Bruxelles – Il Parlamento europeo contro la Polonia. O meglio, tutto il Parlamento Europeo tranne i gruppi delle destre di Identità e Democrazia (ID) e dei Conservatori e Riformisti Europei. Con la risoluzione approvata oggi (giovedì 16 settembre) con 502 voti a favore, 149 contrari e 36 astenuti, i due terzi dell’Aula degli eurodeputati hanno chiesto alla Commissione europea di attivare il meccanismo di condizionalità sul rispetto dello Stato di diritto per l’erogazione dei fondi del bilancio pluriennale UE a Varsavia. Il governo polacco è nel mirino di Bruxelles per gli attacchi alla libertà di stampa, all’indipendenza dei giudici e ai diritti delle comunità LGBT+.
I gruppi del PPE, S&D, Renew Europe, Verdi/Ale e della Sinistra hanno accolto con soddisfazione la decisione dell’esecutivo UE di inviare una lettera di messa in mora (primo passo della procedura d’infrazione) alla Polonia, per non essersi conformata alla sentenza della Corte di Giustizia del 15 luglio sul regime disciplinare dei giudici. Tuttavia, da più eurodeputati è stato fatto notare che i tempi sono stati eccessivamente lunghi e che, se non si agirà con più celerità, la situazione nel Paese continuerà a peggiorare su tutti i fronti. Lo dimostra, per esempio, la proposta di legge del governo guidato da Mateusz Morawiecki, che vorrebbe proibire alle società non-europee di possedere quote di maggioranza nei media polacchi: la legge è stata respinta dal Senato e ora tornerà alla Camera, ma continua a preoccupare Bruxelles.
“I cittadini polacchi si aspettano risposta seria dall’Unione Europea, perché non c’è Stato di diritto se i media vengono intimiditi e i giudici minacciati”, ha attaccato la vicepresidente del Parlamento UE, Roberta Metsola (PPE). “È giusto intraprendere queste azioni di risposta, perché il progetto comune è forte se lo sarà anche la difesa dei nostri valori”, ha aggiunto l’eurodeputata maltese. Più duro il presidente della commissione per le Libertà civili, Juan Fernando López Aguilar (S&D): “Quello a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi è un attacco sprezzante all’intera Unione“. Il socialdemocratico spagnolo ha fatto riferimento sia allo scontro tra la Corte Costituzionale di Varsavia e la Corte di Giustizia dell’UE, ma anche alle violazioni dei diritti delle comunità LGBT+, ricordando “l’importante decisione” di sospendere l’erogazione dei fondi del programma React-EU a cinque regioni polacche che si sono dichiarate “zone libere da LGBT”.
Per Michal Šimečka (Renew Europe) “il tempo del dialogo è finito” e “se Varsavia non cambierà atteggiamento, l’attivazione del meccanismo di condizionalità sul rispetto dello Stato di diritto ricorderà che i valori europei valgono ancora“. L’eurodeputata tedesca Terry Reintke (verdi/ALE) ha sottolineato che “i cittadini polacchi non meritano solo la nostra solidarietà, ma anche protezione” e che “lo Stato di diritto non è un concetto astratto, ma la lotta di ogni singola persona”. Dal gruppo della Sinistra, Konstantinos Arvanitis si è detto “particolarmente preoccupato, perché ciò che accade in Polonia colpisce il cuore delle nostre democrazie”. Per l’eurodeputato greco, “i cittadini polacchi hanno la libertà di votare chi vogliono, ma noi dobbiamo sostenere chi crede nella democrazia“.
Lo scontro con le destre si è acceso con gli interventi di Nicolaus Fest (ID) e Jadwiga Wiśniewska (ECR). L’europarlamentare tedesco ha accusato di ipocrisia tutto l’emiciclo, dal momento in cui – a suo avviso – “non in un solo Paese membro non c’è propaganda attraverso i mezzi di informazione e non viene fatta pressione sui media da parte dei rispettivi governi”. Ecco perché, “non è solo Varsavia ad avere un problema, ma tutta l’Unione“. Wiśniewska (esponente del partito di governo polacco, Diritto e Giustizia) ha attaccato i colleghi per “averci escluso da questa relazione ingiusta”. A sentire le parole dell’eurodeputata, non solo in Polonia “i media sono liberi e non c’è nessun problema in materia di libertà di parola e di indipendenza dei giudici”, ma non esisterebbero nemmeno le “zone libere da LGBT”.