Bruxelles – Cosa prendere di buono dal Rapporto di previsione strategica 2021, il documento sulla politica UE verso il 2050 dalla portata smisurata e dai contorni fin troppo generici pubblicato oggi (mercoledì 8 settembre) dalla Commissione Europea? Se lo si intende come una linea-guida delle azioni da mettere in campo per raggiungere l’autonomia strategica, c’è poco da salvare. Se invece lo si interpreta come una dichiarazione delle prospettive generali a cui attenersi nei prossimi decenni, si può iniziare a ragionare. Almeno sul fronte della digitalizzazione della società e dell’economia europea.
Fermo restando che l’obiettivo dell’Unione Europea è quello di diventare il primo continente neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050, la transizione digitale viene vista come una delle opportunità da cogliere sia per le implicazioni economiche, sia per quelle sociali e politiche. Non che la questione sia nuova, ma in questo rapporto quasi tutti i temi caldi del digitale sono stati inseriti all’interno di una prospettiva multidisciplinare e di lungo respiro, che identifica tendenze globali, sfide e settori-chiave nei prossimi tre decenni.
Iperconnettività e trasformazioni tecnologiche
La base di partenza è il ritardo dell’Unione rispetto ai concorrenti globali negli investimenti privati per la ricerca. Da qui parte il presupposto che “per essere tecnologicamente e digitalmente sovrana, l’UE dovrà sostenere lo sviluppo e l’adozione di conoscenze e tecnologie incentrate sull’uomo”. Le “transizioni gemelle”, verde e digitale, dovranno passare da investimenti in tecnologie emergenti e manifattura avanzata, che stimoleranno la futura mobilità intelligente e sostenibile e le soluzioni a basse emissioni di carbonio.
L’Unione sta chiudendo i gap con Giappone, Cina e Stati Uniti nell’intelligenza artificiale, nei big data e nella robotica e si attende di avere a disposizione entro il 2025 il suo primo computer con accelerazione quantistica. Altre tecnologie emergenti includono la microelettronica, i nuovi materiali per l’elettronica biodegradabile, l’elettronica flessibile e stampata.
Ma ciò che guiderà la trasformazione digitale sarà l’iperconnettività, vale a dire la sempre maggiore convergenza di industrie, prodotti e servizi sul piano della connessione in tempo reale. Se il numero di dispositivi connessi a livello globale potrebbe crescere da 30,4 a 200 miliardi nel giro del prossimo decennio, non va dimenticato il rischio di un aumento degli attacchi informatici e di interruzioni di rete, anche nelle infrastrutture essenziali come ospedali e oleodotti. Tra gli altri pericoli si contano la perdita e il furto di dati personali proprietà intellettuale.
Gestione dei big data
“La nostra sovranità digitale dipenderà dalla capacità di memorizzare, estrarre ed elaborare i dati, soddisfacendo al contempo i requisiti di fiducia, sicurezza e diritti fondamentali”, è questo il diktat dell’esecutivo UE. Per raggiungere l’obiettivo sarà necessario puntare sul cloud ad alte prestazioni e l’edge computing (modello di calcolo distribuito nell’elaborazione dei dati). La capacità di gestire e analizzare rapidamente i big data sarà cruciale, considerato il crescente uso di dati per applicazioni industriali e commerciali e la diffusione dei sistemi basati sull’intelligenza artificiale e l’Internet delle cose.
Dal punto di vista europeo rimane comunque prioritario che la gestione dei dati personali sia subordinata al rispetto dei diritti fondamentali e dei valori dell’Unione. Ecco perché si dovrà insistere sul portare la gestione dell’industria dei dati sul territorio europeo, mettendo fine alla dipendenza da server di immagazzinamento ed elaborazione gestiti da fornitori non comunitari. In caso contrario, questo fattore implicherebbe rischi di dipendenze strategiche, per la sicurezza informatica e per la protezione dei dati, ma anche handicap nella diffusione di un’intelligenza artificiale affidabile.
Non bisogna poi dimenticare l’aspetto della produzione. Per raggiungere l’autonomia strategica l’Unione dovrà fare i conti con l’aumento esponenziale della domanda di semiconduttori e dovrà ritagliarsi un ruolo primario nello sviluppo di tecnologie di nuova generazione. Ripetere gli errori del passato e non considerare le carenze di microchip potrebbe influenzare negativamente le prospettive economiche di diverse categorie industriali. “Per rimanere in gara dovremo investire nella prossima generazione di processori e semiconduttori”, scrive la Commissione. “Questo richiede un controllo più severo dell’acquisizione da parte di stranieri delle capacità di produzione europee”.
Competenze e lavoro
Non è un segreto che con l’automazione alcuni posti di lavoro andranno persi. Bruxelles stima che, nell’orizzonte temporale di questo rapporto, il 50 per cento dei posti di lavoro attuali potrebbe andare incontro all’automazione. “Se non affrontate, queste tendenze potrebbero portare all’erosione dei diritti sociali fondamentali e all’aumento delle disuguaglianze”, avverte il gabinetto guidato da Ursula von der Leyen.
Questa sfida richiede un’azione politica che sostenga i nuovi tipi di lavoro e fornisca incentivi alle regioni e ai lavoratori nei settori che subiranno le conseguenze più pesanti della transizione. Ma servirà anche un’attenzione particolare ai sistemi di istruzione e formazione. Si richiederanno competenze e livelli di istruzione più alti e più capacità di adattamento alla natura mutevole del lavoro. Al centro ci saranno le discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), un’alfabetizzazione digitale più marcata e competenze settoriali specifiche, in particolare per la transizione verde (sull’energia rinnovabile, l’economia circolare e le nuove tecnologie sostenibili). Rimangono ancora da affrontare i problemi della disoccupazione giovanile, del divario di competenze digitali e di quello di genere nell’accesso alle materie scientifiche.
Sistemi economici e finanziari
Come ha dimostrato la pandemia COVID-19, l’e-commerce e le transazioni bancarie online sono ormai all’ordine del giorno e Bruxelles è consapevole di dover adeguare i propri sistemi economici e finanziari a una realtà mutata. “L’era digitale influenzerà anche i mezzi di pagamento e i mercati dei capitali, con un ruolo crescente delle criptovalute e lo sviluppo delle valute digitali”. Il ruolo della finanza digitale sarà quello di creare nuove opportunità per i cittadini e le imprese, ma sempre tenendo come paletto la protezione dei consumatori.
Uno degli ambiti di interesse maggiore è proprio quello dello sviluppo delle valute digitali. A luglio di quest’anno la Banca Centrale Europea ha avviato la fase di indagine sul progetto della criptovaluta europea e per l’esecutivo UE potrebbe avere un impatto decisivo sulla condotta della politica monetaria e sui sistemi di protezione dei consumatori. BCE e Commissione rimarranno “attivamente impegnate” nel lavoro sull’euro digitale, “che può portare benefici significativi” sul suolo comunitario. Per raccoglierne i benefici bisognerà però prima affrontare le sfide relative all’intermediazione e alla stabilità finanziaria.