Bruxelles – L’eredità della presidenza del Consiglio del Portogallo alla guida dell’UE si chiama PAC. Dopo mesi di intensi negoziati, Commissione, Consiglio e Parlamento trovano oggi (25 giugno) un accordo politico sulla riforma della Politica agricola comune (2023-2027) che entrerà in vigore il primo gennaio 2023 con un valore di 336 miliardi di euro, circa il 30 per cento del bilancio comunitario a sostegno degli agricoltori europei.
Nel quadro di un trilogo (il negoziato a tre) durato due giorni (24 e 25 giugno) le squadre negoziali sono riuscite a superare lo scoglio più difficile: l’architettura verde della politica agricola, che si traduce in quanto e come far sì che la PAC sia d’aiuto agli obiettivi climatici dell’Unione Europea. Il Parlamento è l’istituzione che spingeva per una PAC più verde e allineata con il Green Deal, mentre il Consiglio – sebbene non contrario – era, come sempre, più cauto e più attento a difendere la dimensione economica della PAC. Come misura di sostegno economico agli agricoltori. Ma il Green Deal è una rivoluzione di tutte le politiche europee, e dunque anche di quelle agricole, responsabili del 10 per cento delle emissioni di gas a effetto serra prodotte nell’UE.
Gli aiuti verdi
Una delle grandi novità di questa riforma è la definizione di eco-schemi, una misura per mobilitare sostegno economico agli agricoltori per essere più ambiziosi in termini di tutela dell’ambiente e azione per il clima. E’ stato stilato un elenco di campi di azione e ogni eco-schema deve contribuire ad almeno due di questi campi: dalla mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, la protezione della biodiversità, la riduzione dei pesticidi e la conservazione delle risorse idriche.
Quanto alle quote di aiuti diretti da destinare agli eco-schemi, i negoziatori hanno concordato per stanziarvi il 25 del bilancio del primo pilastro (gli aiuti diretti agli agricoltori) tutto il periodo, con la flessibilità di fare solo il 20 per cento i primi due anni (2023-2024). Una posizione di compromesso tra i punti di partenza del Consiglio e del Parlamento: il primo spingeva per il 20 per cento dei finanziamenti del primo pilastro allocato dagli Stati membri per politiche verdi; mentre il secondo ambiva a salire al 30 per cento.
Quanto al secondo pilastro – il sostegno allo sviluppo rurale – i negoziatori hanno deciso di riservarvi il 35 per cento del bilancio alla spesa per il clima e l’ambiente. Gli Stati membri devono elaborare piani strategici nazionali per indicare alla Commissione europea – che deve approvarli – come il loro comparto agricolo può aiutare con gli obiettivi del Green Deal. Uno dei punti molto delicati, su cui il compromesso prevede che la Commissione pubblichi un rapporto di valutazione sui piani strategici nel 2023, e poi nel 2025 per valutare la coerenza e il contributo comune dei piani con gli obiettivi del “patto verde per l’Europa”.
Superato anche lo scoglio sui pagamenti ridistributivi della PAC, con cui i Paesi dell’UE possono scegliere di sostenere gli agricoltori e le aziende agricole più piccole attraverso una redistribuzione delle risorse: secondo il compromesso, gli Stati hanno l’obbligo di riservare il 10 per cento dei pagamenti diretti nazionali a sostegno delle piccole e medie aziende agricole. Una battaglia su cui ha insistito molto l’Europarlamento. Prevista una deroga per gli Stati che possono dimostrare che le esigenze di sostegno sono coperte da altri strumenti, ma solo dal primo pilastro.
Non si chiama condizionalità sociale ma i co-legislatori hanno deciso di introdurre un meccanismo che colleghi, al più tardi dal 2025, gli ispettori nazionali del lavoro agli organismi pagatori della PAC, per sanzionare le violazioni delle norme europee sul lavoro. In sostanza, un sistema di sanzioni per gli agricoltori che non rispettano i diritti dei loro lavoratori: rimane una responsabilità delle autorità nazionali competenti di effettuare controlli e trasferire un elenco delle infrazioni riscontrate alle agenzie di pagamento. La sanzione deve essere proporzionale alla gravità dei fatti.
“Mi riempie di grande soddisfazione poter affermare che ce l’abbiamo fatta su alcuni punti avremmo potuto desiderare un risultato diverso, ma nel complesso penso che possiamo essere contenti dell’accordo che abbiamo raggiunto”, ha scritto il commissario europeo per l’Agricoltura, Janusz Wojciechowski, annunciato in un tweet l’accordo politico raggiunto. “L’accordo di oggi avvia un vero e proprio cambiamento verso una PAC più verde ed equa: dedicheremo più terreni agricoli alla biodiversità, ricompenseremo gli agricoltori che fanno il possibile per il clima e la natura e più fondi affluiranno alle piccole aziende agricole”, ha detto il vicepresidente Frans Timmermans, definendo l’accordo”non perfetto, ma è comunque un grande passo nella giusta direzione”.
