Peggio di così, viste da Bruxelles, le elezioni tedesche non potevano andare. I socialdemocratici a Berlino festeggiano il sostanziale incremento in voti ed il solido sorpasso sulla CDU-CSU, dove invece ci si leccano le ferite per una sconfitta storica, mentre i Verdi e i liberali ancora brindano per essere diventati aghi della bilancia. La buona notizia è solo che gli estremisti anti euro e forse anche un po’ filo nazisti dell’AFD hanno perso voti. La sinistra Linke nel momento in cui scriviamo sembra essere sotto il 5 per cento, ma entrerà lo stesso in Parlamento con quasi 40 deputati grazie allo “sblocco” dovuto all’aver ottenuto l’elezione diretta di suoi candidati in alcuni collegi. I conti precisi sono ancora da fare.
I conti dei deputati sono ancora provvisori, ma un dato emerge certo: l’unica maggioranza numerica davvero solida sarebbe un riedizione dell’alleanza tra CDU-CSU e SPD, le altre al momento sembrano fragili, comprendono un numero di partiti superiore a due, il che sarebbe una novità totale in Germania, il che vuol dire che andrebbe prima “regolata” come fenomeno, prima ancora di passare alla fase delle complesse intese programmatiche.
Popolari e socialdemocratici però al momento non si parlano, anzi, ad urne ancora calde rivendicano ambedue la guida del governo (e, sinceramente, non si capisce su che base lo facciano i popolari, sonoramente battuti e senza un’alleanza alternativa pronta da sbattere in faccia all’SPD).
Dunque, come scrivemmo già tempo fa, Angela Merkel resterà cancelliera ancora a lungo, nessuna previsione vede un nuovo governo prima della fine dell’anno, bene che vada. Anzi, c’è il rischio che Merkel sia presente come capo del governo alla cerimonia inaugurale della presidenza di turno francese dell’Unione, a inizio anno prossimo.
Rischio, sì. Questa è la parola giusta, perché Merkel sarà solo una cancelliera dimezzata, con poteri di ordinaria amministrazione, che rischia di restare tale per mesi e mesi, nella speranza poi che la sua sospensione non si sovrapponga all’avvio della fase elettorale vera e propria in Francia, per le presidenziali di aprile. Perché allora sì il disastro sarebbe completo.
Perché senza la Germania nell’Unione europea non si prendono decisioni importanti, di fatto si gestisce il giorno per giorno, si potranno comprare altre centinaia di milioni di dosi di vaccini, sì, si potrà continuare a discutere qualche direttiva minore, sì, si potrà continuare a fantasticare di difesa europea, sì, ma non si toccherà palla sul Patto di Stabilità che tanti vorrebbero veder ammodernato per quando tornerà pienamente in vigore (sembra a inizio 2023, ma non è certo). Non si parlerà di Unione bancaria, di relazioni con la Cina, con la Russia. Si resterà sul vago un po’ su tutti i temi aperti, si dovrà temporeggiare.
Si resta insomma appesi qui a Bruxelles dove è importante sì chi vince le elezioni, ma dove forse è ancora più importante che qualcuno le vinca e governi stabilmente, senza troppe frizioni con gli alleati, per un congruo periodo di tempo.