Bruxelles – Effetti limitati delle politiche europee in materia di protezione delle foreste dai cambiamenti climatici e dalla perdita di biodiversità. A denunciarli è l’ultima relazione speciale della Corte dei Conti europea pubblicata il 4 ottobre, osservando che sebbene le principali politiche dell’UE siano finalizzate a preservare la biodiversità e combattere il cambiamento climatico nelle foreste europee, il loro impatto è ancora troppo limitato.
Le foreste sono i più grandi pozzi di assorbimento di carbonio e ospitano il 90 per cento della biodiversità presente al mondo, ma soffrono di molte pressioni diverse, incluso il cambiamento climatico che come si è visto anche questa estate rende più frequenti incendi boschivi, siccità, tempeste, innalzamento del livello del mare ma anche comparsa di (nuovi) parassiti e malattie. Il rapporto dei revisori di Lussemburgo fa il punto sulla strategia forestale dell’UE dell’esercizio precedente (2014-2020) e sulle politiche chiave dell’UE in questo settore. A luglio 2021, nel quadro del pacchetto climatico Fit for 55, la Commissione Europea ha presentato una nuova strategia sulle foreste che dovrebbe seguire le raccomandazioni della Corte.
Si pone come obiettivo prioritario quello di piantare almeno 3 miliardi di alberi nuovi entro il 2030 nel Continente, ma il punto non è tanto la quantità, quanto la qualità. Le foreste europee vivono una condizione di paradosso per cui negli ultimi trent’anni è aumentata la superficie europea da queste ricoperta (oggi l’UE conta circa 180 milioni di ettari di foreste e altre aree boschive, che coprono il 45 per cento della sua superficie terrestre complessiva), ma il loro stato di conservazione è in continuo declino. La perdita di specie continua a essere un problema, come lo è il fatto che le foreste non sono ad oggi a prova di clima (cioè agli effetti del surriscaldamento terrestre) pur essendo di fatto un alleato importante per l’assorbimento della CO2.
Una prima risposta a chi chiede il perché di questo peggioramento è che in parte ci sono scarsi finanziamenti che gli vengono riservati dal bilancio europeo. Di molto inferiori, ad esempio, alle risorse che vengono destinate alle aree agricole che occupano più o meno la stessa superficie. I finanziamenti per la silvicoltura sono meno dell’1 per cento del bilancio della PAC (la Politica agricola comunitaria) e l’attenzione è posta soprattutto sul sostegno alle misure di conservazione e alle attività di piantumazione e ripristino delle superfici boschive. Il 90 per cento dei finanziamenti dell’UE per le foreste deriva dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), che però non garantisce maggiore biodiversità né maggiore resilienza ai cambiamenti climatici.
La Corte raccomanda per questo alla Commissione di migliorare questo contributo, rafforzare la lotta contro il disboscamento illegale e concentrare maggiormente sulla biodiversità e sulla lotta ai cambiamenti climatici le misure forestali adottate nell’ambito dello sviluppo rurale, anche quello del secondo pilastro della PAC. Proprio sulla nuova Politica agricola post 2020 (che rappresenta un terzo di tutto il bilancio comunitario 2021-2027), la Corte mette in evidenza che le proposte legislative lasciano agli Stati membri troppa flessibilità su come dare sostegno alla silvicoltura, senza quindi far nulla per colmare le lacune esistenti.
“Le foreste assolvono una pluralità di funzioni utili a fini ambientali, economici e sociali, per cui è in corso la fissazione di limiti ecologici, ad esempio, per l’utilizzo delle foreste a scopi energetici”, spiega Samo Jereb, il relatore della Corte dei conti europea responsabile per questo rapporto. “Le foreste possono servire da importanti pozzi di assorbimento del carbonio e aiutarci a ridurre gli effetti dei cambiamenti climatici (quali incendi boschivi, nubifragi, siccità) e del calo della biodiversità, ma questo solo se sono in buone condizioni. Spetta alla Commissione europea e agli Stati membri intensificare gli sforzi per assicurare la resilienza delle foreste”, conclude.