Sono ancora incerti i dati sull’impiego di animali nei laboratori per i test di prodotti cosmetici in Europa e nel mondo. Ció che é certo peró é che dal 2004 l’Unione Europea ha bannato la sperimentazione animale per prodotti cosmetici e qualche anno dopo anche la loro circolazione nel mercato comunitario. Recentemente però, l’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (ECHA) avrebbe chiesto di modificare la normativa che regola tale divieto per poter ottenere il via libera alla sperimentazione di ingredienti di uso cosmetico su animali come topi e conigli. L’iniziativa ha scatenato la reazione di migliaia di cittadini europei, organizzazioni per la tutela dei diritti degli animali capitanate da PETA e numerosi brand cruelty-free, tra cui Dove e The Body Shop.
In poco tempo oltre 120 mila cittadini europei hanno firmato la petizione online lanciata da PETA sul portale dell’Unione Europea per fermare la sperimentazione animale e le modifiche alla normativa vigente a tutela degli animali. L’iniziativa “Per un’Europa senza test sugi animali” si prefigge di mobilitare almeno un milione di cittadini europei entro il 31 agosto 2022 e lanciare cosí un messaggio forte alle autoritá comunitarie. Attraverso la petizione i consumatori europei chiedendo infatti alla Commissione di mantenere il divieto totale precedentemente imposto, trasformare la normativa europea in materia di sostanze chimiche e modernizzare la ricerca scientifica con l’obiettivo di eliminare gradualmente tutti i test sugli animali nell’UE prima della fine dell’attuale mandato. Al momento oltre l’80% delle migliaia di firme raccolte proviene dalla Finlandia, seguita da Olanda, Polonia, Germania e Svezia.
Alla petizione cittadina si aggiunge anche la lettera di PETA e centinaia di brand cruely-free indirizzata al Parlamento, al Consiglio e alla Commissione europei in cui si criticano le autoritá comunitarie per aver infranto il divieto imposto dal Regolamento sui Cosmetici e aggirato la normativa vigente in materia di sperimentazione animale. Secondo i firmatari inoltre, l’approccio dell’ECHA e della Commissione Europea sarebbero in netto contrasto con l’appello del Parlamento Europeo alla comunitá internazionale. E avrebbero conseguenze sui cittadini che vogliono astenersi dall’acquisto di prodotti non cruelty-free.
Nel 2018 infatti, il Parlamento Europeo aveva avviato un’iniziativa diplomatica per chiedere alla comunitá internazionale non solo il divieto globale di sperimentazione dei prodotti cosmetici sugli animali entro il 2023, ma anche la creazione di un’apposita convenzione internazionale nel quadro delle Nazioni Unite. La risoluzione legislativa era stata approvata in parlamento con 620 voti favorevoli, 14 contrari e 18 astensioni. Giá allora un sondaggio realizzato da Eurobarometer in 28 Paesi europei aveva evidenziato che per il 90% dei cittadini europei sarebbe stato importante stabilire degli standard mondiali in materia di benessere e di tutela degli animali. L’analisi rivelava inoltre che l’89% dei cittadini riteneva necessaria una maggiore azione di sensibilizzazione da parte dell’UE su questi temi.
Come si legge in una nota stampa della Commissione Europea alla vigilia del divieto totale di sperimentazine dei cosmetici sugli animali, tra il 2007 e il 2011 l’EU aveva giá stanziato circa 238 milioni per “sostenere la ricerca e l’innovazione in questo settore promovendo allo stesso tempo il benessere degli animali in tutto il mondo”. In una recente indagine condotta dall’organizzazione benefica FRAME con l’intento di mappare gli atteggiamenti e la percezione pubblica sul tema si evince inoltre che oltre l’80% dei cittadini europei non comprerebbe prodotti per la cura della persona e della casa se sapesse che questi sono stati testati sugli animali.
Nonostante il divieto europeo, i risultati incoraggianti dei sondaggi ai cittadini e i fondi europei stanziati per la ricerca di metodi alternativi alla sperimentazione animale, sono ancora moltissimi i brand che continuano a testare i loro prodotti cosmetici sugli animali all’estero per poi popolare gli scaffali dei negozi e delle profumerie di tutta l’UE. Per fare luce sulle tante ombre che avvolgono la vicenda normativa e che toccano da vicino molti dei piú noti marchi attualmente in commercio, PETA e altre organizzazioni per la tutela dei diritti degli animali hanno iniziato a rendere pubblici i risultati delle loro inchieste. Il programma “Global beauty without bunnies”, ad esempio, mette a disposizione del consumatore un database di brand del mondo della cosmesi e non solo, premettendogli cosí di individuare i marchi cruelty-free e distinguergli da quelli che praticano test sugli animali. Un passo avanti per incoraggiare scelte di acquisto consapevoli.