Bruxelles – A proteggere gli interessi finanziari dell’Ue dal primo giugno c’è l’EPPO (European Public Prosecutor’s Office), la nuova Procura europea guidata da Laura Kövesi con sede a Lussemburgo, che perseguirà reati come la corruzione, il riciclaggio di denaro e le frodi a danno dell’IVA transfrontaliera oltre i 10 milioni di euro. La Procuratrice capo sovrintende il Collegio dei 22 Procuratori europei degli stati Ue aderenti, nominato dal Consiglio europeo. Per l’Italia è presente Danilo Ceccarelli, magistrato dal 1995, che porta ad EPPO una grande esperienza nel perseguimento di reati finanziari transnazionali, frodi fiscali, corruzione, criminalità organizzata e riciclaggio di denaro. Già sostituto procuratore a Milano, è stato International Prosecutor per la missione EULEX in Kosovo e membro italiano di FATF, organo globale di vigilanza contro il riciclaggio e i finanziamenti al terrorismo. Da novembre è stato eletto Viceprocuratore europeo di EPPO, ruolo che ricoprirà con il tedesco Andrés Ritter per tre anni.
EUNEWS: Di cosa si occupa esattamente EPPO?
Ceccarelli: È semplice. Come tutte le altre procure degli stati membri, la Procura europea coordina le indagini, esercita l’azione penale e rappresenta l’accusa in giudizio. In particolare lo fa fino a sentenza definitiva, non solo in primo grado ma anche in appello ed eventualmente in cassazione. Siamo una procura al 100%, disponiamo della polizia giudiziaria, interloquiamo con il giudice nel chiedere l’autorizzazione per alcune misure investigative, possiamo chiedere sequestri, arresti eccetera. Abbiamo tutti i poteri delle procure. Lo facciamo di fronte ai giudici degli stati membri. Quindi c’è una Procura europea, ma la struttura organizzativa è quella nota: i nostri Procuratori europei delegati (PED) operano negli stati membri ed esercitano le loro funzioni in relazione alle corti nazionali. Lato spese, la materia di nostra competenza è la tutela degli interessi finanziari dell’Ue, trattiamo indagini e portiamo avanti i processi relativi ai reati che ledono questi ultimi. Lato entrate, reati di contrabbando e reati di frode Iva, essendo i dazi doganali e l’Iva due risorse proprie dell’Ue (l’Iva parzialmente, i dazi al 100%). Lato spese, tutto ciò che può essere collegato all’erogazione di fondi europei tramite appalti o all’aggiudicazione di progetti. Quindi semplici frodi, ma anche fatti di corruzione e peculato, inclusi i reati contro la pubblica amministrazione e una serie di fattispecie legate alla criminalità organizzata che hanno come fine i “reati PIF” dal nome della direttiva sulla protezione degli interessi finanziari dell’Ue. Ma anche tutte le fattispecie di riciclaggio che hanno come presupposto i reati PIF.
E: Perché serve una Procura europea?
C: Se ne parla in modo concreto dall’inizio degli anni zero ed è prevista dall’articolo 86 del trattato sul funzionamento dell’Ue. Serve perché vi è la percezione che, specie in alcuni stati membri, i procedimenti in cui sono in gioco le risorse dell’Ue non siano trattati con la dovuta celerità e priorità, anche per il recupero delle somme perse dall’Unione. Pertanto si è ritenuto che creare una procura europea con questo mandato specifico avrebbe innalzato il livello di tutela degli interessi finanziari dell’Ue.
Poi c’è anche una scelta più politica. EPPO è un organismo rivoluzionario nel panorama mondiale degli ordinamenti giudiziari, essendo la prima procura sovranazionale che opera in numerosi stati sovrani. Una cessione di sovranità senz’altro significativa. L’articolo 86 in realtà prevede anche la possibilità di un allargamento delle competenze sui reati che ricadono sotto l’attenzione dell’Ue, ma questo è un discorso che vale per un futuro non troppo vicino.
E: Quale sarà il rapporto con l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e le altre agenzie europee?
