Bruxelles – Nel caos dell’emergenza in Afghanistan, causata dal ritiro delle truppe statunitensi e della NATO e la presa di potere dei talebani nel Paese, anche il mondo digitale si trova di nuovo al più classico dei dilemmi delle piattaforme online: intervenire o non intervenire nella moderazione dei contenuti? I rappresentanti dei talebani hanno diritto ad avere una voce online?
La questione è stata affrontata in modo diverso da due giganti del settore, Facebook e Twitter. Come confermato da un portavoce della società di Mark Zuckerberg alla BBC, Facebook continuerà a bandire dalla propria piattaforma i profili dei talebani, dal momento in cui gli Stati Uniti li considerano un’organizzazione terroristica. Per l’azienda di Menlo Park è prioritario il divieto di creazione e promozione di account legati alle organizzazioni terroristiche, rispetto alla libertà di pubblicare contenuti online. La Big Tech insiste anche sulla necessità di lasciare alla comunità internazionale la decisione sul riconoscimento del governo di uno Stato.
Al contrario, Twitter sta permettendo ai portavoce dei talebani di esprimere le loro opinioni, proprio con l’obiettivo di dare accesso alle informazioni provenienti da quello che diventerà il governo dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan. Ciò riguarda in particolare il profilo del portavoce Suhail Shaheen, che ha più di 388 mila follower: pubblicando anche in lingua inglese, è seguito da media e giornalisti stranieri per conoscere le decisioni più critiche prese dai talebani a Kabul.
È comunque vero che le norme di Twitter sulle organizzazioni violente mettono nero su bianco che non c’è posto sulla piattaforma per “qualsiasi organizzazione terroristica o gruppo estremista violento, né per individui che ne facciano parte e ne promuovano le attività illecite”. I gruppi estremisti sono quelli che “commettono o promuovono violenza che mette a repentaglio la sicurezza fisica e il benessere delle persone prese di mira“. Le valutazioni in merito si basano su “elenchi nazionali e internazionali di organizzazioni terroristiche”, ma anche “sui nostri criteri di identificazione”.
Il problema riguarda principalmente lo status di organizzazione terroristica o meno dei talebani, per cui manca anche a livello internazionale un consenso. In questo modo per i talebani e i loro portavoce è molto più semplice destreggiarsi nel mare ‘pulito’ dei social media (quelli che limitano palesi forme di espressione violenta, razzista e discriminatoria) rispetto alle organizzazioni islamiste affiliate ad al-Qaeda o allo Stato Islamico.
Il punto di contatto
D’altra parte, bisogna riconoscere che queste difficoltà interpretative – su cui si innesta il rapporto tra sorveglianza democratica e tutela della libertà di espressione secondo la proposta della Commissione UE sui servizi digitali – non hanno impedito alle due piattaforme di trovare un punto di contatto. Insieme a LinkedIn, Facebook e Twitter hanno intrapreso un’azione per proteggere gli account di cittadine e cittadini afghani che potrebbero essere perseguitati dai talebani in base ai contenuti online pubblicati in passato.
Facebook ha temporaneamente rimosso la possibilità di cercare le liste di amici degli account in Afghanistan e ha lanciato uno strumento per bloccare il proprio profilo, in modo da impedire a estranei di accedere ai post sulla propria timeline o visualizzare le proprio foto, compresa quella del profilo. Il rischio è che i talebani possano sfruttare le piattaforme online per tracciare le storie digitali o le connessioni tra civili che hanno collaborato con le forze occidentali negli ultimi 20 anni o che hanno espresso idee contrarie al regime fondamentalista.
Un portavoce di LinkedIn ha confermato che sono state temporaneamente nascoste le connessioni dei suoi utenti in Afghanistan e che al momento gli altri utenti del sito di networking professionale non sono in grado di visualizzarle. Twitter invece ha accelerato la rimozione di profili e di tweet archiviati. Inoltre, gli utenti afghani che non sono stati in grado di accedere al proprio account per eliminare autonomamente i contenuti rischiosi possono rivolgersi all’azienda perché li sospenda temporaneamente dal servizio, fino a quando non saranno in grado di riottenere l’accesso.