Bruxelles – La Commissione non può essere ritenuta responsabile di aver impedito il suo salvataggio di Banca Marche. La risoluzione di Banca Marche “è stata essenzialmente determinata dal suo stato di dissesto”, dimostrato dalle perdite complessive di 1,4 miliardi di euro e da un deficit patrimoniale al 30 settembre 2015 pari a 1,4 miliardi di euro. Il Tribunale dell’UE respinge il ricorso presentato contro le decisioni dell’esecutivo comunitario e prova a mettere la parola ‘fine’ alla storia.
Il principale istituto di credito della regione Marche è stata chiusa dalla Banca d’Italia dopo notifica alla Commissione europea. L’avvio della procedura di chiusura è avvenuto nel novembre 2015, dopo che Bankitalia ha rilevato che una ricapitalizzazione da parte del Fondo interbancario di tutela dei depositi (FITD) non era potuta avvenire in assenza del via libera di Bruxelles.
Ma al di là di questo, la crisi bancaria era tale da non poter essere risolta. I commissari straordinari di Banca Marche
hanno riferito a Bankitalia di temere che “il suo salvataggio non potesse essere attuato in tempo utile tenuto conto della sua situazione finanziaria”. Secondo il Tribunale, ciò indica di per sé “l’impossibilit”à di un rapido intervento del FITD, indipendentemente dall’eventuale necessità di notificarlo previamente alla Commissione. La banca era in sostanza insalvabile.
Alla decisione di fallimento bancario è seguito il ricorso, sulla base di presunte pressioni esercitate da Bruxelles per non ricorrere all’intervento di salvataggio. Qui i giudici del Tribunale di Lussemburgo sostengono che “non è stata dimostrata l’esistenza di un nesso causale tra il comportamento asseritamente illecito della Commissione e il pregiudizio dedotto”.