C: Per OLAF cambieranno molte cose in positivo. In primis, l’attenzione che finalmente riceverà da una Procura della Repubblica o un organo inquirente per i propri casi. Finora si doveva interfacciare con le procure di 27 stati membri, anche in situazioni frammentate come l’Italia in cui ce ne sono circa 140. In alcuni stati OLAF otteneva scarsissima attenzione, ora avrà un interlocutore unico e privilegiato che è EPPO, si legge nel regolamento e nell’accordo di lavoro che abbiamo già concluso con OLAF (siglato il 5 luglio, ndr). In più, poiché il mandato di entrambi gli organi è la tutela degli interessi finanziari dell’UE, questi procedimenti diverranno prioritari per entrambi, in una comunione di intenti. OLAF perderà una discreta fetta di autonomia, perché entrambi i regolamenti prevedono che non possa aprire o proseguire indagini in autonomia qualora EPPO assuma la competenza per lo stesso fatto. Ma c’è la possibilità di coinvolgere pienamente OLAF nei nostri procedimenti restituendogli un ruolo attivo al loro interno, pur sotto il nostro coordinamento.
E: EPPO ha iniziato le sue operazioni il primo giugno, a 10 mesi dall’insediamento. Perché questo ritardo?
C: Non è affatto un ritardo, siamo stati anche molto rapidi! Noi Procuratori siamo stati nominati il 29 luglio 2020, una data non eccezionale per cominciare un’attività lavorativa, mentre il Collegio solo a fine settembre. Quest’ultimo ha dovuto porre le fondamenta del funzionamento della procura, la struttura amministrativa, giudiziaria, le regole interne di procedura, quelle per i PED e le Camere permanenti, le linee guida per le indagini e l’esercizio dell’azione penale. Una costruzione anche fisica – ci siamo trasferiti a gennaio nella nuova sede – e dello staff, passato ora a circa 120 persone compresi i Procuratori europei, che in questi mesi ha lavorato al massimo per l’allestimento dell’ufficio e la creazione di un ordinamento giudiziario nuovo, cosa non da poco. C’è tutta una serie di norme di autogoverno dei 140 PED volte a garantire la loro indipendenza e operatività, un lavoro che durerà anni, anche per la parte operativa, molto faticosa. Lo staff stimato a livello centrale si è rivelato subito insufficiente per la mole di lavoro che abbiamo. L’interlocutore è la Commissione che è perfettamente informata, nel corso dell’anno potrebbero garantirci maggiori risorse umane. Non chiediamo più soldi perché il budget è sufficiente, ma l’autorizzazione ad assumere personale specializzato in grado di gestire questo tipo di lavoro.
E: Grazie ai nuovi strumenti per la ripresa, l’UE erogherà una grande quantità di risorse finanziarie. Margini facili per la malavita? Quali sfide per voi?
C: Margini facili non so, di certo la coincidenza è molto particolare. Quando nel 2017 entrò in vigore il regolamento su EPPO nessuno pensava a una circostanza simile. Sappiamo anche che fisiologicamente una tale quantità di finanziamenti distribuita agli stati comporterà per forza condotte criminose tendenti ad accaparrarseli. In questi casi sia le organizzazioni criminali più strutturate che i criminali più casuali tengono le antenne alzate, dando luogo a indagini, processi, condanne e tentativi di recupero delle somme sottratte. Siamo sicuri che questo straordinario afflusso di fondi europei in così poco tempo, quando verrà distribuito (seconda metà del 2021), aumenterà il nostro lavoro in modo notevole.
E: L’indipendenza è uno dei criteri di selezione dei Procuratori del Collegio. Cosa implica e come mantenerla?
C: Implica moltissimo. Primo, che si rispetti alla lettera il regolamento, ovvero la totale separazione della Procura europea da ogni altra istituzione UE (esecutivo, legislativo) e nazionale, quindi il divieto di prendere istruzioni da questi organismi. Comporta anche l’autonomia dei Procuratori europei a Lussemburgo, ma anche dei PED nei 22 stati membri dalle loro autorità giudiziarie nazionali e dalle autorità di autogoverno della magistratura nazionali, quindi i CSM, i Procuratori Capo della Repubblica, il Procuratore Generale. È un punto su cui insistiamo molto e un valore fondante dell’attività di EPPO. Significa anche la necessità di spingere sull’aspetto culturale e mentale dell’indipendenza, che è un patrimonio non presente allo stesso modo in tutti gli stati membri. Lei lo sa bene, in Italia è una pietra miliare del nostro ordinamento giudiziario, anche negli uffici requirenti. Ma per alcuni colleghi resta un salto in un territorio inesplorato notevole, e anche un esempio di quello che potrebbe succedere nei rispettivi stati membri.
