Bruxelles – Sono bastate meno di tre settimane perché le minacce UE facessero effetto. Delle cinque regioni in Polonia che rischiavano di perdere i fondi europei erogati attraverso il programma React-EU (iniziativa di assistenza alla ripresa per la coesione e i territori dell’Unione), quattro hanno già ritirato le risoluzioni con cui si erano dichiarate “zone libere da LGBT+”.
I voivodati di Lublino, della Piccola Polonia e della Precarpazia ieri (lunedì 27 settembre) hanno seguito l’esempio di quello della Santacroce, che la scorsa settimana aveva annullato la risoluzione con cui dal 2019 è stato dato un giro di vite sui diritti delle persone LGBT+. Ora all’appello manca solo il voivodato di Łódź, la cui Assemblea non si è ancora espressa con un voto sull’annullamento delle misure. Tutte e cinque le amministrazioni regionali sono guidate dal partito Diritto e Giustizia (PiS), che esprime la maggioranza al Sejm (la Camera bassa del Parlamento nazionale) e di cui fa parte il primo ministro, Mateusz Morawiecki.
Negli ultimi due anni in Polonia sono state circa 100 le regioni, città e paesi che si sono dichiarati “zone libere dall’ideologia LGBT”: insieme coprono una superficie pari a un terzo del Paese, in territori con una forte tradizione cattolica. A luglio la Commissione Europea aveva minacciato le cinque grandi regioni polacche di annullare l’erogazione dei 126 milioni di euro previsti nell’ambito del programma di assistenza alla ripresa. Per l’esecutivo comunitario le azioni intraprese “minano le garanzie del rispetto del principio di non discriminazione nell’attuazione dei programmi dei fondi strutturali“.
Il ministro della Giustizia polacco, Zbigniew Ziobro, ha definito la decisione del gabinetto von der Leyen un “ricatto” contro Varsavia. Proprio sulla questione delle “zone libere da LGBT+”, la Commissione Europea aveva avviato lo scorso 15 luglio una procedura d’infrazione contro la Polonia, attraverso l’invio di una lettera di messa in mora che definiva le risoluzioni una “violazione dei diritti umani“.