Bruxelles – La ripresa economica generale sembra andare anche oltre le più rosee aspettative, ma l’Europa degli Stati ha ancora molto da fare. Non c’è solo la pandemia sullo sfondo, a complicare la ricostruzione europea ci sono dossier complessi e delicati, e soprattutto elezioni tedesche che rischiano di inceppare la macchina decisionale fino all’avvenuta definizione del nuovo assetto di governo.
La riunione dell’Eurogruppo, la prima dopo la pausa estiva, sarà all’insegna di un ottimismo contenuto. Da una parte ci si attende un miglioramento della situazione “robusto”. Fonti qualificate non nascondono che sulla base delle ultime previsioni disponibili “il ritorno ai livelli di crescita pre-pandemia già alla fin di quest’anno, un trimestre prima del previsto”. Buone notizie, indubbiamente, che danno già il senso delle proiezioni e delle valutazioni della Banca centrale europea, che i ministri economici dell’area euro attendono e di cui discuteranno con la presidente Christine Lagarde già in occasione della riunione di domani (9 settembre).
Il prodotto interno lordo (PIL) dell’area euro “ha rimbalzato in modo forte nel secondo semestre” del 2021, riconoscono a Bruxelles. Merito di una campagna vaccinale che ha permesso aperture, versioni ‘leggere’ di confinamenti e restrizioni, al settore turistico di riprendere. Merito anche di misure di sostegno varato a livello europeo e nazionale. Qui i ministri di Eurolandia iniziano una riflessione sul da farsi. C’è la consapevolezza che ciascuno Stato, in ragione delle proprie caratteristiche produttive e del diverso impatto economico da Coronavirus, ha in piedi la propria ricetta anti-crisi. ma c’è anche la consapevolezza che si avvicina il momento in cui il sostegno pubblico andrà ridotto ed eliminato, e che le regole europee sui conti pubblici torneranno in vigore.
La revisione del patto di stabilità e delle regole di bilancio non è tema di seduta, e oltretutto la Commissione europea, responsabile della stesura delle eventuali proposte di modifica, non ha ancora messo nulla sul tavolo. Da un punto di vista formale e pratico non c’è nulla di cui discutere, anche se informalmente il dibattito non si è mai interrotto e non sorprenderebbe se il tema finisse al centro della riunione.
In tempi non sospetti, già nel pieno della crisi sanitaria, l’esecutivo comunitario ha messo in chiaro che le attuali regole non possono più andar bene per un quadro mutato a livello generale, e pure la Banca centrale europea sembra condividere questa impostazione. Un cambio di rotta sembra inevitabile, accettato in maniera diffusa. L’entità dell’aggiornamento delle regole è però il risultato di negoziati ancora molto lontani da esiti. Di per sé il cambio delle norme comuni su deficit, debito e spesa pubblica “è un tema complesso”, e che proprio per questo “richiede tempo”, ripetono gli addetti ai lavori. Il voto tedesco (26 settembre) incide, non poco, sull’agenda dei lavori.
Si ripete che le elezioni fanno parte del dna democratico, che consultazioni si tengono sempre e in momenti diversi, ma avviare un confronto su un tema così sensibile senza un negoziatore tedesco plenipotenziario non è pensabile. Se l’esecutivo comunitario non ha ancora un bozza di proposta legislativa è perché il peso politico della Germania è tale da non poter fare a meno di Berlino.
“Che ci sia o meno un governo in Germania è difficile che ci sia un consenso entro la fine dell’anno”. Di questo a Bruxelles sono sicuri. Se la formazione della squadra di governo post-Merkel dovesse andare per le lunghe, la macchina sarebbe inceppata, con tutte le incognite del caso. L’Eurogruppo che si ritrova a Lubjana (la riunione, di natura informale, è ospitata dalla presidenza slovena del Consiglio dell’UE), concorderà che si è tornati già ai livelli di crescita pre-pandemia. E’ lecito attendersi che i fautori del rigore di bilancio, gli austeri Paesi del nord, non vedano più alcun motivo per continuare con interventismo e spesa fuori controllo, pretendendo quanto meno un alleggerimento del ruolo del settore pubblico.
Il grande cantiere europeo è dunque fermo nella sua caoticità, e tale è destinato a restare. “Anche nella migliore delle ipotesi questo lavoro richiede tempo”, e non c’è alcun tipo di previsione al riguardo. “In questo momento non si hanno elementi per dire come si evolverà il dibattito”, ammettono nella capitale dell’UE. Non ci sono elementi perché non c’è ancora un nuovo cancelliere tedesco. Il voto tedesco pesa, eccome. Eurozona e Unione europea attendono.