E: La Procuratrice capo Kövesi ha incontrato in tempi recenti il ministro Cartabia. Si è parlato di cooperazione tra uffici investigativi delle rispettive procure. EPPO aveva già espresso soddisfazione per l’esperienza della magistratura italiana. Da noi, il decreto attuativo per l’adeguamento al regolamento UE 2017/1939 che istituisce la Procura ha riportato inizialmente un parere positivo del CSM, pur con riserve circa la collocazione dei PED nel nostro ordinamento e l’assenza in altri di reati simili a quelli del nostro 416 bis (mafia).
C: Ho sentito anche io delle riserve dei colleghi al CSM sui potenziali pericoli. Non è un approccio che condivido, preferisco guardare alle opportunità e alle potenzialità di un ufficio come questo. Detto questo, ci sono problemi di tipo ordinamentale oltre che procedimentale, nessuno lo nega. La possibile interferenza con i procedimenti di contrasto all’attività mafiosa in Italia è uno di questi. Noi ne siamo talmente consapevoli che quando la Procuratrice capo è venuta in Italia il 24 maggio abbiamo firmato un protocollo d’intesa con la Direzione Nazionale Antimafia basato su consultazione reciproca, scambio delle informazioni operative, cooperazione e coordinamento, ogni qual volta vi siano procedimenti e indagini paralleli e con profili di connessione. Questo proprio per evitare l’indebolimento dell’azione, ognuno nell’ambito delle sue competenze e nella sua totale indipendenza. È il primo accordo concluso a livello europeo di questo genere e finora l’unico firmato. Consapevoli dei rischi che l’inizio della nostra attività poteva porre abbiamo inteso anticipare i tempi. Abbiamo altri accordi in corso con altre istituzioni nazionali ed europee sovranazionali, ma quello con l’Italia spero farà da modello anche per altri stati membri.
E: La Procura europea è un passo in più verso uno spazio di giustizia penale europeo?
C: È un passo molto avanzato. Lo spazio di giustizia penale europeo esiste da qualche decennio, le prime decisioni adottate risalgono agli anni 80 e 90, e fino all’inizio degli anni 2000 si è continuato ad avvicinare gli stati sia dal punto di vista sostanziale che processuale nell’ambito del diritto penale europeo. Fino ad arrivare a strumenti molto forti, dalla direttiva sull’ordine europeo di indagine penale, sulle squadre investigative comuni, al regolamento 1805/2018 entrato in vigore lo scorso anno –pertanto con molto più impatto e applicabilità- sul mutuo riconoscimento dei provvedimenti di sequestro e confisca. O ancora prima, il sistema del mandato di arresto europeo.
La procura europea è un passo da gigante, perché per la prima volta si istituisce un organismo operativo nell’ambito del diritto penale europeo. Non è un caso che la cessione di sovranità in questo ambito costituisca una novità di tale impatto che alcuni stati membri, per motivazioni prettamente politiche, abbiano deciso di non unirsi alla Procura europea.
E: Gli stati aderenti ad EPPO si sono rivelati tutti collaborativi?
C: Una delle nostre maggiori preoccupazioni da quando ci siamo insediati a settembre non è tanto quello che facciamo a livello centrale. Noi abbiamo una strategia, l’abbiamo manifestata in maniera trasparente, il nostro sito riporta le nostre linee guida anche riguardo alle attività di indagine. È molto chiara anche la posizione della Procuratrice europea in situazioni in cui i PED vorrebbero poter svolgere funzioni nazionali, cosa cui ci siamo sempre opposti e per cui non abbiamo mai dato il consenso a nessuno stato membro.
Quello che ci preme è stato sempre quanto pronti e collaborativi si sarebbero rivelati gli stati, quanto capaci di organizzare gli uffici periferici e quanto supporto ci avrebbero dato. Abbiamo avuto risposte diverse, con tempi diversi. Di certo non ci aspettavamo un atteggiamento così manifestamente ostruzionistico come quello della Slovenia, che ha completato la procedura di selezione dei PED a dicembre, e all’improvviso pochi giorni prima dell’inizio delle nostre operazioni ha annullato l’intera procedura. Non è un atto tale da paralizzare la nostra azione, siamo un ufficio unitario in grado di operare in tutti gli stati, ma di certo limita grandemente la nostra efficacia in quel paese. Un paese in cui il denaro pubblico dei cittadini europei che pagano le tasse verrà speso senza alcuna tutela penale, o molto più limitata. Non avere i PED che lavorano sul territorio e fare tutto da Lussemburgo, con tutte le difficoltà logistiche di coordinamento della polizia giudiziaria, è un problema non da poco. Una situazione inaccettabile da tutti i punti di vista.