Bruxelles – La gestione della crisi migratoria in Lituania segue due strade. Da una parte, quella del soccorso umanitario agli oltre duemila richiedenti asilo arrivati dal territorio bielorusso dall’inizio dell’anno. Dall’altra parte, quella della costruzione di una barriera di filo spinato lungo i 678,8 chilometri di confine con il Paese che sta agevolando gli attraversamenti illegali, come ritorsione contro le sanzioni economiche imposte dall’Unione Europea.
Dopo la richiesta di aiuto arrivata da Vilnius per la gestione della crisi migratoria lungo la rotta bielorussa, la Commissione Europea ha attivato il meccanismo europeo di protezione civile (con cui viene coordinato il supporto dei governi nazionali e finanziato fino al 75 per cento dei costi per il trasporto e l’assistenza). Dodici Paesi europei – Austria, Croazia, Estonia, Finlandia, Grecia, Lettonia, Norvegia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Svezia – hanno inviato materiale necessario per i centri dei accoglienza, come tende, letti, coperte, lampade e generatori di energia.
“Il confine lituano è un confine esterno dell’Unione, che attualmente sta vivendo un afflusso senza precedenti di migranti e richiedenti asilo“, ha commentato il commissario per la gestione delle crisi, Janez Lenarčič. In meno di sette mesi, nel 2021 il numero di ingressi irregolari in Lituania è quasi triplicato rispetto a tutto l’anno precedente (81). Sono persone provenienti principalmente da Medio Oriente (Iraq, Iran e Siria) e Africa (Repubblica del Congo, Gambia, Guinea, Mali e Senegal) che “hanno bisogno di un sostegno urgente come cibo e riparo”, ha avvertito Lenarčič, sottolineando che “l’Unione Europea e gli altri Stati membri non lasceranno la Lituania da sola in questa difficile situazione”.
Ma il Paese baltico non vuole essere lasciato solo nemmeno durante l’impresa di costruzione della barriera a protezione di quelli che non sono solo i suoi confini, ma anche “la frontiera dell’Unione”, usando le parole del presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel. Il progetto prevede una barriera di filo spinato costruita dall’esercito, poi un muro vero e proprio, ha spiegato la ministra lituana degli Interni, Agnė Bilotaitė, per un costo complessivo stimato attorno ai 48 milioni di euro. L’opera, iniziata da due settimane, si è già bloccata: la Lituania non ha abbastanza filo spinato per coprire l’intera lunghezza del confine con il Paese guidato da Alexander Lukashenko.
Al momento la richiesta è stata accolta dall’Estonia, che ha già inviato materiale sufficiente per un centinaio di chilometri, mentre la ministra Bilotaitė ha annunciato che Slovenia e Danimarca hanno promesso ulteriore supporto per l’approvvigionamento di filo spinato. Nel frattempo, dal 12 luglio è attivo il meccanismo d’emergenza per la creazione di squadre Frontex di intervento rapido, nel quadro delle operazioni da parte dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) a supporto delle autorità di confine lituane. Ma oltre agli aiuti, Vilnius rimane osservato speciale a Bruxelles, in particolare per la politica di detenzione di massa annunciata e approvata dal Parlamento nazionale, che potrebbe comportare violazioni dei diritti umani nei confronti dei richiedenti asilo.