Bruxelles – L’aumento dei prezzi del gas fossile non è dovuto alla transizione energetica, ma riflette altre dinamiche del mercato globale dell’energia. L’Agenzia internazionale dell’energia (AIE) cerca di mettere un punto alle preoccupazioni crescenti negli Stati membri sull’aumento dei prezzi del gas e dell’elettricità che spingono le bollette, temendo ulteriori costi della transizione ecologica avviata dall’Unione Europea in nome del Green Deal.
“I recenti aumenti dei prezzi globali del gas naturale sono il risultato di molteplici fattori, ed è impreciso e fuorviante attribuire la responsabilità alla porta della transizione verso l’energia pulita”, ha affermato il direttore esecutivo dell’AIE, Fatih Birol, in una nota pubblicata ieri (21 settembre). Tra questi la forte ripresa della domanda (dopo mesi di stallo dovuti alla pandemia) e un’offerta più limitata del previsto, nonché da diversi fattori legati alle condizioni meteorologiche come una stagione di riscaldamento particolarmente fredda e lunga in Europa lo scorso inverno e una disponibilità di energia eolica inferiore al solito nelle ultime settimane.
Secondo l’analisi dell’AIE, nelle ultime settimane i prezzi dell’elettricità in Europa sono saliti ai livelli più alti da oltre un decennio, superando i 100 euro per megawattora in molti mercati. “In Germania e Spagna – si legge – i prezzi a settembre sono stati circa tre o quattro volte le medie osservate nel 2019 e nel 2020”. Un aumento che secondo l’Agenzia internazionale è stato guidato dall’aumento dei prezzi del gas, del carbone e del carbonio in Europa, portando più di un fornitore di energia elettrica in diversi mercati europei a passare dal gas al carbone per la produzione di energia.
Ma l’AIE si sofferma anche sul ruolo della Russia come principale esportatore di gas naturale, petrolio greggio e carbon fossile in Europa (circa il 26 per cento delle importazioni di petrolio e il 40 per cento delle importazioni di gas verso l’UE). Per il momento Mosca sta adempiendo ai suoi contratti a lungo termine con le controparti europee, “ma le sue esportazioni in Europa sono diminuite rispetto al livello del 2019”, commenta l’AIE sollecitando il Cremlino a “fare di più per aumentare la disponibilità di gas in Europa e garantire che lo stoccaggio sia riempito a livelli adeguati in preparazione della prossima stagione invernale di riscaldamento. Questa è anche un’opportunità per la Russia di sottolineare le sue credenziali come fornitore affidabile per il mercato europeo”, chiosa l’Agenzia.
Rendersi più affidabile, l’appello arriva nel momento in cui l’Europa sta per diventare sempre più energeticamente (e geopoliticamente) dipendente da Mosca attraverso il Nord Stream 2, il controverso gasdotto di cui da poco si è conclusa la costruzione e che andrà a raddoppiare il gas naturale in arrivo in Germania (e Europa) attraverso il Mar Baltico. Parliamo di circa 110 miliardi di metri cubi di gas che consentono a Mosca di trasportare il gas in Europa senza passare per via terrestre attraverso l’Ucraina, come faceva prima, indebolendone la posizione strategica.
La transizione è la soluzione e non la causa del problema, in sostanza l’AIE ribadisce quanto già affermato in precedenza dal vicepresidente esecutivo Frans Timmermans secondo cui solo 1/5 dell’aumento dei prezzi è da ricondurre alla crescita dei prezzi delle quote di CO2 messe all’asta nel sistema ETS. Per molti Stati membri, la Commissione Europea sta però minimizzando il problema dell’aumento dei prezzi dell’energia che con l’introduzione del pacchetto sul clima ‘Fit for 55’ – che prevede tra l’altro l’estensione dell’ETS anche a trasporti ed edifici – potrebbero diventare ciclici. La Spagna ha chiesto di portare il tema del prezzo dell’energia sul tavolo dei capi di Stato e governo che si riuniranno il 21 e 22 ottobre a Bruxelles, ma intanto il tema sarà affrontato oggi e domani dai ministri dell’Energia dei Ventisette riuniti in un Consiglio informale in Slovenia (presidente di turno) dedicato alla prima vera discussione sul pacchetto sul clima.