“Abbiamo ottenuto un accordo che credo sia assolutamente senza precedenti, perché per la prima volta il G20 accetta che clima e politica energetica sono strettamente connessi”. Con queste parole il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha presentato l’accordo finale del G20 Ambiente Clima ed Energia di Napoli.
Ancora più suggestivo il titolo del documento finale sottoscritto dai ministri dell’ambiente e dell’energia: ”Una società prospera, inclusiva, resiliente, sicura e sostenibile che non lasci indietro nessuno”. Un documento di 60 punti, su 58 dei quali si è raggiunto un accordo pieno.
Restano dei punti aperti, rimandati agli ulteriori meeting previsti nel corso dell’anno, a dimostrazione del difficile equilibrio da trovare tra stabilità economica e rispetto del clima.
Quali sono i punti essenziali?
L’Accordo di Parigi è riconosciuto come il “faro” di tutte le questioni climatiche. E’ necessario aumentare gli aiuti ai Paesi in via di sviluppo. Bisogna puntare subito sulle energie rinnovabili, soprattutto sull’idrogeno. Una quota dei fondi destinati ai Piani nazionali di ripresa e resilienza deve essere destinata all’adattamento ai cambiamenti climatici. Occorre investire di più su ricerca, innovazione, tecnologia. Questi sono solo alcuni dei punti contenuti nella dichiarazione finale del G20 di Napoli, che andiamo a vedere nel dettaglio.
Il cambiamento climatico e l’Accordo di Parigi
Il cambiamento climatico è in atto da tempo ed è sotto gli occhi di tutti. Non a caso la riunione del G20 è iniziata con le condoglianze a Germania e Olanda per le vittime delle alluvioni degli ultimi giorni.
Dal cambiamento climatico deriva la drammatica perdita della biodiversità, già ratificata dal “Communiqué” Ambiente approvato il giorno prima dai ministri del G20.
Per affrontare il cambiamento climatico è stato siglato nel 2015 un accordo a Parigi alla conferenza sul clima Cop21. L’Unione Europea ha formalmente ratificato l’accordo il 5 ottobre 2016. In sede di G20 tale accordo è stato riaffermato come “faro vincolante” che dovrà condurre fino a Glasgow, dove si svolgerà, a novembre, la Cop 26.
L’accordo di Parigi è un ponte tra le politiche odierne e la neutralità rispetto al clima che si vuole raggiungere entro la fine del secolo. In particolare, l’accordo prevede un impegno nella mitigazione dell’impatto climatico che si attua attraverso la riduzione di emissione di CO2. L’obiettivo comune, confermato in sede di G20, è quello di mantenere la temperatura ben al di sotto dei 2° e a proseguire gli sforzi per limitarla a 1,5° al di sopra dei livelli preindustriali.
I Paesi in Via di Sviluppo
Un discorso a parte va fatto per i paesi in via di sviluppo, visto il delicato equilibrio che deve essere garantito fra l’adattamento al cambiamento climatico e la sostenibilità economica.
Già l’accordo di Parigi prevedeva che per essi fosse necessario più tempo per raggiungere il livello massimo di emissioni globali. Al G20 si è ribadita la necessità di aumentare gli aiuti ai Paesi in via di sviluppo affinché nessuno resti indietro. Rimane centrale il ruolo dell’impegno finanziario da 100 miliardi, così come previsto dall’Accordo di Parigi, con l’obiettivo di aumentare i contributi ogni anno fino al 2025.
E un ruolo, per l’aumento di questi fondi, è richiesto in particolare alle istituzioni finanziarie per lo sviluppo e alle banche multilaterali. La transizione infatti è necessaria e indispensabile, però deve essere giusta, e assicurare sostegno e solidarietà alle categorie e ai paesi più fragili.
Accelerare le transizioni verso l’energia pulita
Il tema centrale per il futuro dell’Europa e del mondo è la transizione energetica, principale azione di adattamento ai cambiamenti climatici. L’impegno del G20 è quello di cooperare nell’impiego e nella diffusione di tecnologie rinnovabili, necessari alla transizione e strumento essenziale per promuovere e realizzare l’Accordo di Parigi.
“Riaffermiamo il nostro impegno a ridurre le emissioni nel settore energetico e ci impegniamo a farlo ulteriormente attraverso la cooperazione sull’impiego e la diffusione di tecnologie pulite”, si legge nell’accordo.
Il perno dell’economia energetica del futuro è l’idrogeno, chiave della riduzione delle emissioni soprattutto nei settori difficili da abbattere.
Poiché però nessun singolo carburante o tecnologia da solo può consentire all’intero settore energetico di ridurre le emissioni di gas serra, i ministri del G20 sottolineano il grande potenziale delle rinnovabili offshore e dell’energia oceanica.
Come sempre, il tema è economico. Tutti i Paesi sono attivi nella transizione energetica totale, impiegando i 2 miliardi di dollari delle risorse dei Climate Investment Funds (CIFs). Bisogna però continuare a investire sulle tecnologie rinnovabili, insieme alla riduzione dell’uso del metano, riducendo la povertà energetica. Sistemi energetici convenienti, affidabili, sostenibili e moderni sono essenziali per proteggere il nostro pianeta e la sua gente.
Allineamento dei flussi finanziari a Parigi
Per agire veramente sul clima e preservare il nostro pianeta, gli sforzi finanziari ed economici dei Paesi del G20 devono essere orientati verso gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. L’allineamento dei flussi finanziari e degli sforzi per la ripresa con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi rappresenta un’opportunità per la crescita economica facilitando gli investimenti per aumentare l’adozione di soluzioni già disponibili, tra le quali la generazione di energie rinnovabili e tecnologie a basse emissioni.
