Bruxelles – L’Unione Europea prova a ruggire contro la Cina, ma è difficile che Pechino si lascerà spaventare dall’accusa arrivata oggi (lunedì 19 luglio) sulla responsabilità per gli attacchi informatici ai Ventisette. L’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha denunciato “attività informatiche dannose intraprese dal territorio della Cina”, che “ha consentito l’accesso a un numero significativo di hacker” nella falla del server Microsoft Exchange. Come se lo sfruttamento delle armi informatiche per affrontare le guerre ibride non fosse un segreto di Pulcinella.
“Questo comportamento irresponsabile e dannoso ha comportato rischi per la sicurezza e significative perdite economiche per le nostre istituzioni governative e aziende private”, ha attaccato Borrell in una nota. Inoltre, “ha mostrato significative ricadute ed effetti sistemici per la nostra sicurezza, economia e società in generale”. Attacchi informatici non episodici, ma continuativi e globali, collegati a gruppi di hacker come Advanced Persistent Threat 40 e Advanced Persistent Threat 31. Lo scopo rimane sempre il furto di proprietà intellettuale e lo spionaggio indirizzato nei conforti di istituzioni governative, organizzazioni politiche e industrie strategiche sul territorio comunitario.
L’individuazione della Cina come luogo di provenienza – nonostante sia già noto il suo coinvolgimento anche nella diffusione di fake news in Europa tramite azioni informatiche – pone questioni di “irresponsabilità” da parte di Pechino sul fronte del rispetto delle norme internazionali sottoscritte in sede ONU. “Continuiamo a sollecitare le autorità cinesi ad aderire a queste norme e a non consentire che il suo territorio venga utilizzato per attività informatiche dannose”, è stata l’esortazione dell’alto rappresentante UE, che ha anche invitato la controparte ad “adottare tutte le misure appropriate e ragionevolmente disponibili per rilevare, indagare e affrontare la situazione“.
Per Bruxelles l’obiettivo rimane il “forte impegno” per garantire uno spazio digitale “globale, aperto, libero, stabile e sicuro”, rafforzando la cooperazione con partner internazionali e parti interessate “attraverso un maggiore scambio di informazioni e un impegno diplomatico continuo”. Ma soprattutto attraverso l’istituzione della Joint Cyber Unit, una nuova unità cibernetica comune per rispondere alle minacce informatiche che incidono sui servizi pubblici, sulle imprese e sulla vita dei cittadini europei, secondo le linee presentate dalla Commissione UE a fine giugno. “Servono sforzi continui per migliorare la sicurezza generale dei software e le loro catene di approvvigionamento“, ha avvertito Borrell. Lasciando già intuire che da Pechino ci si aspetta una risposta, ma non necessariamente positiva.