Bruxelles – Un vero e proprio tsunami legislativo, pronto a rivoluzionare buona parte della normativa europea in materia di energia e non solo. Si chiamerà Fit for 55 perché l’obiettivo è quello di portare l’UE a tagliare le proprie emissioni di CO2 del 55 per cento entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990), come prescritto dalla prima legge europea sul clima. La Commissione europea presenterà il nuovo pacchetto legislativo la settimana prossima, mercoledì 14 luglio: ci saranno dodici proposte, di cui la maggior parte riguardano un rafforzamento di direttive o regolamenti già esistenti, pochissimi sono nuovi atti legislativi. Ma andranno comunque a rivoluzionare la portata dell’ambizione climatica dell’UE. Dopo la Legge clima, si tratta della prima proposta concreta per raggiungere gli obiettivi del Green Deal.
L’idea che muove questo pacchetto, spiegano fonti, è quella di coinvolgere non solo tutti gli Stati membri nella transizione ma soprattutto tutti i settori della società, oltre che fare in modo che tutti possano beneficiarne. Qui abbiamo raccolto le informazioni finora trapelate sul pacchetto, per cercare di capirne la portata rivoluzionaria.
Riforma ETS e sistema separato per trasporti ed edifici
La Commissione resta fedele al suo mercato di scambio delle emissioni di CO2, il sistema ETS, in quanto “elemento chiave nella nostra politica climatica ché ha contribuito a ridurre le emissioni in particolare nell’elettricità e nell’industria in modo spettacolare”. Il fatto è che allo stato attuale, il funzionamento del mercato del carbonio non consente di raggiungere i nuovi obiettivi europei per il 2030, quindi Bruxelles punta a rafforzarlo: questo comporta un abbassamento del tetto massimo delle quote gratuite date alle industrie “a partire dall’anno successivo all’entrata in vigore”, sia un nuovo “fattore lineare di riduzione” per determinare il tasso di riduzione delle emissioni. Entrambi gli indicatori non erano ancora fissati nella bozza che abbiamo pubblicato la scorsa settimana.
Il sistema ETS attuale copre il settore energetico e industriale e i voli intra UE. Bruxelles si spinge oltre, e la revisione includerà l’introduzione del settore marittimo e con un sistema separato e complementare estenderà il mercato delle quote anche a trasporti ed edifici, che finora ne erano rimasti fuori. Secondo la bozza, questo secondo sistema sarà introdotto a partire dal 2025 (per farlo entrare in vigore dal 2026).
Un meccanismo per il sociale e la povertà energetica
A questo secondo sistema ETS si lega un altro tassello del Fit for 55: la ‘Climate action social facility’, ovvero un “fondo sociale” pensato per proteggere i cittadini e famiglie da eventuali aumenti dei prezzi sui carburanti o il riscaldamento degli edifici nel momento in cui entrerà in vigore l’ETS per questi settori. A quanto apprendiamo, saranno le entrate del mercato del carbonio per strade ed edifici a essere destinate a questo “meccanismo climatico sociale”.
La percentuale non è ancora stabilita ma dovrebbe essere una parte “significativa” del reddito generato, sostiene la Commissione. E per la prima volta, l’UE pensa a mettere a punto una politica per combattere la condizione di povertà energetica, in cui versano circa 35 milioni di europei che non sono in grado di mantenere le proprie case adeguatamente calde d’inverno o adeguatamente fresche d’estate, o anche solo di pagare le bollette e di accedere ai servizi energetici di base. Gli Stati dovranno presentare piani per combattere la povertà energetica, che poi la Commissione dovrà approvare e dovrebbero essere co-finanziati dall’Unione. Come con l’attuale EU ETS, il resto delle entrate del sistema stradale e degli edifici andrà agli Stati membri o ai fondi europei.
Pozzi di carbonio
Non solo riduzione delle emissioni prodotte, Bruxelles punta a aumentare i pozzi naturali di assorbimento di carbonio. Nel pacchetto è inclusa la revisione del regolamento sull’inclusione delle emissioni e degli assorbimenti di gas a effetto serra derivanti dall’uso del suolo e silvicoltura (LULUCF), visto che per adesso non è previsto un vero e proprio target. Attualmente, l’UE assorbe circa 225-265 mega tonnellate di CO2 dall’atmosfera, ma bisogna aumentare per raggiungere gli obiettivi di neutralità. Un ruolo chiave, spiegano da Bruxelles, avrà il comparto dell’agricoltura visto che “ci sono molti modi per eseguire l’agricoltura in modo tale da sequestrare effettivamente il carbonio nel suolo”, come l’agricoltura di precisione. Servirà tempo, ma l’agricoltura dovrà entrare formalmente nel regolamento LULUCF.