“Siamo molto soddisfatti dei progressi che abbiamo fatto negli ultimi due giorni, il che ci dà fiducia nel fatto di avere le condizioni per raggiungere un accordo. Tuttavia, le proposte devono essere approvate dagli Stati membri e solo allora possiamo veramente dire se abbiamo raggiunto un accordo o meno”, ha aggiunto anche Maria do Céu Antunes, ministro portoghese dell’agricoltura che ha guidato i negoziati. L’accordo politico deve essere dettagliato a livello tecnico e finirà già lunedì 28 giugno sul tavolo dei ministri dell’Agricoltura dell’Unione Europea, che si confronteranno sul compromesso.
“Ci possiamo ritenere molto soddisfatti dell’accordo”, ha detto in conferenza stampa anche Norbert Lins, presidente della commissione per l’Agricoltura del Parlamento Europeo, secondo cui la Politica agricola “sarà più equa, più verde e metterà gli agricoltori al centro”. A esultare anche Paolo De Castro, eurodeputato del Partito Democratico e coordinatore S&D in commissione Agri che annuncia su twitter l’obiettivo raggiunto su tutti e 3 i dossier di riforma: piani strategici, organizzazione comune di mercato e il regolamento Orizzontale. “Un accordo nel segno della sostenibilità economica, ambientale e sociale senza precedenti nella storia della PAC.Tanti gli strumenti per rafforzare i produttori, gli agricoltori e i consumatori”, ma soprattutto esulta per la nuova “condizionalità sociale, con il rafforzamento dei diritti dei lavoratori”. Una battaglia che i socialdemocratici hanno fatto propria.
L’accordo accolto con freddezza dal mondo verde e non solo
Di compromesso si tratta e come tale non è apprezzato da tutti. “L’accordo rappresenta una vera e propria minaccia per il Green Deal europeo e un regalo alla lobby dell’agribusiness”, commenta in una nota la delegazione italiana dei Greens/EFA al Parlamento europeo, composta da Eleonora Evi, Rosa D’Amato, Ignazio Corrao e Piernicola Pedicini. “Riteniamo che la riforma frutto dell’accordo tra le tre istituzioni europee confermi le distorsioni della PAC attuale, premiando un modello di agricoltura industriale, che si basa su monoculture, allevamenti intensivi, uso di pesticidi e fertilizzanti sintetici, a discapito dei piccoli agricoltori, che continueranno inesorabilmente a scomparire, e di chi adotta un modello di agricoltura virtuoso, che rispetta la natura e la salute pubblica. L’Ue, dopo mesi di buoni propositi, dimostra purtroppo di non saper andare oltre gli slogan e di non aver il coraggio di compiere scelte decisive per invertire la rotta dell’attuale crisi climatica e di biodiversità”.
Molto duro anche l’Ufficio europeo dell’Ambiente (EEB), la rete europea di 140 organizzazioni di cittadini ambientalisti con sede in più di 30 Paesi, secondo cui l’Europa “continuerà a finanziare le pratiche agricole intensive dannose almeno fino al 2027. In un decennio visto come cruciale per invertire la rotta e battere le crisi climatica e ambientale, non garantire il sostegno alla conversione ecologica dell’agricoltura rappresenta un grande fallimento politico”, concludono.
Dall’Italia si leva l’insoddisfazione di Confagricoltura, anche se per ragioni diverse. “Il lavoro che abbiamo svolto negli ultimi tempi ha dato qualche risultato positivo a tutela dei trasferimenti alle imprese, ma non possiamo dirci soddisfatti per l’accordo raggiunto”, ha detto in una nota il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti. “E’ passato, di fatto, il principio che le imprese agricole devono aumentare gli impegni in materia di sostenibilità ambientale, ma a fronte di minori risorse finanziarie destinate alla tutela dei redditi e alla stabilità dei mercati. E il taglio sarà soprattutto a carico delle imprese orientate – indipendentemente dalla dimensione – agli investimenti, alle innovazioni e all’aumento dell’occupazione”.
Tra i punti più rilevanti “il compromesso sugli eco-regimi che dovranno essere tradotti in misure semplici ed efficaci in termini di innovazione per consentire agli agricoltori di continuare nel percorso di sostenibilità già iniziato”, sottolinea Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, registrando anche “importanti i passi avanti sul tema della condizionalità sociale e dei diritti dei lavoratori sostenuto dalla Coldiretti che chiede di garantire adeguatamente i redditi degli agricoltori, premiare comportamenti virtuosi in coerenza anche con il Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza, di affrontare i danni provocati dai cambiamenti climatici, favorire il ritorno alla terra in atto nelle giovani generazioni e assicurare lo stesso rispetto dei diritti dei lavoratori e dei requisiti sociali in tutta Europa”. Prandini avverte però che la riforma della PAC “potrà portare risultati tangibili solo si terrà nel debito conto l’impatto delle misure previste nella nuova Politica agricola rispetto alle azioni previste dalle Strategie europee della Farm to Fork e della Biodiversità: un’eventuale proposta di allineare la Pac con il Green Deal dovrà evitare di rendere i prossimi anni incerti sul piano normativo”.