Bruxelles – Oltre 7 miliardi di euro per l’Italia dal 2025 al 2032 per ammortizzare i costi sociali della lotta al cambiamento climatico. Sono quelli che potrebbero arrivare a Roma dal nuovo Fondo sociale climatico (‘Climate action social facility’), che Bruxelles mette sul tavolo nel pacchetto Fit for 55 per le famiglie e i cittadini più vulnerabili, per aiutarli a investire nell’efficienza energetica, in nuovi sistemi di riscaldamento e raffreddamento e in una mobilità più pulita. Il pacchetto punta a indirizzare l’UE sulla giusta traiettoria per tagliare le emissioni del 55 per cento entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990) e arrivare alla neutralità climatica entro il 2050.
In questo fondo speciale per la compensazione sociale – di cui si sa ancora poco – in tutto si parla di 72,2 miliardi di euro per sette anni (2025-2032) da finanziare attraverso il 25 per cento delle entrate previste dal nuovo sistema ETS dedicato alle emissioni dell’edilizia e dei carburanti per il trasporto su strada, che dovrebbe introdursi a partire dal 2026. La riforma dell’Ets è una delle misure attualmente più contestate di tutto il pacchetto da parte degli osservatori – compreso il Parlamento europeo – perché si teme un aumento dei prezzi dei carburanti e del riscaldamento a ricadere sulle famiglie più povere, dovuto al fatto che i settori entreranno nel sistema di scambio di quote di emissioni che fissa un tetto massimo per l’inquinamento da emissioni. L’attuale sistema Ets arriva fino a una riduzione del 43 per cento delle emissioni dei settori che copre (una parte dell’industria, il comparto energetico e i voli intra UE), quindi per l’UE pur facendo bene non fa abbastanza. Secondo le previsioni di Bruxelles l’estensione potrebbe portare a una riduzione fino al 60 per cento delle emissioni, che potrebbe indirizzarla nella giusta direzione per centrare i suoi obiettivi. Prezzare le emissioni funziona, ma finora il mercato del carbonio riguardava solo imprese e industrie, non direttamente le case e i cittadini.
Prima di ipotizzare come e quando gli Stati spenderanno questi fondi, è d’obbligo una precisazione: il Fit for 55 e tutte le legislazioni che lo compongono sono solo delle proposte avanzate dalla Commissione. Consiglio e Parlamento, in qualità di co-legislatori, saranno chiamati lavorarci su nei prossimi due anni (almeno) per trovare un compromesso e quindi elaborare una proposta definitiva. Alla fine dei negoziati, come spesso accade, la proposta finale potrebbe essere molto diversa da quella di partenza.
Detto questo, secondo le stime iniziali della Commissione l’Italia sarebbe il terzo Paese per quantità di finanziamenti. Sopra di lei, la Polonia (12 miliardi) e la Francia (8 miliardi), mentre la segue la Spagna con quasi 8 miliardi. Ma ciò che salta all’occhio a vedere questa prima ripartizione è una distribuzione molto poco omogenea dei fondi tra i 27, che vanno dai 12 miliardi alla Polonia ai 5 milioni per Malta. L’esecutivo spiega nelle 66 pagine di documento che ha infatti utilizzato una chiave di ripartizione piuttosto particolare, tenendo conto sia della dimensione e della ricchezza degli Stati, sia criteri più specifici come la popolazione rurale vicina al livello di povertà o le emissioni di carbonio da sistemi di riscaldamento speciali. Bruxelles prevede un co-finanziamento, ovvero solo il 50 per cento dei finanziamenti arriverà dall’UE.
Per ora le stime sono provvisorie. Una volta che il nuovo ETS sarà in vigore, nel 2026, “verrà effettuata una valutazione dell’entità della dotazione di bilancio del fondo alla luce delle entrate accumulate”, e la Commissione si riserva la possibilità di rivedere il suo nuovo strumento. Una parte dei finanziamenti dovrebbe essere erogata già dal 2025 con un pre-finanziamento dal Bilancio europeo, in modo da arrivare preparati all’impatto del nuovo sistema Ets che sarà in vigore dall’anno successivo.
Piani strategici
Più fondi europei, ma come assicurarsi che siano spesi nella giusta direzione e che arrivino a chi sono destinati. Per monitorare i risultati dell’attuazione del Fondo, “sarà istituito un sistema per richiedere ed eseguire i pagamenti dal Fondo”, si legge nel documento. Gli Stati membri dovrebbero mettere a punto i loro piani sociali per il clima per stabilire le misure e gli investimenti da finanziare, i loro costi previsti, nonché le tappe e gli obiettivi per raggiungerli. La Commissione deve valutare questi piani e può approvarli solo dopo una valutazione positiva, cui seguirà l’erogazione dei fondi.
Tra le tredici proposte del pacchetto, il Fondo sociale è stato introdotto letteralmente all’ultimo minuto alla fine di giugno. Anche se il vicepresidente esecutivo Frans Timmermans da mesi ormai prometteva qualche strumento per compensare i costi aggiuntivi della transizione per i più vulnerabili. Il fondo è chiaramente un modo della Commissione per contrastare le critiche (che comunque non mancheranno), contro chi già preannuncia rivolte politiche e sociali alla stregua dei gilet gialli francesi che a partire dal 2018 occuparono le strade di centinaia di città francesi per protestare contro le nuove tasse imposte da Macron che avrebbero fatto aumentare il prezzo del gasolio e della benzina. Anche il presidente francese le aveva previste all’interno di un più ampio piano a tutela dell’ambiente per incentivare il passaggio ad auto ibride o elettriche.