Condivisione degli sforzi per abbattere le emissioni
Nella revisione del regolamento sul cosiddetto “Effort Sharing”, la condivisione dello sforzo tra Stati per ridurre le emissioni – dentro quei settori non coperti dall’ETS come i trasporti, l’edilizia, l’agricoltura, l’industria non ETS e i rifiuti – dovrebbe essere aumentata di circa un 10 per cento. I capi di Stato e governo ne hanno discusso al Consiglio europeo di maggio, senza ottenere grandi risultati e rimandando una posizione comune a dopo la pubblicazione del pacchetto da parte della Commissione.
Rinnovabili, efficienza energetica e tassazione energia
Previsto un aggiornamento della direttiva sull’uso di energia da fonti rinnovabili, per portare la quota complessiva di energia pulita al 38-40 per cento (dall’attuale 32 per cento), e della direttiva sull’efficienza energetica per portare al 36-37 per cento nel 2030 l’obiettivo a livello europeo (anche questo fissato al 32 per cento). Sarà inoltre rivista la direttiva sulla tassazione dell’energia.
Nuovi standard di CO2 per auto e van e carburanti alternativi
Il pacchetto prevede un regolamento per nuovi standard sulle emissioni di CO2 di auto e furgoncini, per un “parco auto verso le emissioni zero”. Nell’ottica di una mobilità sostenibile, sarà cruciale anche rivedere la direttiva sulle infrastrutture per i combustibili alternativi. Rimanendo in tema di carburanti, l’UE si occuperà anche di navi e aerei: attraverso due iniziative separate chiamate “Refuel EU” per aviazione e trasporto marittimo, si prevedono nuove norme sulle emissioni dei carburanti per le navi che entreranno nei porti europei (che dovranno avere gli stessi standard dell’UE) e per gli aerei.
Meccanismo di aggiustamento del carbonio
Lasciamo per ultimo una delle parti più consistenti di questa riforma. CBAM, è questo l’acronimo (Carbon border adjustment mechanism) brandito da Bruxelles come la soluzione per proteggere l’industria europea dalle rilocalizzazioni causate da un’ambiziosa politica climatica dell’UE. A livello normativo si tratterà di un nuovo regolamento.
Per mesi se ne è parlato come di una tassa sul carbonio alle frontiere, ma Bruxelles punta ad abbandonare questo nome per evitare attriti con i partner internazionali, che rischiano di non gradire molto questa misura. Tassa suona molto come misura protezionistica, mentre l’UE vuole che sia considerata una misura di diplomazia climatica per alzare le ambizioni globali sul clima. Ma di fatto questo è: far pagare per le emissioni generate dalla produzione di beni importati in UE e già Brasile, India, Sudafrica e Cina hanno iniziato a storcere il naso. “Stiamo lavorando con i nostri partner per convincerli a introdurre un prezzo nazionale sul carbonio per evitare che il meccanismo li danneggi”, spiega una fonte. Ed è forse il motivo per il cui il vicepresidente esecutivo Frans Timmermans si è recato questa settimana in visita in Corea del sud e Singapore.
Il fatto che Bruxelles adotti misure climatiche stringenti, rischia da un lato di svantaggiare le industrie europee sul piano internazionale e dall’altro le spinge a spostare la propria produzione altrove per evitare i costi più elevati (la cosiddetta rilocalizzazione delle emissioni). Per ora il piano di Bruxelles prevede di applicare questo meccanismo agli importatori di energia elettrica, fertilizzanti, acciaio, ferro e alluminio (quelli ad alto consumo energetico). Non è chiaro se e come saranno previste delle esenzioni per alcuni Paesi, la Commissione sostiene di no perché in maniera fin troppo ottimistica ritiene che il CBAM spingerà gli altri Paesi agli stessi livelli di ambizione climatica dell’UE e “quindi un meccanismo di aggiustamento alle frontiere non sarà proprio necessario”.
Il meccanismo è profondamente legato all’ETS, in primis perché il prezzo delle emissioni sarà lo stesso del mercato di CO2 e poi perché consentirà l’abolizione graduale delle quote gratuite date alle industrie prevista dalla riforma. Si può dire che è la proposta è complementare alla riforma dell’ETS perché tutti i settori e i sotto-settori coperti da tale misura non “potranno ricevere l’assegnazione gratuita” delle quote di emissioni, che è la misura che attualmente l’UE usa per non svantaggiare troppo le proprie industrie. Ad ogni modo, la proposta di Bruxelles dovrà essere in linea con le regole commerciali dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), altrimenti rischia di subire una rielaborazione proprio in questa sede.