Bruxelles – ‘It’s the economy, stupid’! L’ultimo dibattito elettorale in Germania, tenutosi ieri sera (19 settembre) tra il social-democratico Olaf Scholz, il cristiano-democratico Armin Laschet e la verde Annalena Baerbock, si è giocato quasi tutto su tematiche economiche perché, come dimostrò Bill Clinton nel 1992, è su queste che si vincono le elezioni. Completamente assenti politica estera ed europea, con l’UE che è stata marginalmente citata in due occasioni dal solo Laschet.
Come nei due dibattiti precedenti, il vincitore è stato il leader social-democratico. Secondo un sondaggio Forsa, il 42 per cento dei telespettatori ha incoronato Scholz come candidato più convincente, seguito dal 27 per Laschet e dal 25 per Baerbock. Il segretario della SPD, attuale vice-cancelliere e ministro delle Finanze del governo di Angela Merkel, ha rivendicato le misure di contrasto alla pandemia e l’introduzione del salario minimo orario a 9,50 euro. La sua principale proposta è di alzarlo a 12, trovando in questo, come peraltro in quasi tutte le discussioni in campo economico, l’appoggio di Baerbock. Scholz ha esplicitamente dichiarato che intende formare una coalizione con i Verdi e di auspicare che, dopo 16 anni di ininterrotto governo, la CDU sieda all’opposizione. Tuttavia, ha affermato che dopo le elezioni di domenica 26 settembre aprirà consultazioni con tutti i partiti, con la sola esclusione dell’estrema destra di Alternative für Deutschland (AfD).
Armin Laschet è apparso più pacato e rilassato delle ultime due occasioni e ha rilanciato la sua agenda liberista in economia. Il suo partito si oppone all’aumento del salario minimo (“Credo sia qualcosa che debba essere discusso tra imprese e sindacati, in cui la politica non deve entrare”) e all’aumento delle tasse sui redditi più alti, che è invece proposto dai rosso-verdi. Il leader cristiano-democratico ha adottato un approccio più muscolare dei suoi rivali in tema di sicurezza interna, sostenendo che gli immigrati considerati particolarmente pericolosi dall’intelligence dovrebbero essere espulsi dal Paese. Pochi giorni fa il tema è tornato di grande attualità dopo la notizia di un attentato sventato in una sinagoga del Nord-Reno Vestfalia, il Land guidato dallo stesso Laschet.
Un’ampia parte del dibattito è stato dedicata alla questione climatica. Baerbock ha accusato i propri rivali di non aver fatto abbastanza negli ultimi 8 anni di governo di Grande Coalizione, e ha detto che il prossimo governo federale dovrà essere “un governo del clima”. La candidata verde propone che il 2 per cento della superficie nazionale sia destinata a pale eoliche, che ogni nuova casa sia dotata di un impianto fotovoltaico e che le nuove auto a combustione siano vietate a partire dal 2030. Più cauti Scholz e Laschet, con il primo che sostiene che si sbagliano coloro che immaginano un mondo basato sulla sola green economy, mentre il secondo accusa i Verdi di aver passato gli ultimi 20 anni a combattere il nucleare, dimenticandosi che la Germania brucia ancora carbone. Dichiarazione che ha stupito, dal momento che già dal 2011 Angela Merkel ha iniziato il processo di chiusura delle centrali atomiche tedesche.
L’ultimo dibattito conferma le impressioni delle ultime settimane, con i social-democratici saldamente in testa, i cristiano-democratici a rincorrere e i Verdi in leggero ma costante declino, dopo che erano stati in testa ai sondaggi fino a pochi mesi fa. Le ultime rilevazioni vedono in testa la SPD con il 26 per cento, seguita dalla CDU al 21, dai Verdi al 16, dai liberali di FDP e AfD all’11 e dall’estrema sinistra della Linke al 6. Con questi numeri social-democratici e Verdi dovrebbero trovare un terzo partner di coalizione: sui temi sociali sembrano più affini alla Linke, che è però un alleato scomodo per via delle radicali posizioni in campo internazionale (richiede l’uscita della Germania dalla NATO). Più probabile un accordo con i liberali, con cui però andrebbero limate le ampie distanze in campo economico. La CDU tenta una rimonta ma, sebbene non si possa escludere un ritorno della Grande Coalizione magari allargata ai Verdi, potrebbe finire all’opposizione per la prima volta dal 2005.