Bruxelles – Unione Europea a due velocità, anche sul fronte delle vaccinazioni. Vaccinare il 70 per cento della popolazione adulta europea entro la fine dell’estate è l’obiettivo fissato dalla Commissione Europea all’inizio della campagna di vaccinazione contro la COVID-19. Il termine del “fine estate” è volutamente lasciato molto vago, proprio per mettere le mani avanti in caso non dovesse riuscire nell’intento.
Dopo un inizio lento – dovuto principalmente ai problemi organizzativi e di distribuzione delle dosi da parte delle case farmaceutiche – i Paesi UE in primavera hanno iniziato a ingranare, accelerando di molto il ritmo delle inoculazioni e facendo recuperare un primo trimestre 2021 molto lento. Gli ultimi dati aggiornati del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) mostrano che il 75,9 per cento degli adulti di età pari o superiore a 18 anni, ovvero 281 milioni di persone, ha già ricevuto almeno una dose del vaccino nell’UE e nello Spazio economico europeo (SEE), che comprende oltre agli Stati membri UE anche Norvegia, Islanda e Liechtenstein. Oltre il 67 per cento degli adulti, circa 249 milioni di persone, ha ricevuto il ciclo vaccinale completo, quindi doppia dose con i vaccini BioNTech-Pfizer, Moderna, AstraZeneca o una dose sola con il vaccino statunitense Johnson&Johnson.
L’obiettivo generale fissato da Bruxelles è molto vicino dall’essere raggiunto e ci sono buone possibilità che l’UE riesca a mantenere la parola di arrivare al 70 per cento entro il 21 settembre, mentre si trova alle strette con la variante Delta del Coronavirus. Guardando all’obiettivo generale si rischia però di perdere di vista il fatto che tra i 27 Stati membri ci sono Paesi che dopo otto mesi dall’inizio della campagna di vaccinazione nel Continente ancora non superano il 50 per cento dei vaccinati con almeno una dose, dovendo combattere con un forte scetticismo della popolazione nei confronti della vaccinazione.
Dai dati ECDC, salta subito all’occhio che in Bulgaria e Romania la vaccinazione sta progredendo molto più lentamente della media europea. Sofia non arriva al 22 per cento della popolazione vaccinata con una dose e sfiora appena il 20 per cento delle persone che hanno completato il ciclo di vaccinazione.
Questi dati rendono la Bulgaria il Paese europeo più indietro nella campagna vaccinale, essenzialmente perché la popolazione bulgara si sta mostrando molto scettica riguardo le vaccinazioni, citando i timori nei confronti dei vaccini e la diffusione teorie cospirative o fake news sui loro effetti. A metà luglio, quando il tasso di vaccinazione era fermo al 15 per cento, il governo si è trovato costretto a donare più di 170mila dosi di vaccino AstraZeneca perché le fiale erano in scadenza, annunciando che avrebbe fatto altrettanto nei confronti di altre 150mila dosi verso i Paesi balcanici.
Contro lo scetticismo dilagante, Sofia sta correndo ai ripari con una nuova campagna informativa organizzata dai volontari della Croce Rossa Bulgara per distribuire opuscoli informativi sulla sicurezza e l’efficacia dei vaccini nella regione di Ruse, con l’obiettivo di fornire alle persone “informazioni accessibili e verificate sui benefici dell’immunizzazione contro il COVID-19”.
A fine agosto, il Paese è di fronte a una nuova ondata di contagi, complice anche lo scarso tasso di immunizzazione della sua popolazione, tanto da aver prorogato per altri tre mesi lo stato di emergenza e introdotto nuove restrizioni alla vita sociale.
La Romania arriva a sfiorare il 32 per cento della popolazione vaccinata completamente e della popolazione con almeno una dose. Anche Bucarest è messa di fronte a una forte esitazione sui vaccini che si sta diffondendo tra una radicata sfiducia nelle istituzioni statali, campagne di disinformazione e una debole campagna informativa che riguarda i benefici dei vaccini.
Bucarest e Sofia sono i casi più lampanti, ma come mostrano i dati ECDC c’è una forte differenza con i tassi di vaccinazione, nonostante i vari richiami di Bruxelles a completare il ciclo di vaccinazione prima possibile. Si è visto, infatti, che la variante Delta – attualmente dominante in Europa – è più debole di fronte al ciclo completo di tutti i vaccini attualmente autorizzati nella UE. 12 Stati su 29 hanno superato già la soglia del 70 per cento della popolazione pienamente vaccinata, mentre di contro Paesi come la Slovacchia e la Slovenia – che tra l’altro detiene al momento la presidenza di turno dell’UE – non hanno ancora toccato il traguardo della metà della popolazione adulta vaccinata. I motivi possono essere tanti: influenza delle campagne di disinformazione sulla validità dei vaccini, ma spesso anche incapacità di organizzazione per raggiungere le campagne, le aree più lontane dalle città che rischiano di rimanere più isolate.
Questa forte differenza tra Paesi UE non stupisce perché le campagne di vaccinazioni sono gestite interamente dai Paesi (non dall’UE), che in molti casi non riescono a coordinare una campagna omogenea neanche sul proprio territorio: scrivevamo pochi giorni fa il caso emblematico del Belgio, uno dei Paesi più avanti con la vaccinazione al mondo, che però non riesce ad accelerare la vaccinazione nella sua capitale, Bruxelles, che è molto più indietro rispetto alle altre province, Fiandre e Vallonia. Essendo costretti a fare una media tra i Paesi dell’UE, è certo però che il basso tasso di vaccinazioni in queste aree d’Europa sta rallentando la campagna europea e mette alla prova l’obiettivo del 70 per cento degli europei adulti vaccinati entro l’estate.