Bruxelles – Colmare il divario esistente tra aree urbane e rurali dell’UE, i fondi della Politica agricola comune (PAC) non bastano. “Dobbiamo usare tutti i fondi europei possibili, dalla politica di coesione ma anche cogliendo l’occasione delle risorse del Recovery Fund, con l’idea che tutto ciò che può essere finanziato attraverso fondi alternativi alla PAC dovrà essere usato”. A sottolinearlo oggi (6 settembre) è il commissario europeo all’Agricoltura, Janusz Wojciechowski, parlando in conferenza stampa al termine della due-giorni informale dei ministri che si è svolta in Slovenia, a Brdo pri Kranju, con focus sul rafforzamento del dialogo tra aree urbane e rurali, già inserito dalla presidenza di Lubiana tra le priorità dei suoi sei mesi di presidenza (che finiranno il 31 dicembre).
Per il commissario polacco, i fondi della futura PAC – 387 miliardi di euro tra 2021 e 2027 – sono soprattutto per l’agricoltura, “per gli agricoltori”. Mentre “le persone che vivono in zone rurali hanno lo stesso diritto di accesso agli altri fondi europei delle persone che vivono in aree urbane”, ha chiarito. Per la Commissione Europea la visione a lungo termine per le zone rurali dell’UE al 2040, pubblicata lo scorso 30 giugno – per rivitalizzare queste regioni che rappresentano oltre l’80 per cento della superficie totale dell’UE tra terreni agricoli, foreste e aree naturali e ospitano 137 milioni di persone, il 30 per cento della popolazione europea – è un chiaro segnale anche per gli Stati membri che stanno preparando in questo momento i loro piani strategici per accedere ai finanziamenti della PAC. “Dovrebbe essere più sinergia tra le diverse politiche e la complementarità di queste politiche”.
Stati membri che partono da punti di partenza molto diversi quando si tratta di trasformare le loro zone rurali. “Ci sono grandi differenze tra gli Stati membri: alcuni hanno ancora zone rurali ancora molto dense a livello demografico, altri invece si trovano di fronte ad aree quasi deserte”, ha aggiunto il ministro sloveno dell’Agricoltura, Jože Podgoršek, che ha ospitato la riunione con gli omologhi europei, menzionando tra le principali criticità delle aree rurali lo “spopolamento, l’invecchiamento della popolazione e il calo dell’attrattiva delle aree rurali come luoghi in cui vivere e lavorare a causa del deterioramento delle infrastrutture e della scarsa connettività” digitale.
Si tratta principalmente di aree dimenticate o “lasciate indietro”: la popolazione sempre più anziana, alto rischio di povertà e mancanza di accesso alle strutture di base sono le sfide e le preoccupazioni a cui l’UE vuole far fronte con azioni mirate. Infrastrutture e collegamenti di trasporto, come anche l’accesso ai servizi e alle attrezzature di base come acqua, elettricità, banche e uffici postali sono attualmente le priorità più urgenti per rivitalizzare le aree rurali. Alla luce della pandemia da COVID la sfida è anche evitare riprese asimmetriche e garantire che tutti i territori europei abbiano gli strumenti necessari a riprendersi dalla crisi.
Secondo la nota della presidenza di turno pubblicata al termine della due-giorni, i ministri si sono trovati d’accordo sul fatto che le aree rurali sono uno spazio multifunzionale in cui diverse attività non solo coesistono e si completano a vicenda, ma anche competono. “Il modo tradizionale di convivere nelle zone rurali sta affrontando grandi sfide. Pertanto, è necessario trovare un nuovo modo per ridefinire il ruolo sociale delle aree rurali, sostenendo la diversità e la qualità di queste aree”.
“Rafforzare le aree rurali e garantire il dialogo tra gli ambienti urbani e rurali è fondamentale per uno sviluppo equilibrato e a lungo termine del continente europeo”, ha sottolineato ancora il ministro. “Credo che il dibattito odierno abbia aggiunto un tassello al mosaico di possibili opportunità per l’empowerment delle aree rurali e uno sviluppo più equilibrato tra aree rurali e urbane, in particolare nei processi decisionali”.