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    Home » Politica » La Corte Costituzionale della Polonia “abbandona” l’UE: Trattati “incompatibili” con la Carta nazionale

    La Corte Costituzionale della Polonia “abbandona” l’UE: Trattati “incompatibili” con la Carta nazionale

    Si inizia a parlare di "Polexit legale" a seguito della sentenza che messo in discussione i principi fondanti e l'integrità del diritto dell'Unione. Lo scontro tra Varsavia e Bruxelles riguarda il rispetto dello Stato di diritto e dell'indipendenza dei magistrati

    Federico Baccini</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@federicobaccini" target="_blank">@federicobaccini</a> di Federico Baccini @federicobaccini
    8 Ottobre 2021
    in Politica
    Corte Costituzionale Polonia

    Bruxelles – Ora lo scontro tra Polonia e Unione Europea è ufficialmente aperto e sul rispetto del primato del diritto comunitario si allunga l’ombra della Polexit. Nessuno a Bruxelles vuole davvero l’uscita della Polonia dall’Unione Europea, ma le provocazioni che arrivano da Varsavia sono diventate inaccettabili: la Corte Costituzionale della Polonia ha stabilito che alcune norme del Trattato (articoli 1 e 19)  e diverse sentenze dei tribunali dell’UE sono “incompatibili” con la legge fondamentale dello Stato polacco e che, di conseguenza, le istituzioni comunitarie “agiscono oltre i limiti delle loro competenze”.

    Tutto ruota attorno a uno dei pilastri dello Stato di diritto: l’indipendenza del sistema giudiziario. Il casus belli è la richiesta della Commissione UE – accolta dai giudici europei – di sospendere provvisoriamente le competenze della sezione disciplinare della Corte suprema della Polonia, a seguito di provvedimenti disciplinari arbitrari contro magistrati non graditi al governo di Mateusz Morawiecki. A metà luglio, proprio la Corte Costituzionale polacca aveva respinto il regolamento UE che permette alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea di pronunciarsi su “sistemi, principi e procedure” delle Corti polacche.

    Non avendo fornito una risposta adeguata sulle misure per conformarsi all’ordinanza della Corte UE entro il termine del 16 agosto, Varsavia era finita nel mirino dell’esecutivo comunitario. Il gabinetto guidato da Ursula von der Leyen un mese fa aveva inviato una lettera di messa in mora (il primo passo della procedura d’infrazione) alla Polonia e aveva richiesto ai giudici europei di imporre una penalità giornaliera al Paese fino a quando non si sarebbe allineato all’ordinanza: “La sezione disciplinare sta continuando alcune delle sue attività contro i giudici”, aveva denunciato Bruxelles.

    Quanto accaduto ieri (giovedì 7 ottobre) rimescola le carte in tavola. La sentenza accusa la Corte di Giustizia dell’UE di impedire alla Polonia di poter “funzionare come uno Stato democratico e sovrano” e di non riconoscere la Carta nazionale come “la legge suprema della Repubblica”. Secondo quanto stabilito dalla Corte Costituzionale polacca, le disposizioni dei Trattati UE che consentono di esaminare la regolarità delle procedure di nomina dei giudici e di rifiutare di riconoscerne la designazione o la destituzione “sono incompatibili con la Costituzione della Repubblica di Polonia“.

    The unlawful Constitutional Tribunal has just declared the fundamental provisions of EU Treaties unconstitutional. Here is the operative part of the decision. pic.twitter.com/RyJD0KbaD7

    — Rule of Law in Poland (@RULEOFLAWpl) October 7, 2021

    Varsavia ha assunto una posizione di intransigenza nei confronti di Bruxelles e mette in discussione i principi basilari dell’Unione stessa, che trovano fondamento nei Trattati su cui poggia la struttura comunitaria. Ecco perché questa sentenza viene percepita come un primo passo – non certo irreversibile, se si desse ascolto alle migliaia di giudici e pubblici ministeri polacchi che da mesi invocano il rispetto delle sentenze del Lussemburgo – verso una Polexit legale (nell’accezione di “relativo alla legge”), con conseguenze enormi sul piano dell’erogazione dei fondi europei al Paese e imprevedibili nell’ottica delle future relazioni con l’Unione.

