Bruxelles – A tre giorni dalla presentazione del pacchetto Fit For 55 da parte dell’UE, i leader delle finanze del G20 riuniti a Venezia dall’8 all’11 luglio hanno riconosciuto per la prima volta il prezzo del carbonio come potenziale soluzione alla lotta al cambiamento climatico, muovendo i primi passi verso un accordo globale sul prezzo delle emissioni di carbonio. Un accordo che potrebbe arrivare alla prossima COP26 di Glasgow, la Conferenza sul clima delle Nazioni Unite in programma dal 31 ottobre al 12 novembre nel Regno Unito.
Il cosiddetto carbon pricing è menzionato nel comunicato diramato dalle principali economie al mondo al termine della riunione in un elenco di potenziali misure per accelerare sul taglio delle emissioni, tra investimenti a “infrastrutture sostenibili e tecnologie innovative che promuovono la decarbonizzazione e l’economia circolare, la progettazione di meccanismi per sostenere le fonti di energia pulita e, se appropriato, l’uso di meccanismi di prezzo del carbonio e di incentivi, fornendo allo stesso tempo un sostegno mirato per i più poveri e i più vulnerabili”. Per l’Italia alla presidenza di turno del G20 e alla co-presidenza con il Regno Unito alla COP26 di Glasgow, significa aver contribuito a far compiere progressi significativi a un’alleanza globale contro il cambiamento climatico. “Non ero mai stata a un meeting in cui praticamente ciascuna sessione, in un modo o nell’altro, toccasse il futuro del clima”, ha ammesso Kristalina Georgieva, direttrice del Fondo monetario internazionale, in un’intervista all’ANSA. Stavolta, l’impegno dei ministri delle finanze e dei governatori “è più coerente e lungimirante”.
Come riporta il Financial Times, intervenendo ieri alla Conferenza internazionale sul clima di Venezia, organizzata dal Ministero dell’Economia e dalla Banca d’Italia a margine dei colloqui del G20, anche la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde, ha sottolineato la necessità di chiarezza sui prezzi del carbonio e l’importanza di un “prezzo effettivo del carbonio che rifletta il vero costo del carbonio”. L’impegno, se pure ancora vago, consente un significativo salto di qualità nella discussione su come affrontare globalmente le sfide sulla decarbonizzazione e rende verosimile un accordo alla COP26. L’appuntamento internazionale a Glasgow è particolarmente importante, si capirà se gli impegni politici dei governi mondiali saranno sostenuti anche da piani d’azione in grado di metterli in atto
Mercoledì 14 luglio Bruxelles svelerà il suo piano per un meccanismo di aggiustamento del carbonio alle frontiere (Carbon border adjustment mechanism), banalmente chiamato tassa sul carbonio alle frontiere, per prezzare le emissioni generate dalla produzione di beni importati in UE. Dovrebbe applicarsi agli importatori di energia elettrica, fertilizzanti, acciaio, ferro e alluminio (settori ad alto consumo energetico), così da scoraggiare eventuali tentativi delle industrie di spostare la produzione in Paesi che hanno regole sul taglio delle emissioni meno stringenti dell’UE. Ma Bruxelles la considera soprattutto una misura di diplomazia climatica, per convincere i Paesi meno rigorosi a introdurre misure simili al proprio sistema di scambio di quote di emissioni (ETS dell’UE). Se tutti i Paesi – almeno i grandi emettitori – stabilissero un prezzo sulle emissioni, si renderebbe di fatto il CBAM superfluo. Di contro, i critici temono che possa essere solo una misura protezionistica e creare barriere commerciali.
L’apertura al summit G20 significa anche un cambio di passo dell’amministrazione statunitense di Joe Biden, dopo i quattro anni di Donald Trump segnati dal ritiro degli USA dall’accordo di Parigi sul clima. Sulla tassa europea al carbonio, è da quando Biden è salito alla Casa Bianca a gennaio che è in corso un dialogo costante con le istituzioni europee per trovare una convergenza su questo tema, l’UE teme che la misura possa essere letta come tentativo di protezionismo commerciale. Pur essendo molto cauti, gli Stati Uniti sono tra i Paesi insieme a Brasile, India, Sudafrica e Cina ad aver lasciato intendere a Bruxelles di non gradirla. Per capire come sarà accolta la misura a livello internazionale, molto dipenderà dai dettagli della proposta che Bruxelles avanzerà tra due giorni, se saranno previste o meno esenzioni per gruppi di Paesi.