Bruxelles – Dose di richiamo dei vaccini contro il Coronavirus? Ormai è chiaro che anche senza il via libera dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) buona parte dei governi europei messi alla prova della variante Delta sta valutando e si sta organizzando per somministrare una dose ‘booster’ (aggiuntiva rispetto a quante preventivate all’inizio della campagna di vaccinazione) per mantenere alta la protezione dalla COVID-19. Chi solo ad alcune categorie particolarmente vulnerabili, chi a tutta la popolazione adulta.
Non è un dibattito che tocca solo gli europei. A toccare il primato nel mondo è stato Israele, che ha iniziato a somministrare la terza dose a inizio estate e questa settimana ha mostrato dati incoraggianti sugli effetti positivi di una terza booster per tenere a bada la delta, tanto da decidere di ampliare la campagna e abbassare l’età di ammissibilità da 40 fino a 30 anni. I richiami vengono somministrati a persone che hanno ricevuto la seconda dose almeno cinque mesi prima. Sulla scia di Israele, anche gli Stati Uniti hanno annunciato di voler iniziare il 20 settembre a somministrare la terza dose per buona parte della popolazione, per far fronte all’aumento dei contagi di fine estate dovuti alla variante attualmente dominante.
Ma il dibattito si fa vivo anche nell’Unione Europea, se pure in ordine sparso in quanto senza le indicazioni degli scienziati dell’EMA che prima di chiudere la saracinesca per le vacanze lo scorso primo luglio hanno confermato di essere in “contatto con i produttori di vaccini per discutere il potenziale utilizzo di una dose di richiamo e per determinare il miglior tempismo e la migliore strategia”. L’agenzia europea con sede ad Amsterdam, però, rimanda tutto a settembre: sta esaminando i dati sulla sicurezza e sulla risposta immunitaria nelle persone che hanno ricevuto una terza dose dei vaccini attualmente autorizzati nell’UE (BioNTech-Pfizer, Moderna, AstraZeneca) o una seconda dose in caso del vaccino monodose Johnson&Johnson.
Un mese e mezzo fa non era chiaro nemmeno se fossero necessarie dosi di richiamo per i vaccini già autorizzati per mantenerne elevata la protezione. Oggi sembra scontato che a settembre, con la ripresa delle attività, arriverà il via libera dell’EMA, facendo seguito a quanto stabilito già dagli altri Paesi extra-UE.
Stretti nella morsa della variante delta, i governi stanno anticipando l’EMA – che su questo può solo fornire una raccomandazione – dopo aver constatato che la protezione dal vaccino BioNTech-Pfizer, il più somministrato anche nel Continente, tende ad affievolirsi con il passare del tempo e quindi ci si espone di più ai rischi di sviluppare forme gravi della malattia. Buona parte del personale sanitario e delle categorie più fragili hanno ricevuto la prima dose ormai più di sei mesi fa, tra fine dicembre/inizio gennaio.
Ordine sparso
Europei come di consueto in ordine sparso, ma accumunati da una cosa: tutti i richiami saranno effettuati con un vaccino di nuova tecnologia a mRNA, quindi BioNTech-Pfizer o Moderna (gli unici finora autorizzati nella UE). Anche per chi è vaccinato con AstraZeneca o J&J.
A bruciare tutti sul tempo è stata l’Ungheria, che dal 4 agosto già ha iniziato a offrire la terza dose a chi ha completato il ciclo da almeno quattro mesi, ma è “particolarmente raccomandato per gli anziani, le persone con malattie croniche e i pazienti con un sistema immunitario indebolito al fine di rafforzare anche la loro protezione” contro la variante delta. E’ di martedì 24 agosto la notizia che l’Haute Autorité de Santé (HAS), l’autorità francese per la salute, ha raccomandato la somministrazione di una terza dose a tutte le persone over 65 anni e a quelle a rischio di sviluppare una forma più grave della malattia COVID-19, almeno sei mesi dopo aver ricevuto la seconda. La decisione – si legge nella nota dell’HAS – è motivata dal fatto che la Francia si trova nel mezzo della quarta ondata, “legata in particolare alla circolazione su tutto il territorio nazionale della variante delta”.
Il dibattito è ancora tutto aperto in Italia, dove mentre si discute della possibilità di estendere la validità del Green Pass a 12 mesi (oggi vale 9, anche se il Certificato europeo ha valenza di un anno) il ministro della Salute Roberto Speranza dal palco alla Festa dell’Unità di Pesaro ieri è entrato a gamba tesa sulla questione sostenendo che “sicuramente si dovrà fare, ma prima dobbiamo concentrarci su chi non si è ancora sottoposto a prima dose di vaccino” e ha aggiunto “presumibilmente inizieremo il terzo giro dai più fragili”.
Il governo romano si mostra sicuramente tra i più indecisi, mentre Berlino già fa sapere che da settembre ai gruppi vulnerabili, gli anziani o immunodepressi verrà offerta una vaccinazione di richiamo con un vaccino mRNA (BioNTech-Pfizer e Moderna) almeno sei mesi dopo il completamento del ciclo vaccinale. E’ nell’intenzione della Germania di offrire la terza dose anche a chi si è vaccinato con AstraZeneca o Johnson & Johnson (il richiamo sempre con mRNA). “I dati di studi precedenti mostrano che questi gruppi in particolare beneficiano di una vaccinazione di richiamo”, spiega il governo tedesco.
Quanto al Belgio, il 18 agosto il governo ha fatto sapere di voler offrire un vaccino aggiuntivo alle persone con ridotta immunità a partire dall’autunno, senza precisare quando. Le autorità stimano che si tratterà di circa 300mila/400mila persone tra pazienti con immunodeficienza congenita, in dialisi renale cronica, con cancro del sangue o altri tumori maligni che sono o erano in trattamento attivo, pazienti trapiantati o con malattie infiammatorie trattati con farmaci che riducono l’immunità.
“Non oltre nove mesi” dalla seconda dose è il termine stabilito dall’Austria per iniziare con le dosi di richiamo con vaccini mRNA. A partire da ottobre Vienna apre alla vaccinazione dei residenti delle case di cura, gli over 65 anni, quelli con determinate malattie che li mettono a maggior rischio di COVID-19 grave e, come nel caso di Berlino, anche chiunque abbia ricevuto un vaccino Johnson & Johnson o AstraZeneca.
Il monito dell’OMS
Mentre uno dopo l’altro i Paesi europei decidono del futuro della terza dose, è ‘ l’Organizzazione mondiale della Sanità a chiedersi se sia giusto somministrare una dose in più, mentre al mondo ci sono persone che non hanno ricevuto ancora la prima. Il direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, è entrato nel merito lunedì 23 agosto invitando i “paesi ricchi” a rimandare le dosi di richiamo, per dare priorità all’aumento dei tassi di vaccinazione nei paesi in cui solo l’1 o il 2 per cento della popolazione è stato inoculato.
La richiesta non ha radici solo etiche, ma pratiche: se il tasso di vaccinazione non viene aumentato a livello globale, il rischio è continuare a diffondere nuove varianti più forti del Coronavirus. Un appello che però rimarrà facilmente inascoltato.