Bruxelles – Nucleare come risposta all’aumento dei prezzi di gas ed elettricità in corso in Europa. La crisi energetica che scuote il Continente, porta alla ribalta un dibattito mai concluso sul ruolo dell’energia dell’atomo come fonte energetica a basse emissioni di carbonio. Mentre la Commissione Europea si prepara a presentare il suo “strumentario” per far fronte alla crisi, dai ministri dell’Economia e dell’Energia di Bulgaria, Croazia, Repubblica ceca, Finlandia, Francia, Ungheria, Polonia, Romania, Slovacchia e Slovenia arriva un nuovo appello, scritto e pubblicato come editoriale da alcuni grandi giornali europei, per includere il nucleare tra i criteri degli investimenti sostenibili e sottolineare il suo ruolo per la decarbonizzazione.
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Si torna a parlare di Tassonomia verde, il sistema di classificazione delle attività economiche sostenibili, su cui Bruxelles ancora non ha deciso se includere le infrastrutture del gas e il nucleare. Trovare un compromesso tra le tre Istituzioni su se inserire o meno il nucleare tra “gli investimenti verdi” si è rivelato impossibile durante i negoziati e dunque Stati membri e Parlamento hanno semplicemente ritardato la decisione su come classificare le tecnologie di “transizione” come il gas naturale e l’energia nucleare.
Ad aprile, la Commissione ha pubblicato un primo atto delegato riguardante le attività economiche da qualificare come un contributo alla mitigazione e all’adattamento ai cambiamenti climatici, ovvero i primi due dei sei obiettivi riconosciuti dalla Tassonomia, quelli più propriamente climatici. Da questa prima classificazione sono rimasti fuori i criteri di sostenibilità per gli investimenti che riguardano il gas e il nucleare, ma anche quelli riguardanti l’agricoltura in attesa di un accordo sulla politica agricola comunitaria (arrivato solo a giugno).Un secondo atto delegato complementare dovrebbe arrivare in questa seconda metà dell’anno, confermando o meno se il sistema di classificazione etichetterà come “verdi” anche gli investimenti per gas e nucleare. Il ritardo accumulato dalla Commissione si spiega con la forte pressione che sta subendo tanto dalle lobby industriali di gas e nucleare, quanto dagli Stati membri divisi su come considerarli.
A guidare la coalizione dei dieci Stati membri è la Francia, e la cosa non sorprende. Parigi continua a essere il principale produttore di energia nucleare in Europa con netto distacco dagli altri Paesi dell’UE. Solo una settimana fa il ministro francese delle finanze, Bruno Le Maire, ha rilanciato la tecnologia nucleare, invitando l’UE a non escluderla a priori. Le parole di Le Maire diventano un appello vero e proprio per includere il nucleare nei piani di Bruxelles per ridurre le emissioni di gas serra nei prossimi anni. “L’aumento dei prezzi dell’energia mostra anche quanto sia importante ridurre molto rapidamente la nostra dipendenza energetica dall’estero. Le tensioni nell’approvvigionamento energetico saranno sempre più frequenti. Non abbiamo altra scelta che diversificare le nostre fonti di approvvigionamento, facendo attenzione a non aumentare le nostre importazioni di energia”, concludono i ministri.
Una delle evidenze emerse da questa crisi è proprio che l’UE è troppo dipendente dagli Stati terzi, come la Russia per il gas. Ma se è vero che il nucleare è energia a basso impatto di CO2, le preoccupazioni di chi vi si oppone (come la Germania) riguardano la sicurezza e la difficoltà di smaltire i rifiuti radioattivi, che ancora oggi è un problema irrisolto in molti Paesi, compresa l’Italia. Stavolta il tempismo è decisivo e il fatto che la Commissione sia chiamata a decidere sul nucleare proprio quando è costretta a ripensare il mix energetico dell’Unione per rendersi meno dipendente, rende sempre più probabile che la scelta dell’Esecutivo ricada sull’apertura all’energia dell’atomo.