Bruxelles – La Commissione europea è pronta allo scontro frontale con il governo di Budapest. Sui diritti LGBTI l’esecutivo comunitario non arretra, studierà la legge tanto contestata e le risposte inviate dall’esecutivo di Viktor Orban e in caso porterà avanti il dossier. “Se la risposta non sarà soddisfacente o non ci sarà l’annuncio di un ritiro della legge, come mi auguro, non esiteremo a procedere oltre con il nostro procedimento“, promette Vera Jourova, commissaria per i Valori e la trasparenza. Che anticipa. “Potremmo arrivare a deferire l’Ungheria alla Corte di giustizia e costringerla al pagamento di multe, in futuro”.
Al di là di questi scenari evocati da Jourova, sembrano essere pochi gli strumenti della Commissione europea per costringere il governo ungherese a fare marcia indietro. Nei confronti dello Stato membro dell’est è aperta una procedura per violazione dello stato di diritto, che con ogni probabilità non verrà mai sostenuta in Consiglio per via di una unanimità impossibile da raggiungere, con la Polonia, altro governo al centro della stessa procedura, che spalleggia Orban.
Jourova non entra nel merito, per evitare nuove tensioni ed evitare di scoprire le carte in tavola. In questo momento si studiano legge e argomentazioni annesse, e si mette pressione come si può, incluso il piano di ripresa di Budapest che qualcuno vorrebbe congelato per mancanza di garanzie sul controllo dell’utilizzo dei fondi europei. Qui Jourova ricorda che il via libera dell’esecutivo comunitario non è un atto dovuto.
“Stiamo esaminando la strategia ungherese. Per l’approvazione occorre rispettare le condizioni e le linee guida, e in queste è previsto il meccanismo di verifica dell’uso dei fondi”. In sintesi, “garantiremo che le risorse siano spese in modo appropriato“.