Bruxelles – “Vedete, è buffo, ma Beethoven sognava un’Europa unita, non a caso abbiamo quell’Inno alla Gioia“. Là dove l’orchestra tace, sul palco dell’Arena di Verona, riecheggiano ancora nella mente le parole che Ezio Bosso rivolse al Parlamento Europeo nel giugno del 2018: “La nostra vera e propria radice di europei, dal mio punto di vista, è la musica. L’Europa è un’orchestra a cui rivolgerci“. Non c’è manifestazione più evidente di questa idea dell’inno dell’Unione Europea, ultimo movimento di una sinfonia che ha segnato la storia recente di un intero continente.
La Nona Sinfonia di Ludwig van Beethoven era parte integrante dell’identità del Maestro torinese: ne accarezzava i giochi di parole, ne esaltava la storia e il messaggio di fratellanza. Sarebbe toccato a lui a dirigerla nel 250° anniversario dalla nascita del compositore tedesco, come annunciato alla sua prima e ultima apparizione sul podio dell’anfiteatro scaligero nell’estate del 2019 (in un’indimenticabile conduzione dei Carmina Burana). Da più di un anno l’assenza di Ezio Bosso è sì fisica, ma non spirituale, e lo si è percepito durante il lungo applauso riservato dal pubblico dell’Arena all’inizio del concerto di ieri sera (22 agosto). Le lacrime di molti spettatori in platea hanno fatto da contraltare a occhi rapiti dalle immagini-tributo del direttore che il prossimo 13 settembre avrebbe compiuto 40 anni.
Bosso, l’Europa e Beethoven. A raccogliere un testimone così pesante non poteva essere altri che una direttrice che incarna appieno questo spirito internazionale, come Erina Yashima: tedesca di origini giapponesi, già al fianco di Riccardo Muti presso la Chicago Symphony Orchestra, è attualmente assistente alla direzione alla Philadelphia Orchestra. Piglio deciso, fredda ma abile nel gestire l’energia sprigionata dai primi due movimenti, ha condotto senza sbavature l’Orchestra della Fondazione Arena verso il momento più atteso dal pubblico: An die Freude, l’Inno alla Gioia.
A differenza dell’inno ufficiale europeo, oltre al “linguaggio universale della musica” nella serata areniana si sono stagliate con forza le voci della soprano Ruth Iniesta, della contralto Daniela Barcellona, del tenore Saimir Pirgu e del basso Michele Pertusi, sopra un avvolgente tappeto vocale intessuto dal Coro diretto dal Maestro Vito Lombardi. Un’ora e mezza di gradevole immersione nelle note e nelle parole scritte dal genio di Bonn sui versi dell’Ode alla Gioia del drammaturgo Friedrich Schiller. Al termine dell’ascolto all’Arena si riemerge con la consapevolezza di tutta la contemporaneità di quest’opera: riassunta nelle parole di Ezio Bosso, “credete nella musica, credete nell’Europa“.
A rendere ancora più suggestivo lo spettacolo, la scenografia digitale curata da D-Wok sulle immagini storiche degli archivi della Fondazione Alinari per la Fotografia di Firenze. Un percorso di video design tra le piazze italiane ed europee – da Venezia a Vienna, da Parigi a Roma – a sottolineare l’intreccio tra musica e architettura, beni storici che creano “l’identità europea, nell’Europa delle differenze“, come aveva ricordato agli eurodeputati il Maestro di Torino. “La musica è una sorta di trascendenza” e in questa trascendenza, accompagnata visivamente dalla visione digitale di un patrimonio comune, all’Arena si è respirata una vera atmosfera europea.
La Sinfonia corale
Composta tra il 1822 e il 1824, la Nona Sinfonia rappresenta una rivoluzione nel genere sinfonico, proprio per la sperimentazione di Beethoven nell’uso di temi, ritmi e colori e lo sforzo inedito a livello di organico e di ampiezza. Il genio di Bonn decise poi di introdurre un messaggio extra-musicale, il testo dell’Ode alla Gioia di Schiller (composto nell’estate del 1785), affidandolo all’interpretazione di quattro solisti (soprano, contralto, tenore e baritono) e al coro. La Nona, anche conosciuta come Sinfonia Corale, è divisa in quattro movimenti: tre puramente sinfonici, a cui ne segue un quarto che include il coro.
Fu eseguita per la prima volta il 7 maggio 1824 al Theater am Kärntnertor di Vienna. Prima dell’esecuzione il pubblico salutò Beethoven non applaudendo ma sventolando fazzoletti, in quanto ormai notoriamente sordo. Da allora la Nona è conosciuta come uno dei più grandi capolavori della musica occidentale e come simbolo universale di unità e fratellanza tra gli uomini e le donne, grazie al messaggio dell’Inno alla Gioia. Nel 2001 lo spartito e il testo sono stati dichiarati Memoria del mondo dall’UNESCO.
Per il Vecchio Continente la Nona Sinfonia ha un valore inestimabile. Nel 1972 il tema del finale – riadattato da Herbert von Karajan – fu adottato dal Consiglio d’Europa come Inno europeo: “Senza parole, con il linguaggio universale della musica, questo inno esprime gli ideali di libertà, pace e solidarietà perseguiti dall’Europa”. Tredici anni più tardi, nel 1985, diventò l’inno ufficiale dell’Unione Europea per decisione dei capi di Stato e di governo dei Paesi membri. Da quel momento in poi l’Inno alla Gioia viene eseguito nelle cerimonie ufficiali che vedono la partecipazione dell’Unione e in tutti gli eventi a carattere europeo.