    Nella serata di ieri è arrivata la dura reazione della Commissione Europea, che in un comunicato ha sottolineato le “serie preoccupazioni” sollevate dalla sentenza della Corte Costituzionale della Polonia. Il gabinetto von der Leyen ha ribadito quali sono i “principi fondanti dell’ordinamento giuridico dell’Unione“: il primato del diritto UE su quello nazionale, “comprese le disposizioni costituzionali”, e il vincolo di rispetto di “tutte” le sentenze della Corte di giustizia dell’UE per “tutte” le autorità degli Stati membri, “compresi i tribunali nazionali”.

    Non c’è spazio per fraintendimenti o concessioni, ma adesso Bruxelles dovrà decidere quali saranno i prossimi passi per rispondere alle provocazioni di Varsavia: “Non esiteremo a fare uso dei poteri ai sensi dei Trattati per salvaguardare l’applicazione uniforme e l’integrità del diritto dell’Unione”, ha specificato la Commissione, ricordando il suo ruolo a salvaguardia del “corretto funzionamento” dell’ordinamento giuridico comunitario. Un’ultima stilettata è arrivata invece sul rispetto dei Trattati: “L’UE è una comunità di valori e di diritto”, che protegge i diritti degli europei “indipendentemente dal luogo in cui vivono nell’Unione Europea“. Per non rispettare i principi che guidano l’Unione, si può solo uscirne.

    “Ho incaricato i servizi della Commissione di analizzare a fondo e rapidamente la sentenza“, ha confermato la presidente von der Leyen in una nota nella tarda mattinata di oggi (venerdì 8 ottobre). La leader dell’esecutivo UE ha sottolineato con forza che “i nostri trattati sono molto chiari” e che “tutti gli Stati li hanno sottoscritti come membri dell’Unione Europea”. L’attenzione ora è indirizzata sia verso i cittadini polacchi, perché continuino a godere dei “benefici garantiti dall’appartenenza all’UE”, sia verso le aziende di tutta l’Unione, “che fanno affari in Polonia” e che “hanno bisogno della certezza giuridica” che le regole comunitarie sono “pienamente applicate” nel Paese.

    La reazione del Parlamento Europeo

    Come già richiesto durante la sessione plenaria di metà settembre, il Parlamento Europeo ha esortato l’esecutivo UE ad applicare “immediatamente” il nuovo meccanismo di condizionalità dello Stato di diritto per quanto riguarda l’erogazione dei fondi del bilancio pluriennale alla Polonia. A comunicarlo sono stati i presidenti della commissione per il Controllo del bilancio (CONT), Monika Hohlmeier, della commissione Affari legali (JURI), Adrián Vázquez Lázara, delle Libertà civili (LIBE), Juan Fernando López Aguilar, relatore permanente per la Polonia

    “Con questa sentenza, la Polonia sta purtroppo dicendo addio al nostro ordine giuridico europeo”, ha messo in chiaro Hohlmeier. L’eurodeputata tedesca ha sottolineato che se Varsavia non accetta più gli atti giuridici comunitari, “è in discussione che possa ancora approfittare degli enormi finanziamenti dell’Unione“, in quanto primo beneficiario dei fondi di coesione dell’UE e il quarto dei fondi NextGeneration EU. Per Vázquez Lázara “la gravità della situazione richiede un’azione rapida da parte delle istituzioni europee”, che come ha messo in chiaro López Aguilar si tratta di “attuare il meccanismo di condizionalità dello Stato di diritto con effetto immediato” e di “avviare una procedura di infrazione contro la Polonia per aver violato i Trattati e sfidato il primato del diritto dell’UE”.

    Dai socialdemocratici ai popolari, fino ai liberali e ai Verdi, è netta la posizione della maggioranza dei gruppi politici al Parlamento Europeo nel condannare la sentenza della Corte Costituzionale della Polonia e nel richiedere l’attivazione del meccanismo di condizionalità sui fondi UE. All’opposto, i Conservatori e Riformisti Europei (ECR) si sono schierati a favore di Varsavia, compresa la presidente del partito europeo, Giorgia Meloni: “A chi chiede l’uscita della Polonia dall’UE va ricordato che la nostra Unione è stata creata dagli Stati membri per servirli e non viceversa”.

    Tags: corte costituzionale polaccacorte di giustizia dell'Ueindipendenza dei giudicipolexitPoloniastato di diritto

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