Bruxelles – Così non va. Serve maggiore convinzione, e serve ora, senza indugi. Data la situazione, e i tanti moniti di esperti e comunità scientifica, “la nostra azione dovrebbe essere immediata, rapida e su larga scala”. Mario Draghi vuole salvare l’Europa una seconda volta. Messa al riparo dalla crisi economica ai tempi in cui sedeva sulla poltrona più importante della BCE, ora vuole schermarla dalla crisi climatica, assieme al resto del mondo. “Se non agiamo per ridurre le emissioni di gas serra, non saremo in grado di contenere il cambiamento climatico al di sotto di 1,5 gradi”, il monito del presidente del Consiglio in occasione dei lavori dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
A New York Draghi invita al coraggio, e fa del Paese un modello, un ruolo guida. “L’Italia farà la sua parte. Siamo pronti ad annunciare un nuovo impegno economico per il clima nelle prossime settimane”. Non dice di più, crea aspettative perché “c’è una grande aspettativa sulla nostra leadership da parte delle giovani generazioni”, non solo italiane. “Il nostro successo verrà misurato sulla nostra capacità di rispondere alle loro istanze con azioni ambiziose“.
Ambizione è la parola chiave dell’intervento di Draghi. Quello che è mancato finora. “Noi tutti dobbiamo non soltanto fissare degli obiettivi a lungo termine, ma anche allineare le azioni concrete a breve termine“. Parla ai partner dell’Unione europea, troppo spesso in ordine sparso e con troppo ‘distinguo’, ma parla anche a Paesi terzi ‘di peso’, poiché “l’Unione europea oggi è responsabile soltanto dell’8% delle emissioni globali”. Un modo per chiamare in causa Cina, Stati Uniti, Russia, India. Attori che possono giocare un ruolo fondamentale nella lotta ai cambiamenti climatici.
Ricorda gli allarmi del comitato scientifico intergovernativo per i cambiamenti climatici che fa capo all’ONU, l’IPCCC, quindi cita “studi recenti” che mostrano “la profonda interconnessione fra produzione di energia, emissioni di gas serra e cambiamenti climatici”. Un chiamata alla responsabilità, e ad un cambio di passo. “Le politiche attuali sono insufficienti per permettere alle emissioni di energia mondiali di ritornare ai livelli del 2019 entro il 2022, e di continuare a crescere dopo il 2030″, denuncia il presidente del Consiglio. “Questa tendenza è ben lontana dalla traiettoria necessaria ad azzerare le emissioni nette entro il 2050”.