Bruxelles – Parlamento chiama, Commissione risponde: le istituzioni europee dicono basta allo sfruttamento dei lavoratori da parte delle piattaforme digitali. Con il dibattito in plenaria di ieri (lunedì 13 settembre) sulle condizioni di lavoro dei rider, l’Eurocamera ha stabilito un’intesa con l’esecutivo UE per intervenire contro discriminazioni, abusi, procedure di inquadramento e algoritmi non trasparenti di questo mercato del lavoro emerso con forza con lo scoppio della pandemia COVID-19. Entro la fine dell’anno il gabinetto guidato da Ursula von der Leyen presenterà una proposta di quadro normativo, sulla scorta delle indicazioni ricevute dagli eurodeputati.
La relazione presentata dall’europarlamentare francese Sylvie Brunet (Renew Europe) si è concentrata sulla necessità di garantire condizioni di lavoro eque, diritti e protezione sociale per i lavoratori delle piattaforme. Tutto è partito dal vertice sociale di Porto, che “ci ha permesso di identificare le priorità del pilastro dei diritti sociali nell’ambito del mondo del lavoro”, ha spiegato la relatrice. E di priorità si è parlato in Aula: “Prima di tutto serve un accesso rafforzato alla protezione sociale“, vale a dire indennità nel caso di incidenti, malattie o infortuni sul lavoro. Ma anche condizioni di lavoro eque e trasparenti, che per Brunet devono essere “garantite dalle piattaforme attraverso informazioni trasparenti”, compresi i metodi di calcolo dei prezzi e dei compiti dei lavoratori. “Se ci sono modifiche, si deve poter presentare ricorso anche grazie allo sviluppo della rappresentanza collettiva“, ha aggiunto.
Per quanto riguarda l’aspetto dell’inquadramento lavorativo, per gli eurodeputati non si può continuare con il gioco al ribasso. “È necessaria una maggiore certezza del diritto e relazioni di lavoro inquadrate con procedure chiare per tutti”, ha affondato la relatrice. La chiave di volta è rappresentata dall’inversione dell’onere della prova: “Se si contesta lo statuto lavorativo, sarà il datore di lavoro che dovrà dimostrare l’inesistenza di un contratto di lavoro dipendente”, ha sintetizzato Brunet. Gli eurodeputati non vogliono più che si configuri “un terzo status incerto per i lavoratori delle piattaforme”, che “devono avere protezione personale adeguata quando fanno trasporti e consegne e il diritto a disconnettersi dalla piattaforma senza subire conseguenze negative”.
Un ultimo aspetto coinvolge le politiche trasparenti, etiche e non discriminatorie degli algoritmi – che “devono essere implementati non a scapito dei diritti sociali” – e lo sviluppo delle competenze dei lavoratori: “Le piattaforme devono garantirle in merito all’uso del sito, ai compiti, alla salute e sicurezza”, permettendo ai meno qualificati di “aumentare la loro possibilità di occupazione futura”, ha puntualizzato Brunet.
È stato il commissario europeo per il Lavoro e i diritti sociali, Nicolas Schmit, a confermare le sinergie con il Parlamento UE e l’impegno dell’esecutivo comunitario in questi ultimi mesi del 2021: “Entro fine anno presenteremo una proposta che troverà ispirazione nel vostro lavoro“. Per il membro del gabinetto von der Leyen “questa relazione si iscrive in una nuova logica, quella dello sviluppo economico digitale”. Si tratta di “attività che corrispondono a una richiesta reale dei cittadini”, ma “saranno soprattutto i giovani a seguire i nostri lavori e le nostre conclusioni“, ha aggiunto.
Il commissario Schmit ha sottolineato il fatto che “oggi vediamo molti di loro sfrecciare nelle città in bici o in moto, ma se si trovano coinvolti in incidenti non hanno nessuna tutela”. Ecco perché la Commissione Europea si è assunta l’impegno di “sviluppare l’economia digitale, ma nel rispetto delle norme di protezione sociale, del diritto del lavoro“, come ha dimostrato il lavoro di consultazioni delle parti sociali europee iniziato il 24 febbraio scorso. “Non è normale che nel Mercato interno alcuni Paesi abbiano norme a riguardo e altri no”, è stata la frecciata di Schmit, che ha messo le mani avanti anche sull’intelligenza artificiale: “La valutazione, il monitoraggio o l’assegnazione di posti di lavoro non possono essere determinati solo da algoritmi precostituiti, serve un quadro chiaro su questi impieghi delle nuove tecnologie emergenti“.
Gli interventi delle eurodeputate italiane
Durante il dibattito in Aula, c’è stata una sostanziale armonia negli interventi delle eurodeputate italiane che hanno preso parola. “Non abbiamo paura di queste innovazioni, ma i cambiamenti nel mercato del lavoro devono essere accompagnati dalla protezione sociale e dalla sicurezza dei lavoratori”, ha ribadito Elisabetta Gualmini (S&D). L’eurodeputata in quota PD si è scagliata contro “salari vergognosi e nuove forme di schiavitù, sfruttamento e abusi” e ha chiesto un “buon equilibrio tra diritti e doveri, tra crescita economica e compensazione sociale” per una “nuova Europa progressista”.
Dalle fila del Movimento 5 Stelle, Daniela Rondinelli ha parlato di una “risoluzione storica a difesa dei lavoratori delle piattaforme” e della necessità di una direttiva europea “che sancisca in modo inequivocabile che questi lavoratori sono subordinati”. La direttiva “sarà un pilastro da affiancare a quello sul salario minimo e sul diritto alla disconnessione, assicurando tutele al passo con i cambiamenti digitali del mercato europeo”, ha aggiunto.
L’eurodeputata leghista Stefania Zambelli (ID) ha ricordato i numeri dei rider: “Sono oltre 10 mila in Italia e più di 100 mila in Europa, la maggior parte dei quali sono ragazzi giovani che vengono pagati due euro a consegna”. Per Zambelli, l’UE “deve garantire maggiore dignità e diritti, nel rispetto delle norme europee e degli ordinamenti dei singoli Stati membri”. La collega di partito Elena Lizzi (ID) ha insistito invece sugli aspetti che non convincono la Lega, in particolare “l’invito alla Commissione a scrutinare i progressi nei Paesi membri in ambito della protezione sociale” e la proposta di istituire un’etichetta di qualità delle piattaforme digitali: “A cosa serve, visto che tutte dovrebbero rispettare gli stessi diritti?”, ha chiesto provocatoriamente.