Bruxelles – La presidenza del Parlamento europeo ai popolari (PPE) per la seconda parte della legislatura rischia di saltare. L’accordo sottoscritto nel 2019 tra le principale forze parlamentari – i socialdemocratici di S&D, i liberali di RE e lo stesso PPE – appare superato dagli eventi. Il presidente della formazione del centro-destra, Mafred Weber, rinuncia alla corsa per lo scranno più alto, e a questo punto socialisti e liberali si sciolgono le mani da un’intesa che era su un nome, quello che è venuto meno.
La sessione plenaria in corso a Strasburgo è stata preceduta dalle rivendicazioni del PPE. Il portavoe Daniel Koster ha ricordato l’accordo politico, e invitato gli alleati a tener fede agli impegni. Ma il richiamo all’ordine sembra aver sortito solo l’effetto contrario. “La situazione cambia”, riconosce pubblicamente Iratxe Garcia Perez, capogruppo S&D. “Il che non significa che non rispetteremo decisioni adottate in passato ma bisogna valutare le carte in tavola“. Se il PPE vuole il posto ora ricoperto dal socialdemocratico David Sassoli dovrà trovare un’alternativa davvero credibile, perché il dibattito sul prossimo presidente del Parlamento europeo “sarebbe irresponsabile limitarlo ai nomi, noi vogliamo dibattere sulle politiche, sul bene dell’Istituzione”. Il problema è che il PPE al momento questo nome di alto spessore richieste non sembra averlo.
I liberali si allineano. In linea di principio un accordo politico è un accordo “e intendiamo rispettarlo”, premette Dacian Ciolos, presidente del gruppo Renew Europe. Però… C’è anche più di un però. Il primo è che il patto ruotava attorno al nome di Manfred Weber, che ora non c’è più. Viene a mancare l’oggetto principale di un’intesa che si considera da rivedere. E soprattutto, “vorremmo che anche i nostri partner facessero altrettanto, rispettassero i patti”. Invece, attaca Ciolos, “avevamo chiesto maggior coordinamento sulla conferenza del futuro dell’Europa, e così non è stato”. I liberali si sentono traditi dai popolari, e legittimati a rompere le righe.
C’è poi la questione dei pesi e dei contrappesi. Su questo c’è piena convergenza tra S&D e RE. Perez sottolinea l’importanza di “salvaguardare gli equilibri delle forze europeiste”, e Ciolos le fa eco. “Vogliamo una situazione equilibrata in cui possiamo portare avanti la nostra agenda politica”. Non c’è dubbio che l’attuale equilibrio sia quello massimo. Presidente della Commissione europea a un esponente del PPE (Ursula von der Leyen), presidenza del Consiglio ad un liberale europeo (Charles Michel), testa del Parlamento ad un socialista (David Sassoli). Se la richiesta è di equilibrio si apre la possibilità per Sassoli di poter rimanere al suo posto anche per la seconda parte della legislatura.
In questa corsa del tutto rinnovata, liberali e socialisti possono trovare nei Verdi una sponda. La co-presidente del gruppo, Ska Keller, si dice in linea di principio “favorevole” alla pratica della rotazione, ma allo stesso empo ritiene “inaccettabile che ci siano dei gruppi che pensano che la carica gli appartenga“. Un chiaro riferimento al PPE, che ha iniziato a rivendicare lo scranno più alto. Si profila un’alleanza che può portare alla rielezione di Sassoli.
Secondo le regole, il presidente del Parlamento può essere eletto al primo scrutinio se raggiunge la maggioranza assoluta dei voti dell’Aula (50% più uno). Nel caso in cui questa soglia al primo turno non venga raggiunta, si ripete il voto una seconda e una terza volta. Se alla fine del terzo scrutinio non si forma una maggioranza assoluta, i due candidati più votati si sfidano in un quarto scrutinio a maggioranza semplice: chi prende più voti vince.
Insieme S&D, RE e Verdi non raggiungono la maggioranza assoluta dell’Aula, si fermano a 336 seggi, 40 in meno il 50% più uno. Sassoli potrebbe spuntarla al quarto turno, sempre ammesso che sarà davvero lui a farsi avanti. I Verdi vorrebbero una donna. “E’ una vergogna che non ci siano candidate”, dice Keller. I liberali si dicono pronti a “valutare non solo candidati, ma anche le candidate”. La capogruppo S&D, Perez, resta a guardare.
Ma prima ancora di tutti questi calcoli c’è il voto tedesco. A seconda del colore politico del prossimo cancelliere la partita in Parlamento europeo si sposterà da una parte o dall’altra. Per il momento il patto S&D-PPE-RE sembra saltare.