Bruxelles – Fit for 55 e COP26 sul clima di Glasgow. Sono questi gli appuntamenti, legislativi e internazionali, che metteranno alla prova la Slovenia alla guida dell’Unione Europea in materia di clima ed energia. Lubiana prende oggi (primo luglio) e per sei mesi le redini dell’UE da dove le lascia il Portogallo: con un pacchetto legislativo rivoluzionario che sarà presentato dalla Commissione tra 13 giorni e con una conferenza internazionale sul clima in cui far emergere il ruolo di leadership climatica dell’UE.
Clima ed energia, per quanto centrali nel dibattito europeo, sono appena accennati tra le priorità del programma ufficiale della presidenza di Lubiana, che individua quattro aree di intervento primario: autonomia strategica (da realizzare attraverso la doppia transizione verde e digitale), la Conferenza sul futuro dell’Europa, stato di diritto e la politica di vicinato. Nonostante questo, le esigenze del Green Deal spingono a chiedersi come si comporterà la nuova presidenza sui prossimi impegni, sia interni sia esterni.
“Il primo (il pacchetto Fit for 55) è un vero e proprio tsunami legislativo”, lo definisce la vice-rappresentante permanente di Slovenia in UE, Tamara W. Požar, durante un un briefing con la stampa organizzato il 29 giugno dall’API (International Press Association) di Bruxelles. E sarà proprio questo, uno tsunami: il pacchetto legislativo andrà a modificare una parte consistente della normativa europea in materia di energia e ambiente, dalla revisione del sistema di scambio delle emissioni dell’UE (il sistema ETS), a un regolamento sulla condivisione degli sforzi tra gli Stati membri per la riduzione delle emissioni. Ci saranno nuove norme sulle emissioni di CO2 per i veicoli, un’adeguata regolamentazione dell’uso del suolo e delle foreste. Il tutto – come suggerisce il titolo del pacchetto – per centrare l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra del 55 per cento entro il 2030, rispetto ai livelli 1990.
Il dossier più pesante da gestire sarà la tassa sul carbonio alle frontiere, ovvero un meccanismo di aggiustamento per dare un prezzo alle emissioni importate nell’UE (dei beni che sono immessi nel mercato europeo). Su questo probabilmente Lubiana metterà in piedi un gruppo di lavoro specifico, per ottimizzare insieme la “competenza degli esperti di ambiente, ma anche di quelli fiscali e doganali”, ha spiegato l’ambasciatore di Lubiana presso l’UE, Iztok Jarc. “Cercheremo di assicurare una discussione comprensiva sul pacchetto sia a livello tecnico sia a livello politico. Sarà un lungo lavoro con la presidenza inizieremo le discussioni e potenzialmente entro la fine dell’anno proveremo a raggiungere qualche conclusione“, spiega la vice. Visto l’alto numero di atti che saranno presentati (12 in tutto) il 14 luglio, sarà difficile in soli sei mesi di presidenza registrare passi avanti significativi. Sulla revisione delle direttive sulle fonti di energia rinnovabile (RES) e sull’efficienza energetica, la presidenza slovena inizierà i negoziati su entrambi gli atti e, alla loro conclusione, preparerà delle relazioni sullo stato di avanzamento con l’obiettivo di raggiungere un accordo il più presto possibile.
Il pacchetto sarà presentato a metà luglio, già il 20 e 21 del mese (prima della chiusura estiva) ci sarà una riunione informale dei ministri dell’Energia a Lubiana, con il vicepresidente esecutivo per il Green Deal, Frans Timmermans. Se ne riparlerà poi da settembre, probabilmente la linea sarà quella di “dividere” il pacchetto in temi e lavorarci singolarmente, con i vari ministri competenti riuniti a livello di Consiglio. In autunno si parlerà di come affrontare le valutazioni di impatto per i vari settori. Chiaro che molti gli elementi del pacchetto sono collegati tra loro e quindi nonostante la volontà di mantenerli separati, dovranno essere affrontati anche nel complesso. Già a settembre, il consiglio Competitività dovrebbe avere una prima discussione sul legame tra strategia industriale dell’UE e il Fit for 55.
Leadership climatica globale
L’attenzione di Lubiana si dovrà spostare poi sul fronte internazionale. La Conferenza sul clima delle Nazioni Unite che si terrà in Regno Unito dal 31 ottobre al 12 novembre, ospitata dal britannico Boris Johnson è forse il più atteso evento internazionale in materia di lotta ai cambiamenti climatici da prima dello scoppio della pandemia. Ogni cinque anni è previsto che i firmatari dell’accordo di Parigi – sottoscritto anche dall’Unione Europea nel 2015 – presentino i loro contributi determinati a livello nazionale (gli indicatori NDC) aggiornati, in altre parole i loro piani d’azione per il clima e le strategie da mettere in atto per incontrare gli obiettivi fissati di volta in volta.
Avrebbero dovuto farlo entro il 2020, ma la pandemia ne ha posticipato i lavori a quest’anno ma sarà lo stesso un momento cruciale soprattutto per aumentare l’ambizione globale sul clima. Un mandato per l’Unione Europa sarà formulato al Consiglio ambiente in programma a ottobre, prima dell’inizio della COP e senza voler fare speculazioni, secondo la presidenza di Lubiana, molto spazio sarà conferito a come finanziare la transizione climatica nei prossimi anni. Su questo dovrebbero impostarsi i colloqui con le altre potenze mondiali, mentre l’UE aspira a un ruolo guida per la neutralità climatica a globale.
La Slovenia dovrà contribuire a un impegno globale anche in materia di biodiversità. La Convenzione sulla Diversità Biologica (COP15), che si terrà a Kunming, in Cina, a ottobre è organizzata dalle Nazioni Unite allo scopo di fissare nuovi obiettivi globali in materia di biodiversità e rafforzare gli sforzi in questo settore. Anche qui servirà l’impegno di tutti.
I dossier lasciati aperti dal Portogallo
Tra i dossier energetici lasciati in sospeso dalla presidenza di Lisbona, spicca la revisione del regolamento TEN-E sulle reti transeuropee per l’energia, ovvero le norme che definiscono quali progetti energetici transfrontalieri possono essere “Progetti di interesse comune (PCI)”, dando loro accesso a determinati fondi europei. I ministri dell’UE hanno adottato un orientamento generale a giugno, ma la strada è ancora lunga e soprattutto molto scivolosa perché l’Europarlamento è pronto a dar battaglia per escludere i finanziamenti alle nuove infrastrutture che trasportano miscele di idrogeno e gas naturale o biometano. Gli Stati hanno previsto un periodo transitorio fino al 2030 in cui è possibile farlo, ma per l’Europarlamento non è in linea con le promesse di decarbonizzazione e dovrebbe adottare la propria posizione durante la plenaria di settembre, per poi iniziare i negoziati a tre istituzioni (in gergo ‘trilogo’).
Lubiana spera in un accordo entro fine 2021, quindi sotto il suo semestre, e scrive di volere reti energetiche “pienamente in linea con il Green Deal e gli obiettivi di decarbonizzazione a lungo termine dell’UE” contribuendo all’integrazione settoriale e di mercato, alla sicurezza dell’approvvigionamento e alla concorrenza. Per riuscire a integrare le fonti di energia rinnovabili nella rete che trasporta oggi il gas, ci sarà da aspettarsi passi avanti anche sul pacchetto di revisione della legislazione sul mercato interno del gas che risale al 2009 (direttiva 2009/73 / CE e regolamento sull’accesso alle reti di trasporto).