Bruxelles – Risposta rapida, ma aiuti non abbastanza mirati. Secondo la Corte dei Conti europea le misure messe in campo dall’UE a sostegno degli agricoltori durante la crisi che ha colpito il mercato del latte tra 2014 e 2016, che ha fatto seguito al divieto di importazione imposto dalla Russia sui prodotti lattiero-caseari è stata rapida ma poteva essere più efficiente. “Non sono stati valutati a sufficienza i bisogni effettivi dei produttori né erano sufficientemente mirati gli aiuti concessi”, scrivono i revisori di Lussemburgo nell’ultima relazione sul “Sostegno eccezionale ai produttori di latte dell’UE nel periodo 2014-2016”, pubblicata oggi (24 giugno).E ora deve fare tesoro dell’esperienza maturata con la perturbazione del mercato degli anni 2014-2016 per migliorare la gestione di potenziali crisi future nel settore lattiero. Quelle che potrebbero arrivare da crisi come quella del COVID.
La produzione di latte vaccino è uno dei principali settori agricoli dell’UE (59,3 miliardi di euro nel 2019), rappresenta attualmente circa il 14 per cento della produzione agricola, con Germania, Francia, Regno Unito, Paesi Bassi, Polonia, Italia e Irlanda che sono i principali produttori. Ad agosto 2014, Mosca ha vietato l’importazione di prodotti lattiero-caseari provenienti dagli Stati membri in risposta alle sanzioni UE per la crisi ucraina – per l’annessione della Crimea – in un momento in cui stavano rallentando anche le esportazioni UE verso la Cina. Tutti questi fattori hanno determinato uno “squilibrio fra domanda e offerta nell’intero comparto, che è durato fino a metà del 2016”, ha ricordato la Corte.
La politica agricola comune (PAC) ha degli strumenti per attenuare gli effetti di questi squilibri, fra cui pagamenti diretti per stabilizzare il reddito degli agricoltori, misure di intervento sul mercato note come la “rete di sicurezza” per sostenere i prezzi assorbendo temporaneamente la produzione eccedente, nonché misure eccezionali per contrastare le perturbazioni del mercato. “La produzione di latte rappresenta una parte significativa del settore agricolo dell’UE e la Commissione europea, di concerto con gli Stati membri, si è indubbiamente adoperata per sostenere il reddito degli agricoltori durante le perturbazioni del mercato del periodo 2014-2016”, spiega Nikolaos Milionis, il Membro della Corte dei conti europea responsabile della relazione. “Ma in futuro deve essere più preparata a rispondere con maggiore efficienza alle potenziali crisi del settore”.
Dopo aver stimato il volume delle mancate esportazioni di burro, formaggio e altri prodotti lattiero-caseari, ha erogato (già entro la fine del 2014) un primo pacchetto di sostegno finanziario eccezionale per gli agricoltori dei paesi baltici e della Finlandia, ossia gli Stati più colpiti. Ma poi ha impiegato più tempo a reagire alla crisi e solo nel 2016 sono stati mobilitati circa 390 milioni di euro di fondi UE a beneficio dei produttori di tutta l’Unione in cambio di una riduzione volontaria della produzione. “Tuttavia – sottolinea la Corte – in risposta a prezzi al minimo storico, molti agricoltori avevano già ridotto la produzione prima che queste misure di aiuto fossero attuate”.
Per essere preparata a crisi future – scrive la Corte – “come quella che potrebbe essere provocata dalla pandemia, la Commissione ha cercato di far tesoro degli insegnamenti tratti. In particolare, per la PAC 2021-2027, la Commissione ha proposto di rafforzare il ruolo e l’impatto potenziale della riserva per le crisi rendendone l’uso più flessibile. Tuttavia, non ha valutato adeguatamente gli effetti delle disposizioni adottate dagli Stati membri, benché questo possa aiutare considerevolmente a rafforzare la preparazione in caso di future perturbazioni del mercato”, conclude.