A questo scopo il G20 riconosce la necessità di sfruttare meglio l’intera gamma di leve e strumenti politici disponibili per la ripresa dal Covid-19. Le strategie di adattamento e resilienza possono essere integrate nei flussi finanziari nazionali e internazionali anche attraverso la mobilitazione di ulteriori risorse pubbliche e private.
In questo senso è importante garantire la considerazione dei rischi climatici attuali e futuri in tutte le agende di investimento e politiche.
Ripresa sostenibile e inclusiva e soluzioni tecnologiche energetiche innovative
Salvare il pianeta dalle conseguenze climatiche è possibile.
Infatti le misure di ripresa hanno il potenziale per aumentare la resilienza economica e sociale globale. Devono però essere in linea con l’Accordo di Parigi e con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU.
La finalità è quella di raggiungere un futuro resiliente ai cambiamenti climatici, che garantisca e fornisca sia un impulso al benessere sociale che alla crescita e allo sviluppo economico sostenibile.
I Paesi del G20 si sono impegnati a destinare una quota ambiziosa dei fondi per i piani nazionali di ripresa e resilienza a favore della mitigazione e dell’adattamento ai cambiamenti climatici.
Particolare attenzione va posta nello stimolare e ridurre i rischi di investimento nel settore privato, anche attraverso la promozione di strumenti di finanziamento congiunti pubblico-privato e partenariati pubblico-privato. L’opportunità è quella di stimolare contemporaneamente la crescita economica, creare posti di lavoro, valorizzare le donne, i giovani e le categorie emarginate.
Il ruolo delle tecnologie innovative, della ricerca e dello sviluppo
Ogni stato è chiamato a fare la sua parte. Infatti i pacchetti nazionali ben progettati per la ripresa svolgono un ruolo cardine nel guidare le azioni a breve termine (NDCs) e nel definire e supportare strategie a lungo termine (LTS) per il raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
Occorre aumentare il livello, sia nel settore pubblico che in quello privato, dell’innovazione e di tutte le attività di Ricerca e Sviluppo. Serve migliorare le tecnologie, divulgare la scienza del clima e aumentare la consapevolezza, la partecipazione e l’accesso pubblico alle informazioni.
Parte degli investimenti in Ricerca e Sviluppo dovrebbero essere orientati specificatamente ad aumentare le soluzioni innovative per un migliore mix energetico sostenibile. Serve accrescere l’efficienza energetica, attraverso modelli di produzione e consumo sostenibili e nuovi modelli di business. La strada è quella di prevedere la possibilità di politiche fiscali e di sussidi che promuovano gli investimenti verso l’innovazione sostenibile e progetti mirati che tengano conto sia degli aspetti economici che di quelli sociali e ambientali.
Smart city
Le città sono particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici e, contemporaneamente, possono essere attori importantissimi nelle azioni di mitigazione. Per questo, i ministri del G20 incoraggiano azioni di governo che contemplino una collaborazione attiva e continua con le città e le aree metropolitane.
In questa chiave sono importanti le iniziative dal basso verso l’alto, come il Patto globale dei sindaci, il C40. Viene riconosciuta anche l’importanza di vivere in armonia con la natura, costruire la resilienza e accelerare la riduzione delle emissioni di gas serra.
Nell’ambito della mobilità la dichiarazione finale ribadisce l’urgente necessità di promuovere una mobilità sostenibile e conveniente, comprese tutte le relative infrastrutture.
È necessario puntare anche sulla transizione digitale. L’obiettivo è quello di garantire il progresso continuo nell’uso estensivo e negli investimenti delle tecnologie digitali nei conglomerati urbani, per l’integrazione di sistema dell’energia rinnovabile variabile, compresi lo stoccaggio di energia, le reti intelligenti, le centrali elettriche virtuali, la gestione dell’offerta e la gestione della domanda.
Quindi tutto volge al meglio?
Purtroppo non è così. Italia e Usa hanno provato ad accelerare su due punti fondamentali: l’impegno a rimanere sotto 1,5 gradi di riscaldamento globale al 2030 e il tentativo di eliminare il carbone dalla produzione energetica al 2025. India e Cina non hanno firmato queste due risoluzioni perché ritenute economicamente non sostenibili per i loro stati. La definizione di questi impegni è stata quindi rinviata al G20 dei capi di Stato e di governo previsto per fine ottobre a Roma.
La strada da percorrere resta così ancora lunga e difficile. L’accelerazione che la pandemia ha impresso a tutte le questioni ambientali trova finalmente una voce qualificata e condivisa come quella del G20. Ora l’attenzione di tutti si sposta alla conferenza sul clima delle Nazioni Unite, Cop 26, che si svolgerà a Glasgow a novembre. L’Italia ha la co-presidenza della Cop 26 insieme al Regno Unito. La necessità di misure ancora più stringenti e urgenti sull’ambiente cresce ogni giorno di più.
La consapevolezza resta comunque quella dell’indissolubile collegamento esistente tra gli obiettivi dei singoli stati e i comportamenti dei singoli cittadini. Senza entrambe queste dimensioni e senza la responsabilizzazione di entrambe le parti in causa, qualsiasi traguardo sull’ambiente diventa irraggiungibile. E iniziare a pensarci da domani è ormai troppo tardi.