel commercio post-Brexit
Le proposte dell’esecutivo comunitario hanno come obiettivo quello di trovare un compromesso sulle difficoltà riscontrate nell’attuazione del protocollo sull’Irlanda del Nord dell’accordo di recesso tra UE e Regno Unito (che è stato redatto per preservare l’unità dell’isola, secondo l’accordo del Venerdì Santo del 1998). La questione ruota attorno al periodo di grazia per il commercio nel Mare d’Irlanda, ovvero la concessione temporanea da parte delle autorità UE ai controlli dei certificati sanitari ai supermercati e fornitori britannici per il commercio di generi alimentari. Nel contesto post-Brexit i controlli servono per mantenere integro il Mercato Unico sull’isola).
Questa concessione – entrata in vigore provvisoriamente dall’inizio del 2021 con la firma dell’accordo di commercio e di cooperazione – sarebbe dovuta scadere lo scorso primo aprile. Ma con la decisione unilaterale di Downing Street dello scorso 3 marzo di estendere il periodo di grazia fino alla fine di ottobre, si era aperta la cosiddetta ‘guerra delle salsicce’ (diventate il simbolo dei prodotti refrigerati a rischio per la tratta commerciale dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord). Dopo aver lanciato una procedura di infrazione contro il Regno Unito per presunte violazioni del protocollo, lo scorso 30 giugno Bruxelles aveva deciso di concedere una proroga di tre mesi.
Offerto il dito, Londra si è presa tutto il braccio. A inizio settembre il governo guidato da Boris Johnson ha iniziato un pressing non solo per ridefinire la durata del periodo di grazia sui controlli dei certificati sanitari, ma anche per rinegoziare l’intero protocollo sull’Irlanda del Nord. Richiesta respinta al mittente dalla Commissione Europea per due volte: la prima a fine luglio dal vicepresidente Šefčovič – “non accetteremo nessuna revisione”, aveva tagliato corto – la seconda proprio in occasione della ripresa delle polemiche oltremanica un mese fa.
Le bordate da Londra
Già prima della presentazione della proposta della Commissione UE di oggi, da Londra erano piovute critiche rispetto a un altro punto del protocollo sull’Irlanda del Nord: il potere di arbitrato da parte della Corte di Giustizia dell’UE. “Il ruolo della Corte di giustizia e delle istituzioni dell’UE in Irlanda del Nord crea una situazione in cui non sembra esserci alcuna discrezione su come le disposizioni del protocollo vengono attuate”, ha attaccato il consigliere britannico per la Sicurezza nazionale, David Frost, ieri (martedì 12 ottobre) in un intervento a Lisbona. “La Commissione è stata troppo veloce a liquidare la governance come una questione secondaria”, ha aggiunto, portando come esempio la procedura di infrazione: “È arrivata al primo disaccordo, è evidente che questi accordi non funzioneranno nella pratica“.
Il braccio destro del premier Johnson ha cercato di smarcarsi dalle critiche per aver firmato lui stesso l’accordo (fino all’anno scorso era ex-capo negoziatore Brexit per il Regno Unito), sostenendo che “il protocollo è stato redatto in estrema fretta in un periodo di grande incertezza“. Ma non solo: “Dire che non può essere migliorato sarebbe un errore di valutazione storico”, ha incalzato Frost, prima di insinuare che per Bruxelles “turbolenze, distorsione del commercio e sconvolgimento della società” in Irlanda del Nord sono “forse persino un prezzo accettabile” da pagare per dimostrare che “la Brexit non ha funzionato”. Su tutte le altre proposte dell’esecutivo UE, Frost si è detto “disponibile a negoziare intensamente”.
Ma dalla Commissione Europea la porta rimane chiusa. “Entrambe le parti si sono impegnate con una firma”, ha ribadito il funzionario UE. Cancellare con un colpo di spugna il ruolo affidato alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea significherebbe non solo “compromettere il mantenimento dell’Irlanda del Nord nel Mercato Unico“, ma anche “aumentare l’instabilità, esattamente l’opposto di quello che vogliamo”. La Corte UE rimane “al centro del protocollo” ed è evidente che, nonostante il passo avanti di oggi da parte dell’esecutivo comunitario, la partita tra Londra e Bruxelles sul commercio in Irlanda del Nord è tutt’altro che chiusa.