Il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha adottato, ai primi di luglio, di concerto con il ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale, Vittorio Colao, il decreto che individua le modalità attuative per l’utilizzo del Fondo per la sperimentazione del voto e dello scrutinio elettronico per le elezioni politiche ed europee e per i referendum. Si tratta di una vera e propria novità per il nostro Paese, su un tema di cui si discute da tempo e che fa seguito ad un emendamento alla manovra del 2020 del presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera Giuseppe Brescia.
Il provvedimento approva le “linee guida” per la sperimentazione di modalità di espressione del voto in formato digitale. Per verificare il corretto funzionamento del sistema di voto e dello scrutinio elettronico, il documento prevede una gradualità della sperimentazione, con una prima fase di “simulazione” del voto e dello scrutinio elettronico priva di valore legale, che coinvolgerà un campione significativo di elettori.
All’esito della fase di simulazione, si potrà procedere alla sperimentazione dell’utilizzo del sistema di voto elettronico in un evento elettorale, avente valore legale. Per ora questa sperimentazione riguarderà un campione abbastanza limitato dei circa 7.5 milioni di italiani che devono spostarsi per espletare il loro diritto-dovere di voto (4,5 milioni residenti all’estero e 3 milioni circa fuorisede).
Il voto elettronico potrà essere espresso attraverso computer, tablet o smartphone di proprietà dell’elettore o dell’elettrice, oppure nelle postazioni messe a disposizione dagli Uffici elettorali più vicini. Il voto sarà espresso tramite una web application alla quale è possibile accedere da qualsiasi dispositivo connesso a internet, tramite la propria identità digitale.
Il nostro Paese non è il primo che inizia una simulazione su questa modalità di votazione, che tante polemiche ha suscitato in Usa alle ultime elezioni. La Francia lo ha sperimentato in occasione delle ultime elezioni per eleggere i 443 consiglieri all’estero (volontari nel mondo che si impegnano a servire la collettività dei connazionali nelle relazioni con la rete diplomatico-consolare e con la madrepatria). In Francia in realtà la discussione sul voto elettronico va avanti da circa venti anni. E’ dal 2012 che per le elezioni legislative ai francesi residenti all’estero era permesso di votare elettronicamente, nel 2017 il voto elettronico fu sospeso per il pericolo di attacchi informatici. Ma prima della Francia, anche Norvegia e Germania avevano provato ad introdurre il voto elettronico, fin all’inizio degli anni 2000. In Germania nel 2009 però la Corte Costituzionale bocciò il progetto, definendolo incompatibile con le procedure corrette di voto, in Norvegia invece si decise di abbandonare il voto elettronico nel 2014 per motivi di sicurezza.
Ad oggi quindi in Europa è rimasta solo l’Estonia ad usare con buoni risultati (circa il 30% della popolazione usa questo sistema per votare) il sistema del voto elettronico come avviene per ogni elezioni da anni in Usa. Ma è proprio l’esempio americano a spaventare gli altri Paesi nel decidere sull’adozione o meno di questo sistema di e-voting. Il clou fu nelle presidenziali del 2000, dove il sistema di voto americano mostrò al mondo tutte le sue fragilità. L’ elezione di George Bush contro il candidato democratico Al Gore per poche centinaia di voti si portò dietro per settimane polemiche a non finire. Quello che scatenò le proteste dei democratici furono proprio i molti dubbi sul sistema elettorale elettronico, considerato vetusto e poco attendibile.
A causa di ciò nel 2002 il Congresso destinò una cifra enorme proprio per il miglioramento della situazione con l’HAVA (l’Help America Vote Act), ma come si è visto anche nelle ultime due elezioni presidenziali nel 2016 e nel 2020 la situazione non sembra essere migliorata.
Ora in Italia sembra prevalere idea di adottare questo sistema per i tanti connazionali residenti all’estero. Proprio a questi, infatti, è pensato un DDL presentato nei giorni scorsi da FDI al Senato per permettere il voto elettronico ai residenti all’estero. “Il sistema di voto attuale per gli italiani all’estero è ampiamente superato e la tecnologia consentirà finalmente di poter dare una adeguata rappresentanza ai nostri connazionali che vivono lontano dall’Italia”, ha affermato il vicepresidente del Senato Ignazio La Russa, presentando il provvedimento.