Il passaggio estivo di Lionel Messi dal Barcellona al Paris Saint-Germain è stato solamente un altro dei motivi che dimostra come il calcio viva in un universo in cui le regole possono essere fatte e disfatte in qualsiasi momento. Tralasciando gli “spaventosi” 110 milioni di euro netti che l’asso argentino percepirà in tre anni con la maglia del PSG, il Barcellona è stato costretto a lasciar partire il giocatore. Motivo? È stato il presidente del Barcellona, Joan Laporta, a dichiararlo: “Voleva rimanere ma non è stato possibile. Il fairplay finanziario non ci ha permesso di iscrivere Leo. Per rientrare nei parametri richiesti dalla Lega avremmo dovuto ipotecare il futuro di un’istituzione con oltre 120 anni di storia per quanto riguarda i diritti televisivi per i prossimi 50 anni. Non potevamo permetterlo”.
Maledetto fair play, è scritto tra le righe delle dichiarazioni di Laporta. I club, infatti, quando si tratta di giustificare un affare che va contro il sostegno del popolo, si accaniscono proprio contro le decisioni economiche decise dalle leghe fermo restando poi nel correggersi e dichiarare, come nel caso del Barcellona, che “il Barça rimane al di sopra di ogni cosa, anche del migliore calciatore del mondo”. Alcuni soci del club catalano avevano però presentato un esposto alla Commissione europea chiedendo di bloccare il passaggio del calciatore al PSG. Il club parigino sostenuto dai petroldollari dello sceicco Al Thani, è accusato di violare palesemente il fair play finanziario della UEFA, sulla carta un regolamento atto a salvaguardare la stabilità finanziaria delle società di calcio del Vecchio Continente.
Il costo della rosa nella stagione 2020 era stato di 460 milioni di euro (in rialzo rispetto ai 348 milioni del 2019) oltre agli ammortamenti di 161.5 milioni. I ricavi al 30 giugno 2020 erano passati dai 700 milioni del 2019 ai 570 del 2020. Il Covid-19 aveva poi inflitto al club una perdita ulteriore di 175 milioni, anche se il patrimonio è rimasto in positivo grazie all’aumento di capitale deciso dalla Qatar Sports Investments che è proprietaria del club. Ecco, quindi, che oltre a Messi sono arrivati in estate anche Sergio Ramos, Gigio Donnarumma e Achraf Hakimi. Il tetto agli stipendi in rapporto al fatturato è stato quindi “aggirato” ancora una volta grazie al fondo sovrano dello sceicco che investe nei club. E se ci aggiungiamo che dopo il “pasticcio” della Super Lega, la presidenza dell’ECA (l’associazione dei club europei) è passata da Andrea Agnelli a Nasser Al-Khelaifi presidente del PSG e proprietario della suddetta Qatar Sports Investments, sembra evidente come il “Football Earning Rules” (il fair play finanziario dell’UEFA) sia di fatto un’opzione relativa.
Intanto, Messi al PSG non ha ancora segnato e, anzi, l’infortunio del momento ne pregiudica la presenza anche nel prossimo impegno contro il Manchester City. I pronostici sulla prossima giornata di Champions League vedono i parigini sfavoriti per la vittoria, proprio per la possibile assenza della pulce e perché, nonostante una serie di risultati positivi e il netto dominio in campionato, i malumori in casa PSG iniziano a trapelare tra chi non gioca, chi viene sostituito (come Messi con il tecnico Pochettino) e chi non riceve palla dai compagni, come l’ultimo sfogo di Mbappé nei confronti di Neymar.