Bruxelles – Unione Europea a due velocità sulla mobilità elettrica e l’installazione di punti di ricarica, le cosiddette colonnine elettriche. Su un totale di 225mila stazioni di ricarica installate nella UE a fine 2020, il 70 per cento è concentrato in soli tre paesi dell’Europa occidentale: Paesi Bassi (66.665), Francia (45.751) e Germania (44.538), che insieme sono solo il 23 per cento della superficie totale dell’UE. Tutto il resto delle infrastrutture (30 per cento) è sparso negli altri 24 Stati membri che si estendono sul 77 per cento del Continente.
I dati arrivano dall’ultima analisi dell’Associazione europea dei produttori di automobili (ACEA) sulla distribuzione delle infrastrutture di ricarica nella UE, diffusa a 15 giorni dalla presentazione della Commissione europea della nuova direttiva sulle infrastrutture per i combustibili alternativi, nel quadro del pacchetto legislativo ‘Fit for 55’ che andrà a modificare una parte della normativa europea in materia di energia. ACEA lancia l’allarme e chiede quindi obiettivi vincolanti per gli Stati membri, non solo per i punti di ricarica per le auto elettriche ma anche per le stazioni di idrogeno per le auto a celle a combustibile.
La lentezza della maggior parte degli Stati membri nella costruzione delle infrastrutture è già nota, solo qualche mese fa la Corte dei Conti dell’UE ha dedicato all’argomento una relazione speciale in cui ha definito lenta l’Unione nella realizzazione delle infrastrutture. Nel suo Green Deal e nella strategia per una mobilità sostenibile, Bruxelles ha fissato l’obiettivo di installare un milione di punti di ricarica per veicoli elettrici in Europa entro il 2025, per contribuire alla diffusione di veicoli elettrici e ridurre entro il 2050 le proprie emissioni di gas a effetto serra generate dai trasporti del 90 per cento rispetto ai livelli del 1990. I trasporti generano circa un quarto di tutte le emissioni di gas a effetto serra nell’UE, soprattutto quelli su strada, ma anche i revisori di Lussemburgo avevano sottolineato che manca una tabella di marcia strategica per la mobilità elettrica e un quadro armonizzato per le infrastrutture di ricarica per spingere la domanda di auto pulite. Il 2025 è dietro l’angolo e la lentezza con cui sono distribuite non dà certezza che si riesca a centrare l’obiettivo: anche se, con i Recovery plan nazionali per la ripresa dalla pandemia, diversi Stati membri investiranno nei prossimi anni in questi termini.
ACEA sottolinea anche il doppio binario che si sta sviluppando tra gli Stati membri dell’UE più ricchi dell’Europa occidentale e i paesi con un PIL inferiore nell’Europa orientale, centrale e meridionale, come la Polonia (0,8 per cento dei caricatori dell’UE) e la Spagna (3,3 per cento) che “sembrano essere lasciati indietro”. Il dato che riguarda l’Italia (13.073 colonnine che sono il 5,8 per cento del totale) è indicativo del paradosso che emerge dai dati ACEA: è il quarto Paese dopo la Germania per numero di colonnine installate, ma il divario con Berlino (che rappresenta il 19,9 per cento di tutti i punti di ricarica nell’UE, con oltre 44mila colonnine) è già enorme e non fa che peggiorare dopo l’Italia. “Senza un’azione decisiva ora, è improbabile che migliori negli anni a venire”, avverte l’associazione. “Chiunque voglia acquistare un’auto elettrica o a celle a combustibile sceglie di farlo se ha un’infrastruttura di ricarica o rifornimento affidabile, che sia a casa, al lavoro e in viaggio”, ha affermato il direttore generale di ACEA, Eric-Mark Huitema. “È giunto il momento per i governi di tutta Europa di accelerare la corsa verso una mobilità più verde”, ha esortato Huitema.
La stessa ACEA ha stimato nel 2020 un boom di veicoli elettrici (sia a batteria sia ibridi ricaricabili), che hanno rappresentato il 10,5 per cento delle nuove immatricolazioni lo scorso anno, nonostante il calo generale dovuto all’impatto del COVID-19. I produttori di autovetture prevedono che la produzione di veicoli elettrici in Europa aumenterà di sei volte tra il 2019 e il 2025, raggiungendo più di 4 milioni di autovetture e furgoni all’anno, ossia più di un quinto dei volumi di produzione di autovetture nell’UE. Ma le reti di ricarica in Europa non riescono a tenere il passo e non si stanno sviluppando allo stesso ritmo.